| Attualità / giornale SEV

Colpi di diritto

Esiste un diritto alla formazione continua?

Puntualmente come ogni anno, quando iniziano a cadere le foglie Max inizia a pensare al suo futuro. Quando fuori fa molto freddo, si potrebbe fare qualcosa di utile al chiuso. E allora si chiede se davvero deve seguire una formazione continua e chi deve sostenerne i costi. E non sempre si tratta di una scelta economica.

Il diritto del lavoro non prevede praticamente disposizioni sulla formazione continua. Solamente le disposizioni sul tempo di lavoro disciplinano la questione di come conteggiare il tempo dedicato alla formazione continua nella determinazione della durata massima ammissibile del lavoro (art. 13 cpv. 4 dell’ordinanza 1 concernente la legge sul lavoro OLL I). Si può quindi concludere che non esiste un diritto alla formazione continua direttamente ricavabile. Anche la legge federale sulla formazione continua stabilisce unicamente che ognuno è responsabile della propria formazione continua e che il datore di lavoro è almeno obbligato a favorire la corrispondente attività.

Se il diritto alla formazione continua non è ricavabile dalla legge, diversi CCL stabiliscono tale diritto.

Esiste un obbligo alla formazione continua?

Dai diritti e doveri del contratto di lavoro risulta che il datore di lavoro è tenuto a promuovere lo sviluppo professionale del lavoratore e della lavoratrice. Il personale, dal canto suo, è tenuto a svolgere il proprio lavoro secondo il più recente stato della tecnica. Inoltre per alcune professioni e cariche è previsto un obbligo statutario alla formazione continua; ad esempio diverse professioni prevedono corsi di perfezionamento annuali obbligatori oppure i membri del Consiglio di fondazione di una cassa pensioni sono obbligati a seguire formazioni continue.

E chi paga?

Un principio generalmente riconosciuto è che tutte le formazioni continue richieste dal datore di lavoro e necessarie per lo svolgimento della professione devono essere pagate dal datore di lavoro stesso. I costi comprendono non solo quelli per la formazione continua, ma anche il salario per questo periodo e il tempo necessario alla formazione. Solitamente a tal fine si stipulano accordi per la formazione continua che prevedono anche l’obbligo di rimanere nell’azienda per i 2–3 anni successivi al termine della formazione e un obbligo di rimborso per chi lascia l’azienda prima di tale termine o in alcuni casi addirittura per chi non supera l’esame.

Il datore di lavoro può sostenere mediante la stipula di un accordo anche le formazioni continue non obbligatorie. In caso di formazioni continue totalmente private il tempo necessario e i costi sostenuti sono interamente a carico del lavoratore.

Sono ammessi gli accordi che contengono degli obblighi?

In linea di massima gli accordi sulla formazione che prevedono obblighi di rimborso sono ammessi, se proporzionati. Non si possono concordare costi aggiuntivi e la durata dell’obbligo di rimanere nell’azienda non può essere eccessivamente lunga. A seconda del livello e dell’intensità della formazione, sono sostenuti 2–5 anni.

Naturalmente, nonostante abbia firmato un accordo sulla formazione con obbligo di rimanere nell’azienda finanziatrice per un certo periodo dopo la formazione, un lavoratore può scegliere di cambiare datore di lavoro, ma dovrà farsi carico dei debiti residui previsti dall’accordo. In ogni caso non è possibile impedire al lavoratore di licenziarsi.

In sintesi, Max deve concludere che in realtà non ha un diritto alla formazione continua, ma in qualche modo è obbligato a seguirla se vuole svolgere il proprio lavoro secondo il più recente stato della tecnica. L’accordo non lo spaventa più di tanto, poiché sa che può comunque farsi carico dei debiti residui. Domani ne parlerà con il suo superiore.

Protezione giuridica SEV
Enable JavaScript to view protected content.