Grande mobilitazione per combattere violenza, discriminazioni e umiliazioni. Il Gruppo Donne USS presente
Lotta unitaria per l’8 marzo
Occhi neri, ferite aperte, volti tumefatti, ossa rotte, bocche cucite dal dolore, lacerazioni silenziose che divorano dall’interno. La violenza sulle donne ha molti volti: uccisioni e stupri sono gli aspetti più drammatici delle violenze dentro e fuori le mura domestiche, nei luoghi di lavoro, per le strade. Le cifre che riguardano le violenze subite dalle donne sono agghiaccianti, soprattutto se riferite alla società civile. La violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica è una palese e scandalosa violazione dei diritti umani. La violenza è sofferenza e umiliazione. È una delle prime cause di morte tra le donne nel mondo.
La violenza sulle donne, sul loro corpo, è forse il segno più evidente e preoccupante dell’ autoritarismo della nostra società. Le violenze non hanno classe, età, condizione sociale, cultura, nazionalità, religione. Sono perpetrate da uomini molto diversi tra loro ai danni delle donne, principalmente delle loro compagne, mogli ed ex partner, all’interno di una relazione di intimità o familiare. E allora dagli uomini bisogna ripartire. Da tutti gli uomini che vogliano affermare chiaramente e pubblicamente che tra i tanti e diversi modi di essere uomini non è contemplata la violenza. Mai.
Ci sono tuttavia anche forme più sottili di oppressione, come quella che attraverso le immagini veicola stereotipi, pregiudizi, modelli spesso avvilenti di donne svampite e procaci con le calze a rete e buone a nulla. Ci sono altre forme di resistenza che si esprimono in una visibile forma di restaurazione culturale che vuole azzerare le conquiste.
Che il femminismo è una rivoluzione mal digerita, è evidente dalla palese restaurazione culturale espressa a più livelli: la riaffermazione di un modello casalingo retrò, stile «donna angelo del focolare, le mamme imbiancano e i figli crescono»; la diffusione di un modello «donna-bambola-oggetto» penosamente veicolata dalla televisione e legata alla logica del «do ut des» di chi detiene il potere; l’attribuzione alle femministe e alle donne che lottano per le pari opportunità, degli epiteti riscoperti: frigide, dure, scassa balle, ecc. Resistano le donne!
Perché mai come oggi c’è di nuovo bisogno del «vecchio» femminismo emancipazionista. Le donne, Svizzera compresa, a parità di qualifiche guadagnano ancora meno rispetto ai maschi e nei posti dirigenziali sono mosche bianche; a loro carico quasi esclusivo le faccende domestiche e i compiti di cura. Subiscono più degli uomini la precarietà, vengono fatte fuori dal mondo del lavoro con maggiore facilità. E, come se non bastasse, non possono invecchiare e devono confrontarsi con modelli femminili che le degradano a cerebrolese.
Se è vero che questo scenario mette in rilievo la persistenza di discriminazioni, è altrettanto vero che si sta muovendo qualcosa di molto importante sull’altro fronte, nei territori del pensiero. Lo sviluppo del pensiero della differenza - portato e sostanziato dalla filosofa francese Luce Irigaray - sta cercando di costruire, a partire dalla propria specifica soggettività e insieme con il riconoscimento dell’altro, una nuova etica e una nuova società, profondamente più democratiche.
Alla base dell’ideale femminista vi è la convinzione che i diritti sociali e politici prescindano totalmente dal genere sessuale, il vero spirito del femminismo del ventunesimo secolo non riguarda tanto il confronto con gli uomini, ma la presa di coscienza e la libera realizzazione di sé, indipendente da modelli e condizionamenti esteriori. Il Gruppo Donne USS sarà presente alla manifestazione unitaria, che sostiene con convinzione.
Françoise Gehring
Appello Otto marzo:
Io l’8 ogni giorno
Le denunce di molte attrici del cinema americano contro le molestie subite, come anche alcuni episodi avvenuti recentemente a livello locale, hanno fatto tornare alle luci della cronaca la questione dell’autodeterminazione di noi donne e della violenza che subiamo in moltissimi ambiti della nostra vita. Spesso siamo vittime di violenza proprio nei luoghi nei quali dovremmo sentirci più protette: la famiglia, le relazioni di coppia o anche la scuola e il luogo di lavoro. Sono luoghi che dovrebbero basarsi su relazioni di rispetto e di fiducia, ma nei quali spesso prevalgono rapporti di potere e relazioni basate sullo sfruttamento e la discriminazione che ci mettono in una situazione di vulnerabilità (...). In Ticino ogni giorno si segnalano alla polizia 3 casi di violenza domestica. L’aumento delle forme più gravi delle violenze e della loro efferatezza da partner ed ex ci induce a pensare che ciò possa essere una risposta proprio alla nostra maggiore consapevolezza. È il caso dei molti episodi di femminicidio, la cui causa scatenante è la volontà messa in pratica o solo enunciata della donna di voler interrompere la relazione violenta o semplicemente la relazione. Donne uccise per il fatto di essere donne, donne che si ribellano e vogliono sottrarsi all’autorità maschile, donne «colpevoli» di voler affermare la propria libertà.
I media continuano a veicolare un immaginario femminile stereotipato: vittimismo e spettacolo, neanche una narrazione coerente con le vite reali delle donne. La formazione nelle scuole e nelle università sulle tematiche di genere è ignorata o fortemente ostacolata. Dalla «giustizia»subiamo l’umiliazione di essere continuamente messe in discussione e di non essere credute, burocrazia e tempi d’attesa ci fanno pentire di aver denunciato. Quante volte abbiamo sentito dire: «l’uomo è cacciatore e la donna è preda», «guarda quella come va in giro, poi si lamenta se la stuprano»? Quante volte abbiamo sentito dire «se l’è cercata»? Quanti commenti odiosi siamo costrette ad ascoltare davanti ad ogni gonna corta, ad ogni maglietta scollata, ad ogni donna che rivendica il suo diritto di vivere la propria vita e la propria sessualità come meglio crede?
Ma la violenza si esprime anche in altre forme. Ancora oggi nel mondo del lavoro noi donne svolgiamo generalmente lavori meno qualificati, abbiamo salari più bassi degli uomini e più spesso contratti a tempo parziale, su chiamata o contratti atipici. Il lavoro part-time riguarda soprattutto le donne e non sempre si tratta di una scelta che permette di conciliare lavoro e famiglia (...). Inoltre, malgrado siamo maggiormente presenti sul mercato del lavoro, spetta sempre a noi svolgere la stragrande maggioranza del lavoro di cura e domestico non riconosciuto. Con un carico di lavoro che diventa eccessivo e molto logorante (...).
La nostra libertà è sempre più sotto attacco, qualsiasi scelta è continuamente giudicata e ostacolata. È merito del movimento politico delle donne se oggi si parla diffusamente di violenza maschile contro le donne, di discriminazione nel mercato del lavoro, di autodeterminazione e possibilità di decidere della nostra vita (...). Cominciando a fare del prossimo 8 marzo una giornata di lotta e di mobilitazione.
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