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Intervista

Dimostreremo che la ferrovia ha sufficienti capacità

Lo scorso 9 maggio, l’associazione dell’iniziativa delle Alpi ha festeggiato i suoi 20 anni (vedi contatto.sev no. 10). Tuttavia, a 15 anni dal voto popolare, l’articolo costituzionale per la protezione delle Alpi non è ancora concretizzato. Abbiamo fatto il punto della situazione con Alf Arnold, attivista di lunga data e grande esperienza.

contatto.sev: Alf Arnold, vent’anni fa è stata costituita l’associazione dell’iniziativa delle Alpi e 15 anni fa, il 20 febbraio 1994, il popolo ha sancito una storica vittoria elettorale.

L’associazione deve però continuare la sua attività. Perchè?

Alf Arnold: Per noi è fondamentale che quanto deciso venga anche applicato. L’approvazione, lo scorso mese di dicembre, della legge sul trasferimento del traffico merci (LTrasf), anche se non ancora in vigore, ha sancito per noi l’inizio di una nuova fase, che ha come obiettivo centrale la realizzazione della borsa dei transiti alpini.

Inoltre, assistiamo alla riapparizione ad intervalli regolari dello spettro del raddoppio della galleria del Gottardo, contro il quale ci siamo sempre battuti. Adesso, si sostiene che il raddoppio sia necessario per far fronte al risanamento della prima galleria. Noi intendiamo dimostrare che, con l’apertura della galleria di base, le capacità della ferrovia saranno sufficienti per assorbire tutto il traffico della galleria stradale durante il semestre invernale, senza pregiudicare il trasporto a lunga distanza e il trasferimento delle merci su ferrovia. Basta predisporre una possibilità di carico degli autocarri, per esempio tra Biasca ed Erstfeld e una per la auto tra Göschenen e Airolo. Il raddoppio della galleria autostradale non è necessario.

Ma la riduzione a 650'000 transiti di mezzi pesanti all’anno, previsto dalla LTrasf entro il 2019 è possibile?

Certo! Sia dal punto di vista tecnico, sia da quello delle capacità, a condizione che si realizzi la borsa dei transiti alpini. Quel che conta è l’effettiva volontà politica di trasferire il traffico su ferrovia. Il Parlamento ha rinviato la palla al Consiglio federale, incaricandolo di accordarsi con le nazioni circostanti. Mi sembra che la questione proceda bene, anche se con estrema lentezza. Dal 2001, abbiamo invertito la tendenza alla crescita del trasporto merci. Se ciò non fosse avvenuto, adesso avremmo oltre 1,6 milioni di transiti di mezzi pesanti, invece degli attuali 1,275.

Mi interesso però anche del traffico viaggiatori. Il divieto di ampliamento delle strade di transito attraverso le regioni alpine ha posto un freno alla crescita. Dal 2001, il traffico al Gottardo si è attestato sui 6 milioni di transiti, bus e autocarri compresi, con una tendenza in lieve calo.

Quali sono gli obiettivi intermedi che la vostra associazione si è prefissa?

Gli obiettivi intermedi sono stati posti dal Parlamento stesso: nel 2011 dovremmo scendere sotto al milione di transiti di mezzi pesanti attraverso le Alpi. Un obiettivo difficile da raggiungere, nonostante la crisi, senza provvedimenti mirati.

BIO

Alf Arnold, 59 anni, è sposato e padre di due bambini di 10 e 13 anni. Vive e lavora ad Altdorf e, tiene a precisare, non possiede auto. È invece titolare di un abbonamento generale. Ha una formazione di bibliotecario e documentarista per la stampa, ma si è interessato sin dalla gioventù alla politica dei trasporti, quando in canton Uri si è trovato confrontato con la costruzione dell’autostrada attraverso il suo territorio. Si è occupato di politica energetica, lavorando poi per l’ATA. È un’attivista della prima ora dell’iniziativa delle Alpi, pur non facendo parte, per ragioni diplomatiche, del comitato promotore, ma ha assunto la direzione dell’associazione un anno dopo l’approvazione dell’Iniziativa. È deputato per i Verdi al Gran Consiglio.

Come vedi la suddivisione dei compiti tra l’Iniziativa delle Alpi, le altre associazioni e lo Stato?

Il Consigliere federale Leuenberger ci ha definito "il pungolo della politica svizzera dei trasporti". Questo è il nostro compito principale: dobbiamo rimanere un’entità scomoda, che richiama costantemente la Politica ai propri compiti. A livello internazionale, dobbiamo svolgere un’attività di Lobby in favore della borsa dei transiti alpini e propagandare questa idea, che comincia ad affiorare sempre più spesso anche nei documenti ufficiali.

È bello constatare che riusciamo a stabilire sempre nuove relazioni con diversi servizi di diverse nazioni. Attualmente, ci sforziamo anche di impedire l’ammissione dei mega-autocarri da 60 tonnellate in Europa e in Svizzera e su questo tema, com’è quasi sempre il caso, collaboriamo strettamente con altre organizzazioni, in particolare l’ATA e il SEV.

La politica svolge i suoi compiti?

Secondo noi, no ed è per questo che dobbiamo continuare ad insistere. La sua lentezza è in parte motivata, ma se non vi è nessuno a spingere e a pungolare, vi è il pericolo che non si faccia più alcun progresso.

Tuttavia, la politica svizzera gode di buona reputazione all’estero, soprattutto grazie alla politica di trasferimento e ai relativi strumenti, quali la TTPCP o le NTFA, che potrebbe essere ulteriormente migliorata, grazie alla borsa sui transiti alpini. La Svizzera ha fatto da esempio, ma dobbiamo evitare che faccia marcia indietro. L’ideale sarebbe che Austria, Francia, Italia e Svizzera introducessero assieme la borsa sui transiti alpini. Vogliamo infatti evitare che il traffico pesante venga semplicemente deviato dal Gottardo al Brennero ma ottenere che sia trasferito su ferrovia. Se non sarà possibile coordinare l’azione delle nazioni alpine, la Svizzera dovrà fungere ancora una volta da rompighiaccio.

Qual’è la tua visione per il 2029, quando l’associazione compirà 40 anni?

In teoria, volevamo sciogliere l’associazione dopo la votazione, ma ci siamo resi conto che rimaneva necessaria. Adesso è difficile valutare sino a quando dovremo continuare a esercitare la pressione e in quale misura altri fattori, come la carenza di petrolio e il surriscaldamento del clima, incideranno sulla necessità di trasferire il traffico. Solo una cosa è sicura: tra 20 anni, io e molti altri fondatori non ci saremo più.

Peter Anliker / Gi