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violenza contro le donne

Oltre il silenzio

La violenza sulle donne e la violenza domestica sono un grave problema: in Svizzera ogni giorno 11 persone (di cui 9 donne o ragazze) sono vittima di una lesione dell’integrità sessuale; ogni due settimane si verifica un caso di violenza domestica con esito letale e ogni anno 27mila minori sono esposti alla violenza di coppia. Una realtà agghiacciante che non deve soltanto fare riflettere tutti, ma contro la quale occorre agire con un’urgenza e in modo risoluto, come sottolineato in un recente convegno a Berna.

La violenza è una violazione dei diritti umani.

La violenza sulle donne costituisce una violazione dei diritti umani. Questo è, in sostanza, il messaggio della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, proclamata per la prima volta nel 1981 in Colombia e che ricorre ogni anno il 25 novembre. L’ONU, che nel frattempo riconosce questa giornata, ribadisce che per lottare efficacemente contro la povertà e per democratizzare la società è imperativo combattere questo tipo di violenza.

Fenomeno strutturale e purtroppo trasversale a tutti i paesi e a tutte le classi sociali, la violenza sulle donne è tra le violazioni dei diritti umani più diffuse al mondo. Non c’è giorno senza violenza contro le donne. Non c’è stramaledetto giorno senza leggere sui giornali le cronache di episodi di violenza di cui sono vittime le donne, considerate dai loro aguzzini merce, proprietà personale sui cui esercitare controllo e potere.

E pure in Svizzera i dati indicano l’esistenza di un fenomeno persistente. Anche la violenza domestica resta un problema diffuso in Svizzera. E i dati raccolti a livello federale sono eloquenti. Nel 2017, i reati registrati nella categoria violenza domestica sono stati 17’024 ossia il 37 per cento di tutti i reati rilevanti per l’ambito domestico. Nel 48,3 per cento dei casi di violenza domestica, la persona danneggiata e la persona accusata vivevano un rapporto di coppia; nel 25,6 per cento dei casi erano ex partner. I reati più frequenti sono stati le vie di fatto (5’369), le minacce (3’795), le ingiurie (2’925) e le lesioni semplici (2’057). Nell’ambito della violenza domestica anche i delitti più gravi come la coazione (685), il sequestro di persona e il rapimento (140), la messa in pericolo della vita altrui (121), le lesioni gravi (84) nonché gli omicidi tentati (53) e consumati (21) sono stati numerosi. Insomma, nel corso della propria vita, più di una donna su quattro ha sperimentato la violenza fisica, la violenza sessuale e, soprattutto, gli approcci indesiderati. Almeno una volta nella vita il 5,6 per cento delle donne è stato vittima di uno stupro, il 6,8 per cento di un tentativo di stupro e circa una su dieci di violenza fisica nel rapporto di coppia.

Un convengo per fare il punto

Potremmo continuare a sgranare il rosario delle cifre sulle violenze contro le donne, perché nella loro crudezza non possono essere scambiate per opinioni. Ma vale anche la pena sottolineare quanto sia importante promuovere un quotidiano lavoro di informazione civile che metta al centro il valore dell’identità di ogni persona, la relazione tra uomini e donne, il rispetto di ogni differenza. Negli spazi pubblici, professionali e privati.

La necessità di lottare contro la violenza sulle donne è stata ribadita la scorsa settimana a Berna durante un convegno. «Ai Cantoni - ha spiegato la direttrice dell’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo (UFU) Sylvie Durrer - sono demandate competenze in materia di protezione delle vittime, perseguimento penale e misure di protezione. Gli organi di tutti i livelli statali devono fare la loro parte, poiché soltanto con una politica comune e concertata possiamo avvicinarci all’obiettivo di una società libera dalla violenza».

Secondo la consigliera di Stato del Canton Zurigo Jacqueline Fehr, citata nella nota stampa dell’UFU; diversi approcci nella lotta alla violenza sulle donne e alla violenza domestica si sono dimostrati efficaci nella prassi: per esempio il richiamo all’ordine tempestivo da parte della polizia, che andrebbe introdotto in tutto il Paese; l’assistenza ai bambini colpiti, che andrebbe fornita in funzione dell’età, e l’aiuto alle vittime di reati, che occorrerebbe far conoscere meglio e al quale andrebbe data maggiore visibilità.

Nel quadro del convegno organizzato dall’UFU sono state presentate anche due nuove pubblicazioni. La prima fornisce una panoramica di tutti gli attori federali coinvolti che, attraverso un’ottantina di compiti e misure, contribuiscono ad applicare la Convenzione di Istanbul. La seconda propone un piano di attuazione in cui sono definiti i ruoli e la collaborazione tra Confederazione, Cantoni e società civile. Va inoltre sottolineato l’importantissimo ruolo dei consultori e delle case delle donne.

Un evento e una manifestazione

Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre dalle 17 alle 18.30 a Balerna (presso la sede dell’ACP), il Gruppo Donne USS Ticino e Moesa organizza, con il Coordinamento donne della sinistra (cfr. locandina nella pagina dell’agenda), un momento di discussione sul tema: «Dalla Convenzione di Istanbul ai progetti di lotta e prevenzione». Perché vivere senza violenza è possibile. Perché la violenza non è un destino per nessuno. Nessuno «merita» di essere trattato con violenza, anche solo psicologica. Per dire basta alla violenza ad alta voce, sabato 24 novembre il collettivo Io l’8 invita a scendere in piazza a Bellinzona (cfr. agenda). La violenza è una forma odiosa di espressione del potere e di abuso di potere che deve essere denunciato. Pubblicamente.

Françoise Gehring
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