Philipp Hadorn vuole che si discuta sulle condizioni di lavoro nel settore del trasporto merci su ferrovia e su strada
«Con salari europei in Svizzera non si vive»
Nelle sue vesti di segretario sindacale del SEV, Philipp Hadorn è responsabile per i settori di FFS Cargo e del traffico aereo, mentre quale consigliere nazionale (PS/SO) del gruppo parlamentare socialista, è uno dei punti di riferimento in materia di politica dei trasporti. Approfittiamo dell’occasione per parlare con lui di condizioni di lavoro usuali nel settore del trasporto ferroviario merci, su AlpTransit, il contestato raddoppio della galleria autostradale del Gottardo e sulla legge sul trasporto merci.
contatto.sev: In un rapporto di esperti pubblicato il 20 gennaio dall’UFT sulle condizioni di lavoro nel traffico merci interno e in quello transfrontaliero, si postula la separazione di questi due settori (vedi articolo alle pagine 4 e 5). Che cosa ne pensi?
Philipp Hadorn: Questa definizione tecnocratica dei settori non mette in pericolo solo le condizioni di lavoro dei ferrovieri in Svizzera, ma anche e soprattutto i posti di lavoro. Gli autori di questo rapporto reputano che sia impossibile difendere le retribuzioni a livello nazionale, in quanto ciò sarebbe in contraddizione con l’accordo Svizzera-UE sui trasporti terrestri e la presunta apertura della Svizzera al traffico merci transfrontaliero. Vogliono inoltre che anche le imprese ferroviarie svizzere pratichino salari in uso nell’UE, così da essere concorrenziali rispetto alle compagnie estere. Immaginiamoci se così dovesse comportarsi l’industria…
I macchinisti di FFS Cargo, Cargo International e BLS Cargo, che oggi guidano la maggior parte dei treni del traffico transfrontaliero in Svizzera, con i salari europei non potrebbero vivere. Se le nostre autorità dovessero cedere a questa tentazione, le ferrovie svizzere potrebbero essere indotte ad impiegare un maggior numero di macchinisti delle filiali estere, retribuiti ai livelli europei. Finora FFS e BLS si sono attenute agli accordi conclusi con il SEV, secondo cui macchinisti svizzeri devono svolgere almeno lo stesso volume di prestazioni all’estero.
Secondo questo rapporto, a causa dell’accordo sul traffico merci nazionale, l’UFT non può verificare le condizioni di lavoro per sapere se sono conformi alle condizioni in uso nel settore, perché queste imprese non hanno bisogno di ottenere un’autorizzazione …
Se le cose stanno così, allora abbiamo un problema, che diventerà ancora più grande con l’apertura delle gallerie di base del Gottardo e del Ceneri, poiché le compagnie estere non avrebbero più bisogno di avere depositi in Svizzera. Se veramente non sarà possibile e opportuno adottare provvedimenti a protezione dei ferrovieri svizzeri - come sostengono gli autori di questo rapporto - occorrerà approfondire gli aspetti giuridici della situazione. E ben presto il dossier diventerà un problema anche politico. Del resto, anche in altri settori esistono misure protettive, come i dazi o i CCL di validità generale, che anche le imprese estere devono rispettare. E dato che la Svizzera ha finanziato da sola le nuove gallerie, ha il diritto di fissare il costo delle tracce, facendo pressione sull’UE.
Questo rapporto esclude misure nazionali di protezione, anche perché penalizzerebbe le ferrovie nei confronti dei trasportatori stradali.
Proprio nell’ottica della concorrenza strada-ferrovia, la prospettata suddivisione in settori del traffico ferroviario non ha senso: non si può concepire la trazione ferroviaria a sé stante. In questo rapporto si dimentica pure che gli autotrasportatori possono praticare tariffe inferiori, perché pagano stipendi inferiori e impongono orari di lavoro più lunghi. Bisogna fermare il dumping salariale sulla strada, invece di estenderlo alla ferrovia. La Germania intende applicare il salario minimo di 8 euro e 50 all’ora anche agli autisti stranieri in transito e questo è un passo nella giusta direzione. Se la Germania, stato modello nell’UE, si avvia ad applicare condizioni di lavoro usuali, allora lo può fare anche la Svizzera, che non fa parte dell’UE. A causa dei salari più bassi praticati nei paesi confinanti, la Germania ha gli stessi nostri problemi.
Invece di arrendersi bisogna cercare soluzioni. E questo non va lasciato solo ai giuristi, agli economisti e ad un ufficio federale. Finora la discussione è avvenuta solo dietro le quinte, ma ora investe anche l’opinione pubblica.
Dato che i macchinisti sono merce rara, possono rivendicare migliori stipendi. Tanto rumore per nulla?
No, perché prima o poi in Europa si troveranno anche macchinisti disposti ad accettare stipendi bassi. La situazione diventerà meno critica quando il costo della vita e i salari in Svizzera si allineeranno a quelli dell’UE. Ma è chiaro che i salari non possono scendere più in fretta dei prezzi, non solo a danno del potere d’acquisto delle persone, ma anche di tutta l’economia.
Le nuove gallerie di base accorciano il viaggio attraverso la Svizzera e quindi ci vogliono meno macchinisti. Inoltre, quelli stranieri possono attraversarla in un solo turno. Perché il SEV ha sostenuto le nuove trasversali alpine?
Perché le NTFA favoriscono il trasferimento dalla strada alla ferrovia, liberando le vallate alpine dalle emissioni del traffico stradale. Inoltre, rendono più concorrenziale anche il traffico viaggiatori. Ecco perché è prevedibile che non causino la perdita di posti di lavoro, mentre li renderanno più sicuri. All’inizio saranno necessari meno macchinisti, a causa dei percorsi più brevi, ma poi la concorrenzialità invertirà la tendenza. Dobbiamo batterci affinché le ferrovie svizzere continuino ad offrire posti di macchinista e ad offrire buone condizioni di lavoro al loro personale.
Da presidente della delegazione di sorveglianza della NTFA, l’anno scorso ti ha soddisfatto la sentenza del Tribunale federale amministrativo, con cui ha respinto i ricorsi contro l’aggiudicazione delle commesse per la tecnica ferroviaria al Ceneri?
Grazie a questa sentenza, la messa in esercizio della nuova ferrovia di pianura attraverso le Alpi non sarà ritardata e saranno evitati costi supplementari. D’altra parte è comprensibile che, in occasione di un concorso pubblico, chi si vede rifiutata la propria offerta inoltri un ricorso, reputando di essere stato svantaggiato. Giustamente si sta ora discutendo se le norme che regolano questa materia debbano essere adeguate. È giusto che un offerente rimasto escluso possa bloccare per mesi un progetto importante, inoltrando un ricorso? E che ciò causi ritardi e maggiori costi? Occorre trovare soluzioni adeguate, dopo aver attentamente valutato i pro e i contro. Si deve pur prestare attenzione in modo accurato all’interesse pubblico in gioco, come in questo caso.
Visto quanto costano le gallerie di base in termini di soldi, ma anche di posti di lavoro, non si dovrebbe costruire una seconda galleria stradale al Gottardo, che saboterebbe il trasferimento del traffico?
Lo ripeto: la NTFA a lunga scadenza non provoca la perdita di posti di lavoro in ferrovia. Un efficace trasferimento del traffico merci dalla strada alla ferrovia richiede capaci piazze di trasbordo, un maggior numero di manovre e più treni. Tutto ciò si traduce in maggior personale. Senza AlpTransit è assai probabile che si debbano tagliare posti di lavoro e sarebbe la strada a trarne vantaggi, ma primo o poi si verificherebbe il collasso. Il caos è facilmente prevedibile. La decisione del Parlamento di realizzare il secondo tunnel al Gottardo non posso condividerla, sia dal profilo della politica dei trasporti, sia dal profilo della politica finanziaria. È da ingenui credere che rimarranno in esercizio solo due corsie anche in un lontano futuro. Maggiori capacità portano con sé maggior traffico, è dimostrato. Gli autotrasportatori potranno produrre a condizioni nettamente migliori, grazie alla precarie condizioni di lavoro applicate e alla mancanza di una vera copertura dei costi causati, cosicché l’obiettivo del trasferimento del traffico, votato dal popolo insieme con l’Iniziativa delle Alpi, verrà annullato. Inoltre, non bisogna sottovalutare il costo per la costruzione del secondo tubo. Grazie al nostro referendum, la popolazione potrà mettere la parola fine a questo controsenso.
La legge sul trasporto merci, che verrà discussa dal Nazionale in marzo, ci preoccupa molto come sindacato. Che cosa c’è in gioco?
Il SEV è molto deluso su quanto uscito dalla commissione preparatoria. Già la soppressione per le FFS dell’obbligo legale di eseguire il trasporto merci si scontra con il mandato, espresso dal Parlamento, a favore di misure tese a favorire una «concezione globale per stimolare il trasporto merci in superficie». Il giudizio del SEV è chiaramente un cartellino rosso, anche se si riconoscono alcuni aspetti positivi a proposito della fissazione delle priorità e delle misure minime di incitamento. Le proposte e le posizioni di UFT e FFS sono irrealistiche.
Come mai?
È grottesco e da ipocriti voler iscrivere nella legge la propria fede nel libero mercato. Parliamoci chiaro: senza la volontà politica di intervenire nel mercato, il traffico ferroviario merci in Svizzera e in transito con le attuali condizioni quadro avrà ben poche possibilità di sviluppo. L’UFT ha evitato di sviluppare la variante di trasferimento, come era stato richiesto. Comunque, ora anche le FFS si rendono conto che una definizione di conformità al settore secondo il mercato libero, come propone il rapporto pubblicato dall’UFT, mette seriamente in pericolo il loro futuro. Questo dovrebbe suscitare la discussione in Parlamento.
Markus Fischer