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Nuovo appello alle autorità cantonali

Officine: risposte insoddisfacenti

Le FFS hanno rispettato la scadenza del 15 aprile e hanno fornito ai rappresentanti del personale delle Officine una risposta.

Lunedì 18 si è quindi svolta una nuova assemblea in pittureria, durante la quale il personale ha avuto modo di prendere atto dei contenuti della missiva che i suoi rappresentanti avevano ricevuto venerdì di persona a Lucerna.

Questo fatto non ha però contribuito a rasserenare gli animi: nelle quattro pagine della lettera, i dipendenti hanno cercato invano rassicurazioni sul proprio futuro. Invece, hanno trovato solo giustificazioni sul mancato rispetto degli accordi contenuti nella convenzione sottoscritta nel 2013 per la fondazione del Centro di Competenze, in cui le FFS si limitano a rispedire la palla nel campo delle altre parti, attribuendo il tutto ad un malinteso (vedi anche commento).

Ipotesi però respinta dall’assemblea, che ha espresso profondi dubbi sulle possibilità delle Officine di sopravvivere a medio-lungo termine sulle basi indicate dalle FFS.

Gli stessi dubbi si estendono anche al centro di competenze, le cui prospettive rischiano di essere compromesse da un calo di volumi di lavoro come quello prospettato alle Officine.

In una nuova risoluzione, gli operai hanno rivolto un nuovo appello alle autorità cantonali affinché richiamino le FFS al rispetto degli accordi e hanno deciso di chiedere ai propri rappresentanti nel Consiglio di fondazione di sospendere la propria attività sino che ciò sarà avvenuto. Hanno inoltre dato mandato alla commissione del personale allargata di riattivare l’iniziativa popolare del 2008 per la creazione di un polo tecnologico e di riflettere a nuove misure per mantenere la pressione sulle FFS, ricordando pure che il corteo del 1omaggio partirà proprio dalle Officine.

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Commento

«Le giustificazioni delle FFS proiettano un’ombra infausta sull’avvenire del CdC e, con esso, delle Officine di Bellinzona»

A scadenze regolari, la questione delle Officine di Bellinzona riappare sulla ribalta cantonale e sindacale. In questi ultimi mesi, si sta aggiungendo un nuovo capitolo, contenente aspetti che rendono questa vicenda ancor più particolare.

Non capita in effetti tutti i giorni di trovarsi in presenza di una struttura articolata come il Centro di Competenze (CdC), che menziona come suo primo campo di attività il «sostegno allo sviluppo e potenziamento delle Officine FFS di Bellinzona e di tutte le realtà FFS in Ticino a lei correlate».

Questa struttura è però stata fortemente voluta in primo luogo dal personale stesso delle Officine, per avere la possibilità di compensare, con incarichi procurati dal CdC, il previsto calo delle attività di manutenzione del materiale rotabile merci, alle quali le FFS le avevano destinate. Lo studio di fattibilità richiesto dal cantone aveva confermato queste possibilità, rilevando però anche criticità importanti, legate in particolare alla fase di implementazione del CdC. Per questo, aveva indicato la necessità di poter disporre nei primi anni di volumi di lavoro stabili alle Officine. Questo punto era stato espressamente ripreso, dopo lunghe e faticose trattative, nella convenzione costitutiva della fondazione.

Nessuno si è mai fatto illusioni: la via tracciata sarebbe comunque stata tutta in salita e irta di ostacoli, ma ci si credeva e ci si vuole tutt’ora credere. Per questo, però, le giustificazioni delle FFS, oltre che suonare come una beffa (sostenendo che per «volumi analoghi a quelli attuali» nel 2013 le FFS si riferivano ai volumi 2008) proiettano un’ombra infausta sull’avvenire del CdC e, con esso, delle Officine di Bellinzona. Oltre al rapporto di fiducia da ristabilire, esse sottraggono a questa struttura, di per sé delicata, parte del nutrimento indispensabile per crescere e consolidarsi.

Le scuse non bastano: devono essere accompagnate dalla volontà concreta, espressa con i fatti, di adempiere agli accordi e di accompagnare CdC e Officine verso un futuro prospero, in favore di tutto il cantone e delle regioni limitrofe.

È questa la vera posta in palio in tutta la vicenda.

Pietro Gianolli, segretario SEV e redattore contatto.sev