FFS Cargo: la sezione LPV Ticino e il SEV sostengono le richieste dei professionisti che svolgono mansioni anche in Italia
Ai macchinisti non bastano le parole
Non parole, ma fatti. Il gruppo di dodici macchinisti Cargo di Chiasso,impiegati in Italia come manovratori formatori, chiedono che lavoro e responsabilità supplementari siano congruamente riconosciuti a livello finanziario. La petizione è restata, finora, lettera morta.
Sono una dozzina, sono macchinisti di FFS Cargo, ma svolgono un lavoro in più: formatori manovratori in Italia. Una mole di lavoro e di responsabilità che l’azienda ha finora ricompensato con tante belle parole di ringraziamento. Ma con parole, caramelle, rose e violini – come suggerisce una famosa canzone di Mina – non si va molto lontano. Le pacche sulle spalle, insomma, non bastano più. I macchinisti Cargo, sostenuti nelle loro rivendicazioni dal Sindacato del personale dei trasporti (SEV), hanno fatto sapere che ai «ringraziamenti con parole di elogio da parte dei vertici di FFS Cargo per l’onere supplementare derivato dalle mansioni di manovratori formatori in Italia» dovrebbero seguire fatti concreti. Che, tradotto in buon italiano, significa riconoscere il maggiore onere su un piano finanziario.
Lanciata una petizione
Ed è esattamente questa la richiesta presentata in una petizione nella quale tutti i macchinisti interessati hanno manifestato le loro rivendicazioni in modo seguente: «chiediamo un contributo forfettario annuale di 3000 franchi come riconoscimento della supplementare mole di lavoro e maggiori responsabilità; 1000 franchi come premio a superamento dell’ esame». Sì, perché per svolgere il compito di formatori in Italia, i macchinisti devono seguire una specifica formazione. Anzi, due, quella per diventare formatore, cioè l’equivalente italiano del controllo veicoli e quella di manovratore, con relativi esami finali periodici, che vanno ad aggiungersi agli esami periodici per la patente di guida svizzera e di quelli per la patente di guida italiana. Nella petizione indirizzata ai vertici di FFS Cargo, i macchinisti chiedono, per quanto riguarda le condizioni di lavoro (di competenza della Cope ma sostenute dal sindacato) che siano «messi a disposizione dall’azienda capi di abbigliamento adeguati e anche un essiccatoio». Per quanto riguarda il tempo di lavoro, è stata rivendicata «la garanzia di 125 giorni di libero».
Le rivendicazioni dei macchinisti
Da quando è stata inoltrata la petizione, lo scorso 23 giugno, nulla si è mosso. E nel frattempo i dodici macchinisti interessati continuano a garantire le mansioni supplementari su territorio italiano. La situazione è piuttosto delicata, poiché, come precisato dal segretario sindacale del SEV Angelo Stroppini, «rappresenta un unicum per i macchinisti attivi presso FFS Cargo e soltanto questo gruppo di macchinisti stazionato a Chiasso è chiamato a svolgere tali mansioni. La richiesta di un riconoscimento forfettario di 3000 franchi all’anno per il lavoro supplementare e le maggiori responsabilità, si inserisce proprio in questo contesto».
Nel sostanziare le rivendicazioni dei macchinisti, il sindacato ricorda «come in passato al personale di locomotiva che aveva conseguito l’abilitazione per viaggiare in Italia, era stato riconosciuto un importo unico di 1000 franchi». Si tratta, dunque, di un precedente che ha un peso notevole. Angelo Stroppini mette in evidenza un altro aspetto: «La maggior parte di questi macchinisti sono stati assunti al di sotto del valore base del livello di funzione 14 e lo scorso anno sono stati classificati nel LF 15 senza una trattativa in merito, come invece previsto dall’articolo 93.1 del Contratto collettivo di lavoro. È pertanto comprensibile che anche questi elementi ingiustamente discriminanti, contribuiscano ad esacerbare gli animi».
Le rivendicazioni dei macchinisti, che possono contare sulla totale adesione del SEV e della LPV Ticino, sono per ora rimaste lettera morta. «Non lasceremo certamente che la voce dei macchinisti si spenga» assicura Angelo Stroppini, aggiungendo che il SEV si batterà affinché le trattative per risolvere la questione vengano condotte sul piano locale e in modo indipendente da quelle per il nuovo profilo professionale dei macchinisti Cargo. «In nessun’altra parte della Svizzera i macchinisti Cargo sono confrontati con questo tipo di mansioni – sottolinea Stroppini – e riguarda unicamente un gruppo ristretto di professionisti. Ricordo che in merito all’impiego di macchinisti svizzeri oltre frontiera, SBB Cargo Italia si è impegnata a non tagliare nessun impiego. Per il SEV e per i colleghi italiani si tratta di una garanzia importante, comunicata a noi e ai colleghi sindacalisti della CGIL nel corso di un incontro che avevamo noi stessi sollecitato ai vertici locali di FFS Cargo e di SBB Cargo Italia. È chiaro – conclude Stroppini – che in futuro la questione dell’interoperabilità dovrà essere regolamentata chiaramente, come pure le di condizioni di lavoro del personale interessato».
Françoise Gehring