colpi di diritto
Rimborso delle spese di formazione
Chi ha ricevuto un contributo finanziario dal proprio datore di lavoro per una formazione professionale ed in seguito rassegna le dimissioni prima della scadenza del periodo convenuto, si espone a una richiesta di rimborso.
Un collega ha comunque potuto difendersi, con l’aiuto dell’assistenza giuridica del SEV, da una richiesta esagerata del suo ex datore di lavoro.
Corrado, macchinista di locomotiva, ha rassegnato le proprie dimissioni. Deluso per non aver ricevuto una promozione alla quale aspirava e per la quale era assolutamente qualificato, ha cercato e trovato lavoro presso un’altra azienda.
Il datore di lavoro, assieme alla conferma della ricevuta e della data delle dimissioni, gli ha però presentato anche una fattura di 10 000 franchi, a suo dire dovuti per il rimborso di spese di formazione, previsto da una clausola di un accordo da lui sottoscritto a suo tempo con l’azienda.
Corrado, molto sorpreso, ha chiesto l’assistenza giuridica del SEV. Il legale messogli a disposizione ha dapprima richiesto all’azienda informazioni sulle spese di formazione sostenute, che vengono quantificate in circa 80 000 franchi, per cui la somma richiesta a Corrado sarebbe, secondo lei, assolutamente giustificata.
È poi seguita una fase di accertamenti, che hanno spazientito la direzione, inducendola a inoltrare un precetto esecutivo, nei confronti del quali Corrado fa opposizione.
Ci si è quindi ritrovati in pretura per la procedura di rigetto, dove il legale di Corrado ha sostenuto come le dimissioni, pur se inoltrate spontaneamente, siano state indotte da circostanze imputabili all’impresa, segnatamente dalla mancata promozione di Corrado. Per questo motivo, Corrado avrebbe dovuto essere chiamato a versare al massimo una parte dell’importo richiesto, analogamente a quanto avvenuto in un caso simile, dove il collega era stato chiamato a rimborsare 3000 franchi.
Il pretore ha dapprima rilevato come gli obblighi di rimborso non sono di principio vietati, se i dipendenti dimissionano entro un certo periodo. D’altra parte, ha anche puntualizzato come l’accordo di rimborso fosse formulato in modo poco chiaro.
La pretura ha quindi respinto l’istanza di rigetto dell’opposizione poiché, a differenza di una «normale» procedura civile, gli argomenti contrari all’obbligo di rimborso non devono essere dimostrati, ma solo presentati in modo credibile e poiché la mancata promozione dimostrava in modo credibile il mancato rispetto dell’obbligo di parità di trattamento previsto dal CCL. L’azienda avrebbe avuto la facoltà di ricorrere contro questa decisione, ma ha accettato di negoziare con il legale di Corrado, ammettendo poi che il rimborso dovesse tener conto della durata effettiva del rapporto di lavoro e che l’importo così calcolato venisse compensato con il saldo degli arretrati (ore, vacanze; ecc.) dovuto a Corrado. L’importo residuo a suo carico era modesto, per cui Corrado ha accettato, soddisfatto di quanto ottenuto.
Resta l’incertezza sul possibile risultato di una procedura civile, che avrebbe però comportato anche l’esame oggettivo delle rispettive prove.
Assistenza giuridica SEV