La sentenza del tribunale amministrativo federale è da considerare definitiva

Non solo per i salari

Il termine per inoltrare ricorso è scaduto senza che Crossrail, né l’Ufficio federale dei trasporti abbiano impugnato entro i termini la sentenza del tribunale amministrativo federale davanti al tribunale federale. La vertenza giuridica sugli stipendi dei macchinisti Crossrail a Briga è quindi chiusa, con il SEV che ha ottenuto ragione con la sua definizione dei salari usuali. Nel contempo vi è maggior chiarezza per la tutela dei salari svizzeri dalla pressione esercitata dall’estero.

Viene così chiarita una questione importante: le aziende con sede in Svizzera sono obbligate a pagare al loro personale in Svizzera salari usuali del settore, per calcolare i quali non è possibile tener conto dei salari versati all’estero. Il Tribunale amministrativo federale ha infatti precisato: «determinanti per definire se la convenuta rispetta o meno le condizioni di lavoro del settore, sono le condizioni vigenti presso le ITF svizzere».

Divergenze politiche da interpretare

Nella sentenza, il Tribunale amministrativo federale ha ricordato il percorso che ha portato alla definizione degli articoli 8c e seguenti della legge sulle ferrovie, che sono state oggetto di un dibattito in entrambe le camere federali per stabilire se il riferimento per ottenere l’autorizzazione di accesso alla rete dovessero essere le condizioni «usuali per la nazione» oppure «per il settore». L’interpretazione dei membri delle camere di questi due concetti erano tuttavia molto differenti, tanto che il Tribunale commenta molto laconicamente: «l’aspettativa di un membro della commissione che le camere precisassero il senso di queste due formulazioni non è stata soddisfatta».

Il Tribunale non ha così potuto appoggiarsi alla volontà politica, ma ha dovuto definire altri elementi.

La riforma delle ferrovieha posto nuovi limiti

Il Tribunale ha quindi considerato decisivo il fatto che la riforma delle ferrovie abbia ristretto il campo di applicazione delle norme. In precedenza, infatti, per ottenere l’accesso alla rete anche le aziende ferroviarie con sede all’estero dovevano rispettare delle condizioni usuali per il settore. Dalla riforma delle ferrovie, la Svizzera ha invece riconosciuto le concessioni estere, limitandosi a concedere quelle richieste da aziende con sede in Svizzera. Questo cambiamento ha indotto il Tribunale a statuire che «anche qualora originariamente si volesse far riferimento a condizioni usuali in Europa quale premessa per la concessione, il campo di applicazione dei nuovi articoli 8c e seguenti, limitato alle ITF con sede in Svizzera, porta piuttosto a concludere che le condizioni usuali del settore debbano rifarsi alle condizioni di lavoro vigenti presso le ITF svizzere».

L’UFT deve ritornaresulla sua decisione

La sentenza è pertanto chiara: il Tribunale amministrativo federale intima all’UFT di completare le «considerazioni fondamentali» per la valutazione delle condizioni usuali per il settore e di emettere una nuova decisione. E per il SEV è altrettanto chiaro che l’UFT dovrà definire le condizioni usuali sulla base degli stipendi dei macchinisti attualmente versati in Svizzera.

Quale base dovranno pertanto fungere i contratti collettivi di lavoro di FFS Cargo, FFS Cargo International e BLS. Questo procedimento non è del resto una novità per l’UFT, che l’aveva già adottato per definire gli stipendi minimi degli autisti di bus, sulla base proprio dei contratti collettivi di lavoro in vigore.

Volontà politica generale di evitare il dumping salariale

L’importanza di questa sentenza si estende però oltre il settore ferroviario, in quanto il Tribunale amministrativo federale si esprime anche molto chiaramente sui rapporti tra salari svizzeri ed esteri: «nel complesso, punti di vista sistematici permettono di giungere alla conclusione che il diritto svizzero contempli il principio secondo il quale al lavoro prestato in Svizzera debbano essere applicate condizioni di lavoro svizzere, indipendentemente dal domicilio della lavoratrice o del lavoratore, rispettivamente dalla sede del datore di lavoro».

Un’affermazione che va in particolare a sostegno delle misure di accompagnamento agli accordi bilaterali. Il Tribunale amministrativo federale ritiene infatti che vi sia una chiara volontà politica di riconoscere in Svizzera salari svizzeri.

Peter Moor

Giorgio Tuti, Presidente SEV

contatto.sev: Eri proprio così convinto che il SEV avrebbe ottenuto ragione dal tribunale amministrativo federale?

Giorgio Tuti: Si, perché ero certo della fondatezza della nostra definizione delle condizioni usuali per il settore. D’altra parte, un procedimento giuridico presenta sempre un margine di incertezza, per cui ora che la sentenza è cresciuta in giudicato mi sento più sollevato.

La sentenza ha un valore politico, dato che ha chiarito anche la volontà politica emersa durante la fase di dibattito. Ma come definiresti la sua portata sul piano sindacale?

La sentenza afferma in modo chiarissimo che in Svizzera devono essere pagati salari svizzeri. Un’affermazione importante, non solo per i macchinisti che erano coinvolti nella fattispecie, ma anche per tutte le altre professioni del trasporto pubblico e di altri settori.

Quindi la portata esula anche dal campo di attività del SEV?

Esatto, siamo proprio davanti ad un successo significativo per tutelare il livello dei salari svizzeri.

Quali saranno i prossimi passi?

Noi ora dobbiamo percorrere due vie: dapprima verificare che l’Ufficio federale dei trasporti applichi la sentenza in modo corretto. Nel settore del trasporto merci per ferrovia, disponiamo infatti di una copertura data dai contratti collettivi di lavoro molto superiore alla media nazionale e che deve servire da base all’UFT per i suoi calcoli.

E qual è la seconda?

Dobbiamo riprendere i lavori con le società ferroviarie di trasporto merci, in particolare le filiali delle FFS e della BLS per elaborare un contratto collettivo di lavoro per il settore, per poi chiederne una dichiarazione di applicabilità generale.

Cosa dovrà regolare questo contratto?

Oltre evidentemente agli stipendi, per i quali la sentenza ci fornisce comunque una base solida, dovremo definire gli altri argomenti generalmente ripresi in un CCL, come durata del lavoro, vacanze ed indennità.

Quali conseguenze ci si può aspettare nei rapporti con Crossrail?

È una questione da valutare. Abbiamo infatti l’impressione che il modello societario che due anni fa aveva generato questo conflitto non risulti più interessante nemmeno per Crossrail. Ancora più in generale, abbiamo l’impressione che l’assorbimento di Crossrail da parte di Rhenus abbia calmato di molto le acque. Stiamo comunque seguendo la questione molto attentamente e vogliamo entrare in discussione con Crossrail. Siamo convinti che sia nell’interesse di tutti di trovare una soluzione valida ed evitare che vi siano persone costrette ad operare in condizioni di dumping.

Marco Donatsch: «La mia non era una perizia di compiacenza»

Marco Donatsch

Una parte importante del merito del successo del SEV nella vertenza Crossrail va all’avvocato zurighese Marco Donatsch, che ha elaborato per il SEV una perizia sulla questione delle condizioni usuali per il settore e l’ha difesa davanti al tribunale.

Come valuta la portata generale di questa sentenza del Tribunale federale?

Marco Donatsch: in primo luogo va sottolineato il fatto che il SEV è stato ammesso come parte in una procedura di questo genere nei confronti di un’azienda di trasporto ferroviario. Si tratta di un fatto straordinario che conferma l’importanza del SEV nell’applicazione della legge sulle ferrovie. Nella fattispecie, il risultato è invece interessante dal profilo politico.

Lei ha dapprima elaborato una perizia per conto del SEV sulle condizioni usuali per il settore, sulla base della quale ha poi portato avanti la causa. Il tribunale ne ha poi ripreso numerosi argomenti. È una prassi corrente?

Nella perizia ho descritto esaurientemente come il concetto di condizioni usuali fosse stato ripreso dalla legge, in quanto partendo dalle origini si può ricostruire la volontà del legislatore, nonché il senso e lo scopo di una norma. Questi non sono argomenti di parte, ma considerazioni giuridiche, neutre. Io non ho elaborato una perizia di compiacenza nei confronti del SEV.

Il tribunale giunge tuttavia alla conclusione che dalla discussione originale non emerga una volontà politica chiara. Una considerazione poco lusinghiera nei confronti dei nostri politici. Cosa ne pensa?

Sono del parere che i politici abbiano colto il problema, nei confronti del quale vi erano pareri diversi. Non era però chiaro il significato della disposizione nei confronti della legislazione del-l’Unione europea, rispettivamente dei rapporti tra Svizzera e UE. Su questi punti l’amministrazione avrebbe dovuto chiarire la situazione legale e materiale.

L’Ufficio federale dei trasporti aveva fatto elaborare un documento in base al quale era giunto a tutt’altre conclusioni. La vertenza era quindi molto più complessa di quanto non appaia dopo la sentenza?

Il documento riporta un’interpretazione molto singolare del concetto di condizioni usuali per il settore, rispetto a quello proposto inizialmente dal Consiglio federale di condizioni usuali per la nazione. Questa interpretazione non ha tenuto conto di verbali confidenziali delle commissioni e del fatto che la legge sulle ferrovie in seguito è stata modificata. Ritengo quindi che il caso sia comunque piuttosto chiaro.

Il tribunale amministrativo federale ha nella fattispecie dato ragione al SEV, ma si è spinto anche oltre, riconoscendo il principio che il lavoro in Svizzera, anche in assenza di ulteriori regole, debba essere retribuito con salari svizzeri. Cosa significa?

Il diritto svizzero vale per la Svizzera. Per questioni transfrontaliere, le nostra competenze di disposizione sono invece limitate, in quanto non possiamo emettere prescrizioni per l’estero. Se per un mercato o un settore vi sono norme interne che regolano le condizioni salariali, queste possono ragionevolmente essere solo condizioni svizzere. Se si considerassero anche condizioni estere, non si potrebbe più parlare di tutela dal dumping salariale. Una tutela però voluta dal legislatore.

Lei e il SEV avete quindi chiarito una questione generale?

È vero che il Tribunale amministrativo federale fa riferimento anche ad altre leggi per la questione delle condizioni usuali per un settore. Ciò fa pensare ad un’applicazione generale. Bisogna però essere cauti, in quanto il Tribunale finisce comunque per far riferimento in particolare alla legge sulle ferrovie, mentre per altre leggi il legislatore potrebbe prevedere altre soluzioni.