Votazione del 19 maggio
Officine: una svolta decisiva
Entro il 19 maggio, saremo chiamati a votare sull’iniziativa «Giù le mani dalle Officine». L’esito di questa votazione costituirà in ogni caso una svolta decisiva per tutta la vicenda delle Officine FFS di Bellinzona e merita pertanto una riflessione approfondita, alla quale tento di contribuire con alcuni argomenti che mi inducono a sostenere il Si.
È quasi impossibile parlare di questa iniziativa senza andare a pensare alla sua storia molto particolare, iniziatasi durante lo storico sciopero di cinque settimane del 2008 con la raccolta in pochi giorni di oltre il doppio delle firme necessarie, così da poter essere deposta subito dopo la conclusione vittoriosa dello sciopero.
Da Cargo a P
Dei dieci anni successivi, è utile ritenere due elementi: la costituzione del centro di competenze promosso dal cantone con diversi enti e le FFS quale risposta indiretta all’iniziativa, le cui attività avrebbero dovuto consolidare il ruolo delle Officine e la decisione dell’azienda di raggruppare tutte le strutture di manutenzione pesante sotto la divisione viaggiatori (P). Le Officine sono però rimaste le sole destinate dalle FFS alla manutenzione dei veicoli del traffico merci, con l’obbligo di acquisire un numero crescente di incarichi da clienti terzi, per compensare il previsto calo di FFS Cargo. Questo passaggio a P con l’obbligo di occuparsi del traffico merci non ha mancato di suscitare perplessità ma, d’altro canto, sembrava presentare anche opportunità legate alle possibili sinergie e alle conoscenze delle attività di manutenzione di P. Per concretizzarle, sarebbe però stata necessaria una forte volontà di agire sul mercato che, nonostante le continue denunce della commissione del personale e dei sindacati, le FFS non hanno mai dimostrato.
Nuova prospettiva e nuovi limiti
A fine 2017, è giunta la conferma di voci sempre più insistenti: le FFS hanno sottoscritto l’accordo per la realizzazione di una nuova struttura a Castione, al quale canton Ticino e città di Bellinzona partecipano con 100, rispettivamente 20 milioni, oltre che con numerose agevolazioni a livello di terreni. In questa struttura confluiranno le attività ora svolte alle Officine, all’impianto service di Pedemonte e all’ Officina di Biasca e verranno svolte le manutenzioni leggere e pesanti dei treni FLIRT che circolano in Ticino, dei Giruno e la manutenzione pesante degli ETR 610. Le attività della nuova Officina verranno quindi completamente integrate nella divisione P. Il progetto ha però un limite estremamente pesante: questi incarichi offrono lavoro solo a 200-230 persone. Considerato come le tre strutture attuali contino in totale poco meno di 500 posti di lavoro, si prospettano almeno 250 posti di lavoro in meno entro 7 anni. Nonostante l’importanza di questo ridimensionamento, nessuno ha presentato un piano per affrontarlo. L’accordo tra FFS, cantone e città parla di un importo di 8 milioni destinato al «processo di trasformazione e per la formazione». In conferenza stampa, Andreas Meyer ha incluso in questo processo anche possibili prepensionamenti, ma la direttrice regionale Roberta Cattaneo ha poi precisato che non vi saranno aiuti oltre agli attuali modelli (leggi Valida e Priora). Le FFS hanno anche ribadito che non vi saranno licenziamenti e che verrà rispettato il CCL. Nessuno sa però quali saranno le disposizioni vigenti nel 2026, né bisogna farsi illusioni: togliere oltre 250 posti di lavoro sarà un’operazione dolorosa. Già l’attuale CCL permette di proporre alternative lavorative in un raggio di due ore di viaggio dal luogo di domicilio. Mi fa quindi male vedere come questa prospettiva venga dipinta di rosa, anche da persone che hanno ricoperto ruoli di spicco nel movimento sindacale.
Il ruolo dell’iniziativa oggi
Ma questa discussione, per importante che sia, non deve farci perdere di vista il vero nocciolo del problema. Ho sempre pensato che, quando si prospetta una ristrutturazione, la prima reazione deve essere di verificarne l’ineluttabilità ed è proprio in questo ambito che si inserisce la votazione sull’iniziativa. Essa, è bene ricordarlo, chiede in primo luogo al Consiglio di Stato di costituire un polo tecnologico-industriale nel settore del trasporto pubblico, determinandone l’ubicazione e conducendo trattative con le FFS per costituire un’azienda che rilevi le attuali attività e ne sviluppi di nuove. L’iniziativa conferisce così al governo cantonale un mandato chiaro per rientrare in discussione con le FFS, senza andare in conflitto con il progetto di Castione, la cui richiesta di credito non è stata contestata ed è cresciuta in giudicato.
Il progetto delle FFS a Castione presenta aspetti positivi, che sono però nel contempo limiti altrettanto chiari: le FFS si limiteranno a svolgere le attività di cui la loro divisione P avrà impellente necessità, lasciando cadere tutte le altre, che pure le Officine avevano dimostrato di saper gestire in modo concorrenziale.
E non si tratta, come si vuole costantemente far credere adesso, di attività obsolete: le Officine si sono inserite da tempo nella manutenzione delle nuove locomotive policorrente e multisistema che soppianteranno progressivamente quelle a graduatore; hanno sviluppato spiccate competenze nel trattamento e nella saldatura di materiali sofisticati e sono state in grado di vincere appalti internazionali, come quello dell’autunno scorso per il materiale della Matterhorn-Gotthard Bahn. Tutto ciò, con l’aggiunta del centro di competenze il cui ruolo viene sorprendentemente trascurato dalla dichiarazione di intenti, avrebbe meritato di trovare una collocazione vincolante nel nuovo progetto, anziché essere relegato a semplice ipotesi da concretizzare «qualora ragionevole dal punto di vista economico», come puntualizza la dichiarazione d’intenti. La valutazione, ben inteso, verrà svolta dalle stesse FFS che, considerato quanto (non) fatto negli ultimi dieci anni, avranno buon gioco a giustificare l’abbandono di queste attività. Avranno così lo stabilimento industriale «più moderno d’Europa» in risposta alle loro più impellenti necessità e per il quale avranno incassato un lauto contributo dal nostro cantone e dalla città, oltre a circa 70’000 metri quadrati in centro a Bellinzona, corredati da indici di sfruttamento di favore.
Mentre noi ci ritroveremo con 300 posti di lavoro in meno, che invece meritano di ritrovare una precisa collocazione anche nel futuro dell’attività ferroviaria del nostro cantone.
Per questo, invito tutti a sostenere l’iniziativa.
Pietro Gianolli