L’assistenza psicologica d’emergenza presso le FFS è affidata a «Peers»

«Per molti è un segno di considerazione»

Le FFS hanno istituito nel 2013 un proprio centro di competenza e di servizi per aiuti psicologici d’emergenza a dipendenti, clienti e parenti in casi di eventi traumatici come incidenti, suicidi o atti di violenza. L’assistenza viene prestata da alcuni professionisti e da circa 350 volontari dipendenti dalle stesse FFS o di altre imprese. Abbiamo discusso dei loro interventi con il caposervizio Paul Künzler.

Paul Künzler: «È diverso parlare di simili avvenimenti con colleghi, invece che con superiori.»

Ci sono categorie particolarmente esposte a questo genere di eventi?

Paul Künzler: Sì, il personale treno, ma ultimamente anche i macchinisti o il personale di elvetino. Nonostante gli sportelli di nuovo tipo, l’anno scorso abbiamo avuto solo due o tre episodi di rapina. Invece, per la polizia dei trasporti o il personale di securitrans, l’esposizione a simili eventi rientra quasi nei compiti normali di lavoro.

Vi occupate anche della polizia dei trasporti?

No, ma le discussioni sono in corso. Dal 1. gennaio 2016 ci occuperemo invece di elvetino. Dopo la riorganizzazione nel 2013,ci siamo dapprima occupati dei macchinisti, esposti ai casi di incidenti con persone, e a metà anno del personale treno, per via dei casi di aggressione. Attualmente stiamo implementando l’assistenza alla manutenzione dell’infrastruttura, a causa degli infortuni sul lavoro. La nostra organizzazione alla centrale è piccola, con solo 4,6 unità, per cui abbiamo dovuto procedere per gradi.

Ma quanti casi di aggressione dovete assistere all’anno?

Il nostro principale campo di attività non sono le aggressioni, ma gli incidenti. Comunque, a fine ottobre di quest’anno avevamo ricevuto una cinquantina di richieste per aggressione.

Ma avete idea di quanti casi non vengono annunciati, per esempio perché un agente treno teme di essere criticato dal suo superiore, anziché sostenuto?

Penso che si tratti di episodi isolati e credo che veniamo comunque a conoscenza dei casi veramente gravi, per esempio tramite la polizia dei trasporti.

Come funziona l’assistenza di Care FFS?

Il primo intervento di assistenza non avviene tramite noi, ma tramite il superiore, che ha ricevuto da noi una formazione preventiva. Essi sono inoltre tenuti a notificare eventi particolari suscettibili di generare disturbi posttraumatici. Tra questi abbiamo le aggressioni con un contatto fisico, anche se questo si è limitato a qualche spintone. In caso di aggressioni verbali, lasciamo invece la facoltà al superiore di chiarire, tramite colloqui con gli interessati, la necessità di assistenza. Pure le parole possono ferire, tanto più che vi sono persone che prendono la situazione più a cuore di altre.

Quanto dura questa formazione preventiva per i superiori?

Per un capomacchinista, per esempio, dura un giorno e mezzo, mentre per un caposervizio di vendita da due a tre ore.

Per il management del traffico viaggiatori, le minacce sono eventi da annunciare in ogni caso. Ma che genere di minacce si intendono?

Qui si intendono minacce a mano armata, per esempio con coltelli o altro.

Come funziona concretamente questa prima assistenza tramite il superiore?

Loro contattano la persona interessata, per telefono o direttamente. Per esempio, nel personale treno questa prima assistenza avviene in genere per telefono. Qualora il superiore avvertisse che si tratta di un caso grave, può rivolgersi al nostro numero di picchetto. Ciò avviene in media nel 10– 15 percento dei casi. Sino al nostro intervento può però trascorrere anche oltre un’ora. Se, dopo la prima assistenza, ci viene annunciato il caso, cerchiamo tra i nostri volontari un «Peer», ossia una persona dello stesso settore professionale e il superiore riferisce alla persona interessata che sarà contattata dal nostro servizio l’indomani. L’attesa di un giorno è per noi la prassi normale, dettata dalla constatazione che, molto spesso, subito dopo un evento, le persone si comportano ancora normalmente. Le conseguenze, per contro, emergono e possono essere meglio valutate all’indomani, quando si può tener conto anche di come ha trascorso la notte, se ha avuto incubi o se subentra uno stato di depressione.

Processo base di assistenza psicologica presso le FFS.

E come prende contatto il o la Peer?

Nella grande maggioranza dei casi telefonicamente. Gli interessati hanno evidentemente la facoltà di decidere il grado di assistenza che vogliono accettare. Vi è per esempio chi dice: «siete gentili ad aver pensato a me, ma sto bene e non ho bisogno di nulla». Anche in questi casi, tuttavia, concordiamo un secondo contatto un paio di giorni dopo, per un’ulteriore verifica prima di chiudere il caso. Vi sono altri casi in cui l’interessato parla moltissimo, in cui si rivela necessario un secondo colloquio, magari di persona. Questi primi colloqui durano sino tre quarti d’ora, ma succede che poi la persona abbia comunque l’impressione di non aver ricevuto alcuna assistenza. L’assistenza può poi protrarsi per quattro, sei settimane, trascorse le quali viene ricoinvolto il superiore, per esempio nel caso in cui l’interessato non può più prestare servizio notturno e necessita di ulteriori terapie.

Questi casi vengono riconosciuti dalla Suva?

In genere, la Suva assume le spese di simili terapie per i macchinisti dopo incidenti con persone. Non mi risulta invece che questa sia la regola nei casi di aggressione nei confronti del personale treno. Nel caso di aggressioni senza vie di fatto, in particolare, la Suva respinge simili richieste. Noi non ci occupiamo però di questi aspetti, che sono di competenza del management della salute.

Quindi, Care FFS chiude i casi dopo il periodo di assistenza successiva.

Si, perché il nostro compito di aiuto psicologico per i casi di emergenza va considerato concluso. Se necessario, cerchiamo una possibilità di terapia per l’interessato e continuiamo a collaborare con il management della salute, l’assistenza sociale o le risorse umane.

Vi sono però collaboratrici e collaboratori che devono sottoporsi ad ulteriori terapie?

Si. Per esempio, quando un agente treno subisce un’ennesima aggressione, possono sorgere complicazioni. Noi abbiamo ottimi contatti con specialisti in tutta la Svizzera, ma l’interessato ha evidentemente la facoltà di scegliere un altro terapeuta. Noi ci limitiamo a dare qualche raccomandazione e non siamo noi a decidere circa l’abilità al lavoro. Queste decisioni sono di competenza della diagnostica FFS.

Estratto di un modulo di annuncio.

Quali sono le conseguenze più frequenti di atti di violenza?

In primo luogo, la paura che abbiano a ripetersi. Sorgono però anche altre paure, a volte accompagnate da sensi di colpa. Le reazioni individuali possono però essere molto diverse.

Che grado di successo ha la vostra assistenza? Succede spesso che la vittima di atti di violenza non riesca a superare il suo trauma e sia costretta a cambiare professione?

Conosco solo pochi casi del genere, in cui oltretutto già in precedenza la persona interessata non era del tutto soddisfatta dalla sua professione. La nostra attività è però iniziata solo nel 2013 e quindi la nostra banca dati è limitata. Nemmeno altrove vi sono molte indicazioni sul successo della psicologia in casi d’emergenza. È quanto rende difficile per noi giustificare i nostri costi. I casi in cui siamo coinvolti però aumentano costantemente e ciò dimostra che ci stiamo conquistando una certa credibilità. Per molti interessati, il nostro intervento è un segno di considerazione e sono sollevati dal poter parlare del problema con altre persone, oltre al loro capo. So che molti faranno fatica ad accettarlo, ma è comunque diverso parlare di simili avvenimenti con colleghi, invece che con superiori. Anche per l’assistenza a parenti, il fatto di conoscere molto bene le condizioni di lavoro si rivela spesso un vantaggio. Per questo, sono convinto che la nostra organizzazione con Peer volontari sia ideale per aiutare colleghe e colleghi a superare un trauma. Inoltre, i casi più gravi vengono seguiti dalle nostre specialiste e i nostri specialisti per le emergenze, oppure vengono da noi dirottati su specialisti riconosciuti.

Paul Künzler: «Molto spesso, subito dopo un evento, le persone si comportano ancora normalmente»

Avete anche casi di vittime di atti di violenza che non vogliono essere assistiti?

Solo circa il 5 percento dei casi non accettano nemmeno il primo colloquio telefonico e noi rispettiamo evidentemente questa volontà.

Vi sono casi in cui è meglio tentar di rimuovere l’aggressione, invece di parlarne?

No, la psicologia è molto chiara al riguardo, tranne forse casi in cui si continua per anni a parlare dello stesso tema. Vi sono però terapie in cui si tende a parlar di meno, ma a lavorare maggiormente con il corpo, per esempio dipingendo.

Come consiglia di comportarsi in certi frangenti, per esempio in caso di clienti molto aggressivi allo sportello?

Mantenere la calma. Simili raccomandazioni sono però piuttosto di competenza degli specialisti di sicurezza pubblica e di sicurezza sul lavoro e sul tema sono in corso delle formazioni.

Vi rivolgete anche a clienti delle ferrovie?

Non in caso di atti di violenza tra clienti. Succede invece di assisterli in caso di incidenti, in genere in collaborazione con le organizzazioni a luce blu o i Careteams cantonali.

Collaborate anche con altre ferrovie?

Si, attualmente con FFS Cargo International, Thurbo, TILO, Zentralbahn e BLS, che però non fanno tutte capo all’offerta completa. Con le BLS, per esempio, abbiamo un contratto solo per gli eventi maggiori.

Markus Fischer

Bio

Paul Künzler (55) è cresciuto nella regione di Zurigo, dove ha svolto un apprendistato di conduttore, prima di diventare capotreno per poi nel 2001 seguire una formazione di venditore di viaggi. Nel 2005 è diventato capoteam di operating a Romanshorn e Rorschach e nel 2008 capo del management degli eventi a Winterthur. Dal 2011 dirige il gruppo Care, dove ha costituito l’attuale organizzazione. Ha due nipoti e abita con la sua compagna a Neuenegg. Hobbys: escursioni, viaggi e allenatore di calcio (ha allenato una squadra di serie A femminile, in cui hanno giocato le sue due figlie).