Multinazionali responsabili
Un sì alla giustizia
Per multinazionali responsabili, rispettose dei diritti degli esseri umani e dell’ambiente. Ecco in sintesi quanto chiede l’«Iniziativa multinazionali responsabili» in votazione il 29 novembre. Ne parliamo con il copresidente del Comitato d’iniziativa Dick Marty, già consigliere agli Stati, consigliere di Stato del Cantone Ticino e procuratore pubblico. Uomo di principi, Dick Marty si spende senza riserve per questa causa. Come il portatore d’acqua nei terreni più aridi.
L’iniziativa chiede in fondo una cosa molto semplice: ognuno deve rispondere delle proprie azioni.
Dick Marty: Certo, in una società civilizzata ognuno deve rispondere delle proprie azioni. Si tratta di un principio elementare e basilare di qualsiasi struttura sociale. Ed è un elemento essenziale per la convivenza. Non possiamo accettare che multinazionali con sede in Svizzera chiudano gli occhi di fronte a violazioni dei diritti umani o gravi infrazioni delle norme ambientali internazionali. L’Iniziativa chiede di applicare anche in questi casi un principio del nostro Stato di diritto: chi causa un danno, deve risponderne. Per far sì che le imprese rispettino la nuova legislazione, future violazioni avranno delle conseguenze giuridiche a livello civile. Le imprese dovranno quindi rispondere delle violazioni dei diritti umani e delle norme internazionali ambientali messe in atto dalle proprie società affiliate. Non sono però toccati fornitori e subappaltatori sui quali le multinazionali non esercitano un controllo.
Ma quando ci sono enormi interessi economici in gioco, le dinamiche legate ai profitti sono altre...
In effetti oggi ci sono interessi economici particolari, convinti che conti unicamente l’equilibrio del potere fondato sul rapporto di forza. La globalizzazione ha favorito la creazione e la diffusione di giganti economici internazionali che non hanno più alcun legame reale con un solo Paese; insomma, non conoscono confini. Il loro potere finanziario e la loro capacità di influenza sono spesso maggiori di quelli di molti Stati, anche importanti.
Hanno quindi molta libertà di azione?
Gli azionisti di questi colossi multinazionali sono di regola anonimi e si nascondono dietro fondi di investimento speculativi, il cui obiettivo è quello di massimizzare il profitto. Attive soprattutto nel campo delle materie prime, questa multinazionali operano spesso in Paesi virtualmente ricchissimi, ma che in realtà sono molto fragili, divorati dalla povertà, dalla corruzione e dalla violenza. Si tratta inoltre di Stati che non hanno un potere giudiziario veramente indipendente e quindi non sono in grado di proteggere i cittadini e le cittadine. Di fronte a tali entità nazionali, le multinazionali sono quindi molto più potenti.
Uno degli argomenti degli avversari riguarda una possibile ondata di cause giuridiche.
Il meccanismo giuridico chiesto dall’Iniziativa non porterebbe a un’ondata di cause giuridiche o a un’inversione dell’onere della prova, come sostenuto dai contrari. La persona che subisce un danno dovrebbe provare di aver subito un danno, l’illegalità delle azioni che hanno causato tale danno e il nesso di causalità tra danno e azione. Solo allora, se la multinazionale coinvolta non ha adoperato misure adeguate a prevenire tale danno, essa è ritenuta colpevole e dovrebbe pagare un risarcimento alla vittima. Se manca anche solo uno di questi elementi, la causa viene respinta. L’effetto dell’Iniziativa per multinazionali responsabili è quindi anche soprattutto preventivo: le multinazionali con sede in Svizzera non potranno più chiudere gli occhi di fronte a violazioni dei diritti umani o gravi infrazioni delle norme ambientali internazionali, ma dovranno agire in maniera preventiva per evitare danni alle persone e all’ambiente.
Ma le vittime, spesso poverissime, come possono affrontare una causa giuridica, che potrebbe risultare anche molto onerosa?
Le Organizzazioni non governative sono pronte a sostenere le popolazioni o le persone vittime di violazioni, come del resto fatto finora. Non saranno lasciate sole. Né oggi, né domani. Se una multinazionale si arricchisce sfruttando il lavoro minorile, o inquinando i fiumi indispensabili per il sostentamento di intere comunità, deve essere chiamata ad assumersene la responsabilità e rispondere delle proprie azioni. Le persone colpite hanno pochissime chance di ottenere un indennizzo, per questo dobbiamo dare loro la possibilità di accedere a un tribunale civile in Svizzera.
Possiamo immaginare che le multinazionali e le loro lobby non staranno con le mani in mano...
Ovviamente no. Si stanno muovendo intensamente per contrastare l’iniziativa. A temere l’iniziativa - e ne abbiamo già la dimostrazione - spiccano alcune multinazionali i cui nomi legati a diversi scandali ricorrono: Glencore, Syngenta, Lafarge-Holcim. Questi colossi internazionali temono l’iniziativa perché da anni nel proprio modo di lavorare all’estero, in paesi fragili, hanno dimostrato di sentirsi al di sopra della legge, di ritenere di poter causare danni ambientali e/o alla salute della popolazione locale rimanendo impunite. Per loro le misure volontarie non bastano. Proprio per mettere fine al loro comportamento spregiudicato, dobbiamo tutti votare si all’iniziativa. Perché le imprese non si devono limitare ad incassare i profitti, chiudendo gli occhi sulle violazioni e sulle distruzioni causate dal loro operato: devono rispondere delle proprie azioni. La Francia, ad esempio, ha già introdotto una legge simile come quella chiesta dall’Iniziativa; mentre in Gran Bretagna, Canada e nei Paesi Bassi già oggi persone che hanno subito un danno possono chiedere un risarcimento davanti a un tribunale. A livello dell’UE dovrebbe entrare in vigore nel 2021 una nuova legislazione che stipula la responsabilità civile come rivendica l’Iniziativa. La Svizzera non può restare fanalino di coda!
Françoise Gehring
130
L’ampia coalizione a sostegno dell’iniziativa conta 130 associazioni, ONG, Chiese, sindacati, organizzazioni attive nell’aiuto allo sviluppo, nella protezione dell’ambiente, nella promozione dei diritti delle donne e dei diritti umani. Attivi anche 3 comitati di sostegno di imprenditori e esponenti politici di tutti gli orientamenti.