La votazione sull’iniziativa non ha certo posto fine al dibattito sul servizio pubblico
«Vogliamo una ferrovia dal volto umano»
Il responso delle urne è risultato molto più chiaro di quanto ci si aspettasse ed ha seccamente respinto l’iniziativa «a favore del servizio pubblico». Anche il SEV si era impegnato contro questa iniziativa i cui argomenti, come conferma il presidente Giorgio Tuti, restano comunque una priorità del sindacato.
Cos’hai provato quando sono stati comunicati i primi risultati della votazione?
La prima reazione è stata di soddisfazione per il risultato della nostra campagna. È poi seguita una certa sorpresa per la proporzione dei No, che i sondaggi non davano certo così elevata, né per l’iniziativa sul servizio pubblico, né per quella sulla vacca da mungere.
Il SEV si era impegnato a fondo nella campagna di voto e tu, quale presidente, hai sottoscritto una lettera aperta ripresa da diversi giornali. Non tutti i membri avevano capito queste posizioni, anche perché provavano una certa simpatia per l’iniziativa sul servizio pubblico.
Queste simpatie erano il frutto del grande malinteso suscitato dall’iniziativa, alimentato dalle contraddizioni tra quanto affermato dei promotori e quanto era effettivamente indicato nel testo. Dobbiamo quindi ripetere loro, oltre che alle e agli utenti di trasporti e degli altri servizi pubblici, che questa iniziativa non era che un imbroglio. Se un Si all’iniziativa avesse effettivamente permesso di evitare la chiusura di uffici postali o di sportelli ferroviari, l’avremmo senz’altro sostenuta. Ma questo era appunto quanto l’iniziativa non faceva.
Si potrebbe quindi affermare che, anche se l’iniziativa è stata respinta, i problemi rimangono?
Assolutamente sì: da anni critichiamo la «disumanizzazione» del trasporto pubblico. Questa critica si rivolge in particolare alle FFS. Noi ci impegniamo affinché nelle stazioni e sui treni si possa contare sull’assistenza di personale in uniforme, che mette a disposizione della clientela le proprie competenze e conoscenze. Le FFS, da questo orecchio, non hanno mai voluto sentirci. Anche se l’iniziativa non lo affrontava nei dovuti modi, era uno degli aspetti giustamente criticati dai promotori e noi dovremo ora mantenere questa pressione. Noi vogliamo una ferrovia dal volto umano.
Vi era poi la questione dello stipendio di Meyer …
Anche qui: sin dal primo giorno abbiamo detto chiaramente di trovar fuori posto il fatto che Meyer guadagnasse di colpo diverse centinaia di migliaia di franchi in più del suo predecessore. Ci siamo anche schierati in favore dell’iniziativa 1:12. Ma questa non è la questione centrale. Il nostro compito consiste piuttosto nel fare in modo che ogni dipendente di una ferrovia riceva un salario decente. La rivendicazione dei sindacati è questa e mi sento di affermare che sinora siamo riusciti a realizzarla. Constatiamo però un aumento della pressione a causa dei processi di liberalizzazione. Per esempio, la BLS, nell’ambito delle trattative per il rinnovo del CCL, richiede libertà totale e l’abolizione di ogni regola per il sistema salariale. Una richiesta che nei prossimi anni ci verrà ripresentata sempre più spesso.
E non vedi segnali per una possibile inversione di tendenza?
No. Basti pensare che l’Unione europea sta licenziando il quarto pacchetto ferroviario, che contempla la totale liberalizzazione del traffico viaggiatori a lunga percorrenza, per constatare che la pressione aumenterà ulteriormente.
Tornando in Svizzera, assistiamo ad una certa proliferazione di iniziative parlamentari sul servizio pubblico, che dimostrano come gli oppositori all’iniziativa appartengano a due compagini diverse: da una parte chi, come il SEV, è convinto che i pericoli vengano dalla liberalizzazione e dalla privatizzazione e dall’altra chi invece ritiene che l’iniziativa non fosse sufficientemente profilata proprio in favore di queste due tendenze. Cosa ti aspetti tu dalla politica?
Le ultime elezioni hanno definito nuove maggioranze in entrambe le camere. Liberalizzatori e smantellatori dello stato sociale sono quindi partiti con il vento in poppa, ma in seguito il Consiglio degli Stati ha fortunatamente ripreso ad assumere il proprio ruolo di correzione, per esempio nella questione degli orari di apertura dei negozi o nella riforma dell’imposizione delle imprese.
Una ventata di speranza?
Non proprio, piuttosto la parvenza di un minimo di ragionevolezza. Il fatto che anche le grandi testate borghesi richiamino i Parlamentari a non voler strafare, conferma l’efficacia del nostro sistema democratico e della possibilità del referendum.
Pensi che il Parlamento limiterà gli stipendi dei manager?
Vedremo come saranno accolte queste proposte. Io ne sarei contento. Se la Politica non agirà, resterà comunque anche un compito del sindacato.
L’attività parlamentare nel campo della politica dei trasporti appare meno frenetica. Abbiamo raggiunto una certa stabilità?
Non direi. Anche in questo campo si percepisce il vento freddo della liberalizzazione e al più tardi dalla pubblicazione delle strategie 2030 dell’Ufficio federale dei trasporti sappiamo che questa è la via che si intende seguire. Prossimamente, il Consiglio federale pubblicherà un rapporto sul traffico regionale, dal quale ci aspettiamo una nuova ondata di privatizzazioni e di tagli sui costi. Siamo pronti a fronteggiarla e ad impegnarci, assieme ai nostri alleati politici, in favore del servizio pubblico. Questo è il compito che dobbiamo continuare ad assumerci dopo l’accesa discussione sull’iniziativa sul servizio pubblico.
Peter Moor
Dore Heim, segretaria dirigente dell’USS preposta al settore del servizio pubblico
«In primo piano il benessere comune»
L’Unione sindacale svizzera ha combattuto, con il SEV e gli altri sindacati del settore, l’iniziativa sul servizio pubblico. Per Dore Heim, segretaria dell’USS che segue questi problemi, questa ha avuto il pregio di rilanciare la discussione.
Cosa ha lasciato il dibattito sull’iniziativa sul servizio pubblico?
Anzitutto la conferma che la discussione su FFS, Posta e Swisscom accende immancabilmente gli animi tra due fazioni della popolazione: vi è chi si sente trascurato dalle aziende parastatali e chi invece è soddisfatto dalle loro prestazioni. Vi è poi una terza componente, fortunatamente minoritaria, che ha perso di vista come le prestazioni del servizio pubblico siano fondamentali per il buon funzionamento della nostra società. È del resto una constatazione che abbiamo fatto già un anno fa, in occasione della votazione sulla legge sulla radiotelevisione.
E cosa dobbiamo attenderci da questo dibattito in futuro?
Ogni tanto, si aveva l’impressione che l’iniziativa avesse scatenato una specie di «Shitstorm» nei confronti delle aziende parastatali. Dobbiamo però prendere sul serio queste lamentele, perché coinvolgono anche i nostri membri che vi lavorano. In Parlamento, vi sono proposte di una privatizzazione completa di Swisscom e, prendendo spunto da questa iniziativa, numerosi Parlamentari hanno assunto posizioni che non possiamo assolutamente condividere.
Come possiamo riassumere la posizione del sindacato sul servizio pubblico?
La discussione in vista della votazione ha evidenziato chiaramente come i sindacati non siano i soli a volere aziende parastatali forti, in grado di offrire prestazioni valide a prezzi favorevoli e contraddistinte da un rapporto ragionevole tra stipendi minimi e massimi. In primo piano dobbiamo porre il benessere comune e le aziende devono offrire condizioni di lavoro corrette ad un numero sufficiente di dipendenti da poter svolgere un servizio disponendo del tempo necessario. Queste sono condizioni fondamentali per garantire prestazioni di buona qualità.
Quale sarà la prossima lotta sul servizio pubblico?
Si sta delineando una discussione lunga e molto intensa sul servizio pubblico svolto dai media. Quest’anno, è stata consegnata l’iniziativa popolare «No Billag» e settimana prossima il Consiglio federale dovrebbe pubblicare il suo rapporto sul servizio pubblico nei media elettronici, quindi, in particolare, sulla SSR.
Non vi è però da attendersi un cambiamento drastico di impostazione da parte del governo, tanto più che la commissione dei media ha pubblicato un rapporto in cui valuta positivamente la situazione attuale.
Il Consiglio federale non stravolgerà certamente l’impostazione della SSR, che si è sin qui fatta apprezzare. In Parlamento vi sono però correnti molto forti che sostengono che la SSR sia eccessivamente influente. D’altra parte, si tratta ora di definire il futuro del digitale, di fondamentale importanza non solo per i media elettronici. L’evoluzione digitale coinvolge tutti i settori, dalla sanità alla formazione. Anche FFS e Posta devono tenerne conto, per non parlare di Swisscom.
Il popolo ha però sempre respinto, laddove è stato chiamato ad esprimersi, privatizzazioni e liberalizzazioni. Temi che ciò cambierà?
Non credo. Il popolo continua a respingere l’idea di finanziare utili privati tramite prestazioni pubbliche. Auspica invece un’ offerta valida ad un prezzo corretto e ciò implica anche buone condizioni di lavoro per il personale. Spetta quindi a noi, ora, richiamare costantemente la politica e le aziende alla soddisfazione di questi auspici.
Peter Moor