Primo Maggio
Un futuro di giustizia
Politiche di austerità, dumping sociale e salariale, disoccupazione, incertezza nel futuro: questa è la quotidianità di molte lavoratrici e molti lavoratori nel nostro Paese. IlPrimo maggio 2017 si declina con un corale appello per un futuro migliore per tutte e per tutti.
Molti lavoratori e molte lavoratrici sono preoccupati/e per i loro posti di lavoro. La disoccupazione diminuisce solo lentamente e rimane ad un livello molto alto per la Svizzera. La forza del franco ha una grande responsabilità. Lavoratori e lavoratrici più anziani/e sono particolarmente colpiti/e. Anche se generalmente in leggero calo negli ultimi tempi, la disoccupazione ha continuato a crescere presso le persone di oltre 55 anni. Molti di loro trovano lavoro molto difficilmente.
Molti lavoratori e molti lavoratrici sono preoccupati/e per i loro salari. Il dumping continua a dilagare, gli aumenti salariali sono esigui e sono immediatamente assorbiti dal continuo aumento dei premi di cassa malati. Nel contempo i Cantoni continuano con le loro dannose politiche di austerità che si traducono anche in una decurtazione degli aiuti, che andrebbero invece rafforzati. Molti lavoratori e molte lavoratrici sono preoccupati anche per la loro pensione. E come dare loro torto! Se non verranno prese contro-misure, il livello delle pensioni dei futuri e delle future pensionate diminuirà.
Basti guardare ciò che succede oltre la siepe di casa nostra per rendersi conto del clima ostile a conquiste e diritti sociali. Negli Stati Uniti, il divario tra ricchi e poveri continua ad allargarsi; il malessere sociale ha portato alla elezione di un presidente incompetente e incapace di gestire le sfide che il paese deve affrontare. In Europa, movimenti e partiti di estrema destra sperano di ottenere solide maggioranze. Se non prendiamo sul serio i problemi della popolazione e in particolare degli uomini e delle donne che lavorano, questa evoluzione minaccerà anche la Svizzera. Noi sindacati denunciamo i problemi. E ci battiamo per i diritti e per migliori condizioni di lavoro. In questo senso abbiamo strenuamente combattuto con successo l’iniziativa xenofoba denominata «Per l’attuazione» e contrastato – pure con successo – la Riforma dell’imposizione fiscale delle imprese III, che avrebbe comportato conseguenze negative per la comunità, regalando miliardi a chi non ne aveva bisogno.
Ma non vogliamo solo respingere gli attacchi. Vogliamo e possiamo anche modellare la Svizzera. Una Svizzera più sociale. E più giusta.
Prendiamo ad esempio la previdenza vecchiaia: i padroni e i loro alleati continuano ad attaccare da anni l’AVS. Il loro chiodo fisso è imporre l’età di pensionamento a 67 anni e spingere la popolazione nelle braccia delle assicurazioni private. Eppure abbiamo ottenuto progressi sociali significativi con la riforma della «Previdenza vecchiaia 2020». Nonostante la determinata opposizione dei datori di lavoro, UDC e PLR, abbiamo ottenuto per la prima volta in 42 anni un aumento – non solo un adeguamento – dell’AVS. Il rafforzamento dell’AVS che i sindacati chiedono da sempre, è finalmente a portata di mano. Considerati i problemi delle casse pensione, questa riforma è anche urgente. Essa porta anche una serie di miglioramenti. Il tempo parziale, che riguarda in modo particolare le donne, sarà meglio garantito nel 2° pilastro e le disuguaglianze delle pensioni tra donne e uomini sarà ridotto. Va inoltre segnalato che i/le disoccupati/e anziani/e, non saranno esclusi automaticamente dal loro cassa pensione, ma avranno diritto ad una rendita.
Tuttavia, non siamo riusciti a imporre la nostra visione su tutti i punti. Del resto la «Previdenza vecchiaia 2020» è figlia di un compromesso, per cui certe concessioni sono state inevitabili. Come l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne, che costituisce chiaramente una battuta d’arresto. Verrà inoltre ridotto il tasso di conversione applicato nella previdenza professionale obbligatoria. Tuttavia, a differenza di quanto è avvenuto nel 2010, quando cioè in sede di referendum avevamo spazzato via una richiesta di riduzione del tasso di conversione, oggi questo calo viene compensato. Come? Grazie alla garanzia dei diritti acquisiti concessi a chi ha più di 45 anni e all’aumento della rendita .
In definitiva, il risultato è piuttosto inaspettato: una riforma delle pensioni che non è solo sinonimo di smantellamento, ma anche di progresso sociale. Ecco perché padroni, partiti e media di destra – come la NZZ, la Weltwoche – combattono ferocemente la riforma. Ecco perché noi dobbiamo fare fronte comune in modo compatto. Un’unità indispensabile per contribuire a fare passare indenne l’intera riforma dal passaggio delle urne il prossimo 24 settembre.
«Più giusto e più sociale» è un concetto che riguarda anche la questione di genere. L’uguaglianza dell’età pensionabile, presuppone prima l’uguaglianza salariale. A questo proposito, le imprese devono una volta per tutte controllare che le donne e gli uomini percepiscano lo stesso salario per lo stesso lavoro. Coloro che non rispettano la parità salariale devono essere sanzionati. Inoltre lo Stato deve fare molto di più sul fronte delle strutture di accudimento dei bambini, indispensabili per rendere possibile conciliare famiglia e lavoro.
Per quanto riguarda l’attuazione dell’iniziativa UDC «contro l’immigrazione di massa» dell’UDC, abbiamo impedito la creazione di contingenti discriminatori e abbiamo sviluppato ulteriormente le misure di accompagnamento, sia pure modestamente. Per contrastare l’agenda neoliberale della maggioranza di questo Paese, occorre essere ancora pronti a lottare uniti.
Unione sindacale svizzera/frg
Il Primo maggio torna puntuale, come ogni anno. Sin dalle origini è stata una giornata di lotta, oggi si è trasformato in una festa e in un giorno feriale: la «Giornata del lavoro». Ricordare il lavoro ha senso anche oggi. Perché abbiamo bisogno del lavoro, perché le nostre giornate e le nostre vite vengono scandite dal lavoro, perché le nostre relazioni sociali si sviluppano anche sul posto di lavoro tra colleghe e colleghi. Insomma il lavoro aiuta a dare senso alle nostre vite.
Abbiamo bisogno del lavoro anche perché ci garantisce un salario, quel salario che ci permette di vivere. Perché lavoratori e lavoratrici non hanno conti in banca ben pasciuti, non hanno portafogli con titoli di gran valore che consentirebbero loro di vivere totalmente spensierati. Proprio per questo, abbiamo tutti bisogno di un lavoro sicuro, con compiti chiari sul posto di lavoro; abbiamo bisogno di un salario decente, come pure di una pensione che ci permetta di vivere non nel lusso, ma in modo decoroso.
In fondo stiamo parlando di vecchie rivendicazioni, che mantengono tutta la loro bruciante attualità, dal momento che molte cose non sono ancora state raggiunte. Certo, qualche passetto avanti è stato compiuto grazie ai nostri e alle nostre rappresentanti in Parlamento o grazie alle votazioni federali. La Svizzera di oggi è senza dubbio più sociale e più giusta rispetto alla Svizzera di 127 anni fa, quando per la prima volta è stato celebrato il Primo maggio.
Tuttavia il liberalismo e il neoliberismo – la cui ideologia esalta la forza dell’individuo e dell’individualismo– sferrano attacchi su attacchi contro i lavoratori e le lavoratrici. Noi non chiediamo per noi stessi la fetta più grande della torta, chiediamo per tutti un’equa distribuzione del benessere, ben lungi dall’essere raggiunto. Basti guardare le cifre ufficiali sui redditi in Svizzera.
Per questo non dobbiamo mai rassegnarci a chiedere maggiore giustizia. E dobbiamo farlo insieme, il Primo maggio, affinché dalle strade e dalle piazze si levi un’unica voce per un futuro più giusto e sociale per tutti e per tutte. L’avvenire della Svizzera dipende anche da noi. Il Primo maggio facciamoci vedere e sentire.
Peter Anliker