Digitalizzazione

C’è ancora un pilota a bordo?

Questo il titolo del simposio organizzato lo scorso 17 novembre a Yverdon da OuestRail, la lobby ferroviaria della Svizzera occidentale. Mentre numerose città romande sperimentano le navette automatizzate, la domanda sorge spontanea. In che modo i servizi pubblici devono posizionarsi di fronte a questi cambiamenti? In che modo la politica deve inquadrare questo dibattito? La discussione è stata ricca. La digitalizzazione ha anche tenuto banco alle giornate SEV-VPT: vedi la conferenza di Barbara Spalinger nel riquadro. Che ne sarà dei conducenti o dei macchinisti del futuro? Marjan Klatt, della LPV, punta i riflettori sulla sua professione. Intervista nel riquadro.

Digitalizzazione: il futuro è adesso. La navetta in fase di sperimentazione a Marly FR.

«Che ne è dell’occupazione con questo sviluppo di veicoli senza conducente? Ci saranno ancora persone da trasportare se la maggior parte dei lavori verrà sostituita da algoritmi e robot»? La domanda vera, quella che pone sul tavolo le questioni che scottano è giunta solo alla fine del simposio, quando un giornalista sindacale ha preso l’iniziativa. «È una domanda molto buona», ha risposto dal palco François Gatabin, ex sindacalista e attualmente direttore presso MBC, il trasporto della regione di Morges, Bière e Cossonay. «Ma non ho risposte, se non che le navette autonome non sostituiscono i servizi esistenti».

La socialista Géraldine Savary, membro della Commissione Trasporti degli Stati, è stata l’unica oratrice a preoccuparsi di questo problema, indicando in particolare le contraddizioni del discorso della Posta, che sviluppa queste navette a Sion, per esempio, mentre diserta i centri urbani chiudendo gli uffici postali.

Veicolo elettrico, autonomo e mutualizzato?

Da poco più di un anno, nella Svizzera romanda e a Zugo si stanno svolgendo diverse esperienze con navette automatizzate senza conducente. Questo simposio è stato quindi il momento ideale per trarre le prime lezioni da questi test. L’Ufficio federale delle strade (USTRA) dovrebbe prendere presto posizione sul prolungamento o meno di queste prove. Tra promesse e delusioni della tecnologia, l’impressione è che il futuro dei trasporti si sta scrivendo ora, nella stessa misura in cui si stanno preparando grande trasformazioni. Per Pierre Dessemontet, municipale e geografo di Yverdon, una delle rivoluzioni che stiamo vivendo è questo «passaggio da una mobilità in gran parte basata su petrolio e gas a una mobilità basata sul mezzo elettrico. Stiamo forse passando da un veicolo a benzina di proprietà di una persona che lo guida a un veicolo condiviso e che si guida da solo, il che avrà un impatto sullo sviluppo del territorio e delle nostre strade».

 

Quale regolamentazione pubblica?

Digitalizzazione: il futuro è adesso.

Ingegnere al Politecnico federale di Losanna, Emmanuel Ravalet si è chinato sul legame tra la fornitura di veicoli autonomi - che sono individuali o condivisi – e l’offerta di servizi pubblici. Mentre la complementarità è del tutto immaginabile, la sua esperienza a Grenoble ha dimostrato che questa articolazione non è sempre così semplice. E si interroga: «Quale governance dovrebbe essere messa in atto»? Per Markus Riderer dell’USTRA, non possiamo ancora parlare di un veicolo autonomo, ma automatizzato. Infatti, anche se l’Internet degli oggetti consentirà ai veicoli lo scambio e lo sfruttamento collettivo dei dati, non siamo ancora arrivati a questo punto. Se la promessa di condividere automobili è quella di una riduzione del parco auto, si pongono tuttora molti problemi di natura etica e di proprietà dei dati. Géraldine Savary ha anche posto l’accento sul posizionamento della politica: accompagnare questi test, analizzare gli impatti sull’occupazione, la pianificazione del territorio e assicurare una gestione coordinata e coerente.

Fasi test a Sion e Marly

Tre relatori hanno condiviso le loro esperienze relative all’introduzione di navette automatizzate. Da giugno 2016, 31 mila passeggeri hanno utilizzato una delle due navette automatiche della Posta che operano nella città di Sion. Philippe Cina, di AutoPostale, ha ricordato che questo progetto è figlio di «un lungo cammino permesso da autorità aperte, ciò che non è sempre il caso in altri paesi circostanti». Si è compiaciuto di ricordare che il percorso scelto a Sion è «il più complesso del mondo». Tuttavia qualche lacuna c’è ancora: basta un’auto mal parcheggiata, l’arrivo inaspettato della neve, le glicini che crescono ed ecco che la navetta si blocca. Un impiegato deve quindi intervenire perché la navetta non può aggirare un ostacolo da sola. Capire una luce verde o un gesto della mano, rimane difficile per la navetta. Secondo lui va bene «per piccole distanze, per luoghi non serviti dai mezzi pubblici e di difficile accesso in auto». Sostituire le linee esistenti è fuori discussione. Laura Andres, capa progetto ai TPF, ha raccontato il lungo processo di apprendimento per certificare e mettere in circolazione una navetta di questo tipo a Marly (FR): «Ci sono imprevisti ogni giorno, come un ponte di metallo che ha perturbato il sistema elettronico causando una frenata prematura».

Come a Sion, l’idea è di sviluppare un servizio su richiesta dove si effettua un ordine con un’applicazione. Per François Gatabin, che introdurrà una navetta del genere nella città vecchia di Cossonay, si tratta di «ripensare il ruolo delle aziende di trasporto pubblico entro il 2030-2045, perché l’evoluzione corre molto rapidamente. Si tratta di pensare alla mobilità e al servizio connessi tra loro e dare un’alternativa al veicolo autonomo privato».

Intanto altri progetti stanno emergendo. A Ginevra, i TPG hanno anche acquistato il «loro» minibus automatizzato per Meyrin. Ma in stazione arrivano anche treni autonomi. La compagnia Südostbahn (SOB) si prepara infatti a lanciare nel 2020 un esperimento pilota con una composizione automatica su un trattato di 20 chilometri nel Toggenburgo sangallese. Una richiesta di autorizzazione e finanziamento è già stata inviata all’Ufficio federale dei trasporti. Ad Amsterdam, una barca senza pilota – Roboat - è attualmente in fase di test.

E la dimensione umana?

Se i dibattiti sono stati ricchi, è mancata la riflessione attorno all’impatto sull’occupazione di questi sconvolgimenti tecnologici. Questa mancanza mostra l’urgenza di una forte risposta sindacale su questi temi. Se l’orizzonte è, come diceva la filosofa Hannah Arendt «una società di lavoratori senza lavoro, non possiamo immaginare niente di peggio». Imporre limiti ai sistemi automatici e mettere le persone e non la tecnologia al primo posto. Questa è la sfida futura.

Yves Sancey

Dapprima solo automazioni parziali

Marian D. Klatt

Nel rapporto messo in consultazione sulla fase di ampliamento dell’infrastruttura ferroviaria fino al 2035, il Consiglio federale scrive che si devono sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie per l’automazione dell’esercizio. Ne abbiamo parlato con il macchinista Marjan Klatt.

contatto.sev: Nel rapporto sul potenziamento della ferrovia fino al 2035, il Consiglio federale caldeggia lo «sfruttamento del potenziale nell’ambito dell’esercizio completamente automatizzato». Devi temere di perdere il tuo posto di lavoro?

Marjan Klatt: Non credo che nei quasi 15 anni che dovrò ancora lavorare verrò estromesso dalla locomotiva. Con l’odierno modello di servizio misto delle FFS, far circolare i treni senza conducente richiederà l’impiego di sistemi altamente complessi, il cui sviluppo è tutt’altro che vicino. Questo anche perché nel sistema ferrovia tutto dev’essere tecnicamente coordinato e sicuro, prima di potersene servire. Nel medio termine trovo più realistiche le automazioni parziali.

Che cosa significa in concreto?

Su alcuni elettrotreni moderni, ad esempio, già oggi le prove dei freni sono effettuate automaticamente. Un altro importante ausilio digitale per noi è il LEA (assistente elettronico del macchinista). Sono strumenti destinati ad evolversi, al pari delle istruzioni per eliminare le perturbazioni o i dispositivi di assistenza alla guida. In futuro l’attivazione e l’autotest dei treni avverranno autonomamente, riducendo i processi e il tempo per la messa in servizio. Se però un giorno dovessimo svolgere queste attività «manualmente», perché al nostro arrivo il sistema segnala un guasto, il treno potrebbe anche non essere pronto entro l’orario di partenza. Posso anche immaginarmi che in avvenire un treno si avvii da solo verso un impianto di lavaggio o di manutenzione, ma prima che questo avvenga effettivamente senza conducente dovrà passare ancora molta acqua sotto i ponti.

Nel rapporto citato, si afferma che l’esercizio senza conducente sulla rete FFS «aperta» è più difficile da realizzare di un sistema isolato, come la Metro M2 a Losanna…

Noi abbiamo un servizio misto, con treni merci, regionali e a lunga percorrenza, tante imprese ferroviarie e i più disparati tipi di veicoli motore, dai più moderni a quelli con oltre 40 anni di vita nelle ruote. Un sistema aperto non è semplicemente una galleria con stazioni nelle quali si entra, le porte si aprono e si chiudono e si può ripartire. Anche qui, per un esercizio sicuro e senza conducente occorrono determinate esigenze tecniche – non da ultimo per tenere conto del comportamento umano. Ma l’automazione del servizio misto è molto più complessa. Non dimentichiamo poi il fattore tempo: sulla rete celere a Zurigo oggi si circola con tempi di successione dei treni di 40 secondi. Il processo di entrata, di scambio dei viaggiatori e di partenza va compiuto molto più rapidamente degli attuali sistemi senza conducente, dove i treni entrano relativamente adagio, poiché si può prevedere solo difficilmente l’interazione ruota-rotaia e si deve presupporre il caso peggiore. Inoltre servirà ancora la presenza di personale, che possa intervenire in caso di perturbazione, e per questo va garantita una solida formazione. Dunque, non credo che noi macchinisti dobbiamo temere per il nostro futuro. Dovremo però seguire da vicino gli sviluppi e perfezionarci in modo corrispondente.

Dato che in caso di guasto ad un sistema ci vuole subito qualcuno sul posto, vien da chiedersi se non sia meglio lasciare sui treni il personale, utilizzabile anche per il servizio alla clientela.

Un simile cambiamento di mentalità era intervenuto effettivamente alla Docklands Light Railway di Londra, dove i treni, dopo l’apertura nel 1987, circolavano senza conducente in un sistema chiuso. Poi, con la continua espansione della rete, gli interventi per eliminare le perturbazioni duravano sempre troppo. Oggi i treni sono di nuovo accompagnati da personale, che sorveglia la salita e discesa dei viaggiatori, provvede a licenziare il treno e all’occorrenza può mettersi anche alla guida.

Ci sarà dunque una fusione dei profili professionali del personale di locomotiva e del treno?

Non ci arriveremo così presto, perché per intanto ci vorrà ancora un macchinista in testa al treno. E al personale treno sarà affidata l’assistenza dei viaggiatori durante la corsa. Simili mansioni potranno

essere assunte dai macchinisti solo quando i sistemi di supporto alla guida saranno tanto evoluti da permettere di abbandonare la c

Il SEV chiede ai datori di lavoro di coinvolgere il personale nei progetti di digitalizzazione. Questo avviene già alle FFS?

Oggi a livello di Gruppo sono in corso vari progetti, per esempio «Fit for Future», una campagna di formazione volta a preparare il personale all’avvento della digitalizzazione. «Smart Rail» guarda invece in maggior misura alle sfide tecnologiche. Di recente su questo tema vi è stato uno scambio di idee fra il CEO e il personale di locomotiva. Andreas Meyer e il capo del settore HR Markus Jordi hanno promesso di coinvolgere i lavoratori. Li giudicheremo in base alle loro affermazioni.

Che cosa si attende la LPV in rapporto con la formazione?

Al momento alle FFS capita spesso che di un nuovo sistema, al personale di locomotiva venga data solo una infarinatura: poche spiegazioni ... e poi le cose non funzionano, perché fuori, in esercizio effettivo, devono sapere cosa fare, altrimenti si accumulano i ritardi. Perciò chiediamo con forza all’ azienda che ci trasmetta in maniera fondata le necessarie competenze, investendo tutto il tempo che occorre.

Markus Fischer

BIO:

Marjan David Klatt (51) dopo il tirocinio e cinque anni e mezzo di attività nel ramo ferramenta, fra il 1990 e il 1992 ha intrapreso la formazione di macchinista alle FFS. Presto alla guida dei treni sono seguite altre funzioni, come la valutazione di sistemi tecnici o l’esecuzione di corse di prova con l’ETCS. Oggi lavora al 50% al deposito di Lucerna e per il resto all’Helpdesk Personale di locomotiva a Berna. È diventato presidente della sezione LPV Lucerna, ha rivestito diverse cariche per la sottofederazione LPV e oggi è coordinatore per il traffico viaggiatori e vicepresidente centrale.

Coniugato e padre di due bambini (14 e 11), Marjan Klatt vive a Emmen. Della professione di macchinista ama la possibilità di guidare i treni ma anche l’autonomia, la complessità del sistema ferrovia, il contatto con la clientela e «in parte il lavoro a turni irregolari, che presenta anche i suoi vantaggi».

 

«La digitalizzazione richiede condizioni quadro»

Barbara Spalinger: «Non vogliamo che simili piattaforme - dalla concorrenza sleale - vengano in Svizzera a distruggere il nostro eccellente sistema dei trasporti pubblici.»

Lo scorso 11 novembre a Fiesch, la vicepresidente del SEV Barbara Spalinger è intervenuta alla giornata VPT sul tema: digitalizzazione e conseguenze sul mondo del lavoro.

La quarta rivoluzione industriale combina l’automazione con la comunicazione e la messa in rete via internet e offre quindi nuove possibilità tecniche, ha detto nella sua introduzione Barbara Spalinger. A questa realtà appartengono treni e auto a guida autonoma, che lasciano aperte molte domande. «A Losanna esiste già il metrò, che non ha creato grattacapi tra i nostri membri». Spalinger è stata chiara: «La digitalizzazione non può essere evitata, ma deve essere regolata da condizioni quadro. Non deve tradursi in licenziamenti. Al contrario, il personale deve essere coinvolto nello sviluppo professionale e essere qualificato per i nuovi compiti». Digitalizzazione significa anche che il lavoro non stazionario può essere svolto da qualsiasi altro luogo, come sottolineato da Spalinger. La conseguenza è un’ulteriore trasferimento del lavoro in paesi in cui le condizioni di lavoro e la protezione dei lavoratori sono peggiori. «Ciò mette in discussione le normative nazionali del diritto del lavoro. Chi si preoccupa delle assicurazioni sociali? Per il rispetto dei diritti? Che cosa significa tutto ciò per i sindacati»? Spalinger si è soffermata anche su altre forme di digitalizzazione, come le piattaforme di Uber o di Flixbus. Queste sono piuttosto aziende IT che di trasporto. «Poiché gli autisti o le autiste che forniscono servizi per Flixbus, per esempio, non sono impiegati di Flixbus, ma da aziende locali denominate Flixbus «Partner»›. Flixbus non conosce né questi conducenti, né il loro salario, né la loro assicurazione sociale». Le prestazioni non figurano quindi nei bilanci annuali e l’attività principale non viene resa pubblica. «È un segreto di Pulcinella che Flixbus non ha coperto i costi per mantenere il proprio monopolio in Germania. E ora dove hanno un monopolio, impongono i prezzi».Per Spalinger è chiaro: «Non vogliamo che simili piattaforme dalla concorrenza sleale vengano a distruggere in Svizzera il nostro eccellente sistema di trasporti pubblici. Le società di questo tipo non tassano correttamente i loro profitti e pertanto danneggiano la collettività». Le imposte pagate da Apple, per esempio, sono troppo basse, perché «i suoi prodotti vengono fabbricati in luoghi dove le persone sono tenute come schiave. E se si lascia andare lo sviluppo in questa direzione, la polarizzazione tra ricchi e poveri crescerà ancora di più anche da noi».Alla fine Spalinger ha invitato le aziende a fare in modo che i collaboratori continuino ad avere relazioni sociali ed essere considerati dipendenti di una ditta. Ciò attribuisce dignità al lavoro, mentre l’identificazione nell’ azienda è e resta importante per la qualità del trasporto pubblico.

Markus Fischer