contatto.sev ha incontrato il nuovo presidente dell’Iniziativa delle Alpi

Dobbiamo esportare l’iniziativa delle Alpi

Dallo scorso maggio, l’associazione dell’iniziativa delle Alpi ha un nuovo presidente, il grigionese Jon Pult. A soli 30 anni, ha già una brillante carriera politica e idee molto chiare.

La politica dei trasporti è un tema di scottante attualità: Jon Pult al falò nelle Alpi del 2012 al castello di Mesocco.

contatto.sev: Jon Pult, da dove viene questo tuo interesse per la politica?

Ho sempre avuto molto interesse per tutto quanto riguarda la storia, la società e la politica. Quando avevo 20 anni, due amici hanno fondato la gioventù socialista del cantone dei Grigioni, alla quale ho aderito, inizialmente più per simpatia e solidarietà nei loro confronti. Poi la cosa mi ha preso e sono dapprima stato eletto nel consiglio comunale di Coira, poi presidente del partito socialista cantonale, infine in Gran Consiglio e da quest’anno presidente dell’Iniziativa delle Alpi.

Una carriera rapidissima...

Non mi sento però di avere meriti particolari. A Coira, la sinistra è una componente minoritaria, ma comunque molto forte e nel nostro partito ed elettorato vi è sempre molta benevolenza nei confronti di un giovane. Ciò mi ha senza dubbio facilitato. L’impegno più grande e più stimolante è stato invece guadagnarmi stima ed autorevolezza nelle istituzioni in cui sono stato eletto.

E come sei giunto all’Iniziativa delle Alpi?

È un tema che mi ha sempre interessato: uno dei miei primi ricordi della politica svizzera riguarda l’edizione della trasmissione «Arena» della televisione svizzera tedesca sull’iniziativa, che era stata sostenuta da Andrea Hämmerle e dal Landamano di Uri Hansruedi Stadler contro il Consigliere federale Adolf Ogi. Avevo dieci anni, ma questo dibattito mi ha appassionato e da allora seguo tutta la politica legata ai trasporti e alle infrastrutture. Ho quindi aderito anche all’Iniziativa delle Alpi e sono entrato in comitato.

Ora ne sei persino il presidente...

È stato Fabio Pedrina a chiedermi se volevo succedergli. Il fatto di avere un presidente proveniente da un cantone alpino giova alla credibilità dell’associazione e questa sfida mi ha attirato.

Come Grigionese potresti avere un’ottica particolare del traffico di transito.

Va detto che, pur in misura minore rispetto al Ticino e a Uri, il traffico di transito è un problema anche per i Grigioni. Lo constato quando parlo con gli abitanti dei comuni lungo l’asse del San Bernardino. È vero che il dibattito sul raddoppio del San Gottardo ci pone in una situazione complicata, per la paura che, durante la chiusura del Gottardo per i lavori di risanamento, il traffico venga deviato sulla A 13. Ma proprio per questo è importante battersi, anche da Grigionesi. Dobbiamo ricordare alla popolazione l’idea fondamentale dell’articolo costituzionale sulla protezione delle Alpi: ridurre il traffico pesante di transito su tutti gli assi alpini, quindi anche sul San Bernardino. Sono anche convinto che l’iniziativa delle Alpi dovrebbe essere un prodotto da esportare nelle altre nazioni alpine, che sono confrontate con i medesimi problemi.

Questo tema è di stretta attualità. Come va la raccolta delle firme contro il raddoppio del Gottardo?

Molto bene. Abbiamo superato le 40 000 firme e sono fiducioso che entro le feste avremo le 60 000 che ci occorrono per depositare con tranquillità il nostro referendum.

I fautori del raddoppio puntano molto sul tema della sicurezza, rilanciato anche dallo scontro frontale del 16 novembre tra un autobus e un camper. Cosa rispondi?

La seconda canna non aumenterà la sicurezza dell’asse del Gottardo. Non bisogna farsi illusioni. Una volta completate le due gallerie, vi saranno pressioni tali che verranno aperte le quattro corsie, con un conseguente aumento del traffico, in particolare di quello pesante e quindi dei pericoli su tutto l’asse. La vera soluzione per rendere l’asse del San Gottardo più sicuro è il trasferimento del traffico pesante su ferrovia. Ma anche sulla galleria stessa si possono fare altre considerazioni.

Quali?

A prima vista, il raddoppio e la separazione fisica delle corsie di marcia appaiono una soluzione tranquillizzante. Dobbiamo però considerare che verrà realizzata solo verso il 2030, quando ormai quasi tutti i veicoli saranno dotati degli strumenti che permettono di evitare le collisioni frontali, che vengono montati già oggi sulle auto nuove. Risanare la galleria attuale senza attendere la realizzazione dell’altra permetterebbe invece di dotarla di accorgimenti tecnici, come le barriere abbassabili, in grado di garantire maggior sicurezza in tempi più stretti. Per me è veramente una questione fondamentale: invece di aumentare le capacità, dobbiamo migliorare la sicurezza delle infrastrutture esistenti.

Risanare la galleria autostradale senza raddoppio presuppone però di disporre della capacità necessaria per trasferire il traffico, compresi i terminali di trasbordo e ciò pone alcuni problemi.

Sono certo della possibilità di trovare soluzioni praticabili per i terminali. Del resto, la Confederazione ha deciso anche di sostenere la realizzazione di un terminal a nord di Milano. Questa è la via giusta da percorrere, poiché rappresenta una soluzione a lungo termine al problema dei trasporti. Il risanamento della galleria del Gottardo deve essere utilizzato anche in questo senso.

Puoi spiegarti meglio?

Questo periodo di chiusura della galleria deve servire per imporre la politica di trasferimento, che potrà beneficiare, con AlpTransit, anche della linea di base del Gottardo.

Ma non pensi che la maggior produttività delle ferrovie, realizzata anche grazie ad AlpTransit, potrebbe bastare per implementare la politica di trasferimento?

In questa valutazione, dobbiamo considerare le difficoltà che questa politica ha conosciuto, derivanti dall’espansione del trasporto stradale. Invertire la rotta, sulla base di considerazioni di sostenibilità, resta dunque difficile. Una decisione di ampliare le infrastrutture autostradali al San Gottardo verrebbe quindi inevitabilmente interpretato come un allentamento della politica svizzera di trasferimento, che il popolo ha sempre voluto. A livello internazionale sarebbe un segnale molto negativo ed è per questo che l’Iniziativa delle Alpi e tutti i suoi alleati si battono contro il raddoppio.

Cambiando argomento, quali sono le tue ambizioni politiche?

Sono stato candidato al Consiglio nazionale e siamo arrivati vicini ad un secondo seggio socialista grigionese, che sarebbe spettato a me. Penso di ricandidarmi l’anno prossimo, ma la situazione rimane difficile. Anche se mi piacerebbe essere un giorno al Parlamento nazionale, sono soddisfatto degli incarichi che ho attualmente in cantone, come presidente di partito e dell’Iniziativa delle Alpi. La priorità di quest’ultima è certamente il referendum, ma in seguito si tratterà di riflettere sulle possibilità di portare avanti la nostra visione della politica dei trasporti a livello nazionale e internazionale.

Proprio a livello internazionale, sembrerebbe che il rilancio del trasporto ferroviario debba passare dalla sua liberalizzazione e deregolamentazione. Una tendenza che ci preoccupa, se consideriamo poi quanto è avvenuto su strada.

È una preoccupazione reale e giustificata. La prossima battaglia politica, che si preannuncia durissima, è quella sulla legge sul trasporto merci, che vuole andare in questa direzione, che giudico pericolosa per una concezione globale e sostenibile dei trasporti, oltre che per le condizioni di lavoro. L’Iniziativa delle Alpi ha sempre sostenuto una politica dei trasporti che, oltre a coniugare l’efficienza economica a quella aziendale, sia corretta anche dal punto di vista delle condizioni di lavoro, evitando ogni situazione di dumping.

Come opporsi a questa spirale al ribasso dei prezzi di trasporto?

Vi sono tendenze che devono preoccuparci, anche nel trasporto viaggiatori in Europa: l’aereo diventa sempre più economico e si sta affermando il trasporto per bus, a scapito della mobilità in treno che dal punto di vista ambientale, e probabilmente anche da quello sociale, è quella migliore. In politica, si deve sempre tentare di indirizzare le cose nella giusta direzione e penso che tutte le forze ambientaliste e sociali dovrebbero congiungere i loro sforzi per riorientare nei prossimi anni la mobilità secondo altri parametri. E ciò al di là dei confini del nostro paese.

Intanto però, come hai detto, i collegamenti con i bus dilagano e fanno concorrenza proprio alle ferrovie.

A prima vista sembrerebbe un’evoluzione favorevole ai consumatori, ma basta analizzare un momento il fenomeno per capire che è basato su di una concorrenza al ribasso e, alla lunga, sul dumping e che quindi è un problema.

Vi è però chi vorrebbe servizi simili anche in Svizzera.

Non penso che avrebbero molto successo. Gli investimenti nelle infrastrutture e la qualità dei servizi ci mettono a disposizione una rete efficiente molto sviluppata. Vi è poi un aspetto culturale importante: la maggior parte delle Svizzere e degli Svizzeri preferisce viaggiare in treno.

È una situazione che dobbiamo difendere, sviluppando incentivi che aiutino la ferrovia e non questi sistemi di bus. Il trasporto pubblico è un servizio pubblico e tale deve rimanere.

Pietro Gianolli