Officine FFS di Bellinzona: chiesta chiarezza alle FFS
Scenari (e carte) in tavola!
La discussione sul futuro delle Officinedi Bellinzona sembra assumere una nuova dimensione, anche se continua a mancare ogni spunto concretoa sostegno di questa evoluzione.
Il problema principale delle Officine sono e rimangono infatti i volumi di lavoro che, come hanno più volte denunciato i rappresentanti del personale, negli ultimi anni hanno subito una contrazione di circa il 20%, rispetto a quanto le FFS si erano impegnate a fornire. I tentativi di giustificare questo calo con motivi di ordine congiunturale, rispettivamente in un’inevitabile diminuzione delle necessità di manutenzione del settore Cargo non sono mai riusciti a convincere più di tanto.
Questa situazione ha conseguenze molto negative, soprattutto a livello occupazionale e le FFS continuano a non presentare, al di là di misure di cui parleremo in seguito, provvedimenti in grado di sovvertire questa tendenza. Appaiono invece piuttosto inclini ad adeguarvisi, tramite un ridimensionamento di tutta la struttura produttiva, oltre che degli effettivi.
Nuovi scenari?
Improvvisamente, senza che nessuno, in particolare da parte FFS, le abbia evocate concretamente, sono state ventilate nuove possibilità, legate in particolare allo spostamento delle Officine stesse. A togliere ogni fondamento a questa ipotesi a prima vista attraente, è proprio la cura con la quale le FFS evitano di pronunciarla, al di là di esternazioni di gruppi di lavoro che hanno in seguito dichiarato di aver abbandonato questa ipotesi e di qualche fumosa interpretazione di fantomatici colloqui dall’elevato tasso alcolico tra l’alter ego del CEO FFS ed il sindaco di Bellinzona di inizio novecento. Anzi, le indicazioni concrete date dalle FFS ai colloqui di piattaforma vanno in altro senso: hanno smentito categoricamente ogni necessità tecnica di spostare le Officine, confermando la loro accessibilità per ogni tipo di materiale rotabile «comprese le composizioni di Intercity a due piani».
Un’altra conferma, e questa ancor più concreta, è venuta dall’attribuzione degli incarichi di risanamento delle composizioni FLIRT, mentre per anni si era negata la possibilità che queste potessero accedere alle OBe.
Quali interessi?
Ma se non vi sono necessità tecniche che richiedono il trasferimento delle Officine, perché adesso se ne sente parlare con insistenza sempre maggiore? La spiegazione più logica è legata al valore del sedime delle Officine, ubicate a pochissimi minuti a piedi dalla stazione di Bellinzona.
Ma il fatto che le FFS, proprietarie del sedime, si guardino bene di parlare di trasferimento la dice lunga sulla loro disponibilità a mantenere le attività industriali in un nuovo stabilimento e lascia spazio ad un’altra interpretazione: che si voglia semplicemente liberare quanto più spazio possibile da destinare ad altri scopi, evitando di prestare il fianco a richieste di compensazione. Senza trascurare il fatto che la discussione su di un ipotetico trasferimento contribuisce a distogliere l’attenzione dal calo dei volumi di lavoro.
Sia come sia, a chi stanno a cuore le prospettive occupazionali della regione e del cantone, queste ipotesi non possono evidentemente star bene. Veder soppresse queste attività industriali, significherebbe rassegnarsi a divenire un semplice comparto residenziale per pendolari il cui raggio di spostamento è stato ampliato sino a Lucerna e Zurigo dall’apertura di Alptransit.
A scanso di equivoci, preciso che quanto esposto è semplicemente un’interpretazione del sottoscritto, che sarebbe molto lieto e sollevato dall’essere smentito da una discussione seria e approfondita tra le parti su un futuro delle Officine volto in primo luogo a consolidarne l’occupazione.
Sinora però, mancano riscontri concreti in questa direzione che, nonostante siano stati richiesti, non sono giunti dalle FFS neppure nell’ultima riunione di piattaforma a fine gennaio. Questa mancanza di chiarezza non può pertanto che suggerire la massima prudenza e magari anche un po’ di sana diffidenza.
Pietro Gianolli