Colpi di diritto
Per valutazioni del personale corrette
«Correttezza» ed «equità» sono sinonimi? In molti casi di assistenza giuridica, in particolare quelli riguardanti le valutazioni del personale, la correttezza risulta essere un tipo di equità che non deriva da disposizioni di legge o del CCL, quanto dalla sensibilità delle persone coinvolte, che a sua volta dipende dai loro valori, dalle loro aspettative morali e dal loro bagaglio culturale.
Nelle valutazioni, la correttezza non si traduce sempre in una parità assoluta di trattamento, ma esige che si tenga conto delle situazioni individuali, quali compiti, responsabilità, esperienza, come pure delle esigenze. La correttezza è particolarmente necessaria per elaborare intese sugli obiettivi che dovrebbero risultare «SMART», ossia specifici; misurabili; attraenti; realistici e con termini chiari. Il criterio «realistico», per esempio, è praticamente sempre disatteso dagli obiettivi di gruppo impartiti ai singoli. Anche se non sono vietati, questi risultano quindi quasi sempre poco corretti.
Pratiche scorrette
Partendo da questo concetto di correttezza, il team di assistenza giuridica del SEV si è ritrovato anche quest’anno a dover criticarne l’assenza nell’atteggiamento di diversi superiori che avevano espresso critiche poco chiare, in mancanza di fatti concreti, ripreso più volte le stesse lacune, oppure ripreso alla lettera gli obiettivi di gruppo o della divisione e utilizzato parametri scorretti. Spesso poi la valutazione delle prestazioni e del comportamento viene falsata da problemi interpersonali tra dipendente e superiore.
Succede poi anche spesso che l’istanza immediatamente superiore ammetta al colloquio di chiarimento che la valutazione era già stata esaminata nel team direttivo ed è quindi da ritenersi corretta. In altre parole, dal punto di vista del dirigente, il colloquio chiarificatore non ha alcun senso e anche da parte nostra ci chiediamo se non valga la pena di interromperlo immediatamente. Numerosi colloqui di chiarimento sono così destinati all’insuccesso.
Ciò nonostante, è importante reagire a valutazioni scorrette ed evitare che esse vengano classificate nel dossier personale senza alcuna opposizione. Questo può essere il caso, per esempio, per valutazioni in cui si abusa della nota finale «D» per far valere altre direttive del diritto del lavoro e minacciare provvedimenti più restrittivi, oppure in presenza di superiori che continuano a ritenere la nota «D» una buona valutazione…
Correttezza al secondo tentativo
Non vi sono regole senza eccezioni: è così successo che un colloquio di chiarimento abbia permesso di evidenziare la correttezza e una certa nobiltà di spirito dei superiori: quello diretto ha infatti ammesso che nel colloquio di valutazione si era concentrato in misura eccessiva su di un singolo avvenimento, trascurando per contro altre constatazioni positive e che per un criterio erano stati adottati parametri poco chiari. L’istanza superiore ha completato il quadro assicurando che il costruttivo colloquio di chiarimento venisse ripreso anche nei provvedimenti di sviluppo personale. Per finire, il giudizio complessivo è stato rivisto dalla «D» alla «C» con soddisfazione, oltre che del diretto interessato e del suo assistente del SEV, anche dei due superiori. La correttezza evidenziata in questo colloquio lascerà senz’altro un’impressione positiva a tutti i partecipanti.
Servizio di assistenza giuridica del SEV