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Formazione professionale superiore per macchiniste e macchinisti

Valore aggiunto in cabina di guida

Ci è voluto molto tempo, ma ne è valsa la pena: a fine 2019, sono stati consegnati i primi attestati professionali federali di macchinista, che danno l’accesso a ulteriori offerte di formazione e aprono porte anche all’interno delle aziende di trasporto.

L’attestato professionale federale di macchinista apre le porte a ulteriori offerte di formazione e anche all’interno delle aziende di trasporto.

Le iscrizioni agli esami professionali di macchinista 2021 saranno aperte da fine estate 2020. «La possibilità di svolgere questa formazione ulteriore dovrebbe essere più conosciuta e ci aspettiamo pertanto un aumento di iscrizioni, rispetto alle prime due edizioni», ci spiega Felix Traber, presidente della commissione d’esame. Traber è macchinista alle FFS, lavora al 60 percento presso Cargo e al 40 percento per il traffico viaggiatori e abita a Zizers (GR). Ha diretto tutto il progetto che ha portato alla creazione di questo esame professionale riconosciuto a livello federale. «La definizione di una soluzione in grado di soddisfare Confederazione, imprese ferroviarie e organizzazioni di lavoratrici e lavoratori ha richiesto diversi tentativi», sintetizza ripercorrendo la storia di questa formazione.

Impegnativa, ma ne vale la pena

Chi vuole affrontare questo esame, deve essere disposto ad assumersi un importante onere supplementare per circa un anno. Hanny Weissmüller, macchinista di St. Maurice, membro del comitato centrale LPV e rappresentante dei sindacati nell’Associazione per la formazione professionale superiore delle macchiniste e dei macchinisti (VHBL - AFSM), promotrice della formazione, riconosce la difficoltà di conciliare questo ulteriore impegno con la vita professionale e familiare: «siamo già oberati dal lavoro a turni e dagli esami periodici ogni cinque anni. Ma, d’altra parte, la possibilità di disporre di un diploma riconosciuto a livello federale compensa ogni sforzo». La indacalista rimanda alle numerose circostanze che spesso impediscono di continuare nella professione di macchinista, obbligando ad affrontare un processo di riorientamento professionale. In questi frangenti, disporre di un attestato riconosciuto offre indubbiamente maggiori possibilità. Senza contare che un simile diploma apre numerose porte anche nella propria azienda: «offre per esempio possibilità, che potrebbero interessare molti di noi, di suddividere la propria attività tra la guida dei treni e la partecipazione a progetti».

Tutte le parti concordano sul fatto che già la formazione di base di macchinista è di per sé molto impegnativa. Richiede infatti di aver concluso precedentemente una formazione professionale, oppure conseguito la maturità. Ciò nonostante, la figura del macchinista non ha una propria collocazione nel sistema formativo svizzero. L’esame professionale colma ora questa lacuna e l’attestato federale permette di accedere a una formazione post-diploma presso una scuola tecnica superiore, nonché di affrontare diversi esami specialistici. In misura parziale, vi è anche la possibilità di essere ammessi a una scuola universitaria professionale o di svolgere un CAS (Certificate of Advanced Studies).

Formazione sempre più importante

Secondo Felix Traber, affrontare un esame è sempre utile, indipendentemente dall’età: «nella vita, non si sa mai cosa può succedere!» La prima edizione ha visto partecipare candidati dai 23 ai 58 anni, con un’età media di 37 anni. È tuttavia innegabile che ad annunciarsi agli esami siano soprattutto i e le giovani: «queste generazioni conoscono l’importanza della formazione permanente e del fatto di disporre di titoli ed attestati», aggiunge. L’esame professionale di macchinista costituisce una particolarità del sistema formativo svizzero. Esso non riprende infatti gli argomenti trattati dall’esame dell’Ufficio federale dei trasporti. Per superarlo, ogni candidato/a deve redigere autonomamente un cosiddetto rapporto di riflessione, nel quale devono essere approfondite questioni della propria attività professionale quotidiana. Il rapporto è una componente dell’esame scritto e costituisce il punto centrale dell’esame orale.

«Mi capita di rado di discutere in modo approfondito di aspetti del nostro lavoro quotidiano. Le riflessioni che dobbiamo svolgere in vista dell’esame ci danno invece la possibilità di occuparci di noi stessi», spiega Hanny Weissmüller. Il suo è un esempio significativo delle attuali carriere professionali, essendo arrivata in cabina di guida solo a 40 anni. In precedenza, aveva tra l’altro conseguito un attestato di formatrice per adulti e riesce quindi a portare una visione molto chiara della situazione. Weissmüller rappresenta i sindacati nel comitato dell’associazione promotrice dell’esame professionale AFSM. Il comitato è presieduto da Mani Haller, veterano delle FFS e riunisce rappresentanti di BLS, dell’associazione delle ferrovie a scartamento metrico e dell’ Unione dei trasporti pubblici. «Questo esame ha potuto essere messo in piedi solo grazie all’unità di tutte le parti», sottolinea Traber. La Confederazione non avrebbe infatti mai concesso il proprio riconoscimento, se il settore non si fosse presentato con tutte le proprie componenti riunite. Hanny Weissmüller ha una concezione chiara del proprio suolo in seno a questa organizzazione: «devo convincere colleghe e colleghi dei vantaggi di questo attestato professionale». Giunge quindi a proposito, anche da questo punto di vista, il fatto che si appresti a compiere un ulteriore passo nel SEV: in settembre, sarà infatti probabilmente eletta presidente della LPV.

Tutte le info sull’esame professionale di macchinista sul sito dell’organizzazione responsabile: vhbl-afsm.ch

Peter Moor

Quattro domande a Hans-Ruedi Schürch, presidente centrale LPV

La creazione di questo esame professionale ha richiesto molto tempo e la LPV ha sempre perorato la causa della collocazione della professione di macchinista nel sistema formativo. L’obiettivo è stato raggiunto?

Hans-Ruedi Schürch

Hans-Ruedi Schürch: Penso proprio di si. Già 15 anni fa, la LPV aveva raccolto una proposta in questo senso dei colleghi RhB, anche se ha poi preferito attendere prima di presentare rivendicazioni. Le nuove generazioni tendono però a non più trascorrere tutta la loro vita professionale nella cabina di guida e i rischi di dover interrompere l’attività per motivi di salute sono aumentati. È anche molto più difficile riprendere l’attività dopo un paio di anni di interruzione. In tutti questi casi, un attestato professionale può rivelarsi molto utile.

Che funzione ha la LPV nell’associazione promotrice?

Abbiamo collaborato al progetto dall’inizio, tanto da concedere un prestito per costituire il capitale necessario per fondare l’associazione e abbiamo cercato colleghe e colleghi per la commissione d’esame. Continueremo a sostenere questa idea e a veicolarla presso colleghe e colleghi.

La vostra rappresentante in comitato, Hanny Weissmüller, indica nell’articolo che il suo compito è di convincere colleghe e colleghi dell’utilità di questo diploma. È sostenuta anche dalla LPV?

Certamente! Dopo aver raccolto le prime esperienze, consegnato i primi diplomi e constatato i primi possibili sbocchi a livello di scuole specializzate superiori, motivare colleghe e colleghi dovrebbe essere ancora più facile.

Dopo aver raggiunto questo, vi sono altri punti che la LPV vuole portare avanti per rivalutare la professione?

L’automazione e i sistemi di assistenza modificheranno profondamente la nostra professione. Vi è il pericolo che in futuro dovremo limitarci a sorvegliare e saremo chiamati a intervenire solo in caso di pericolo. Inoltre, il servizio alla clientela assumerà un’importanza sempre maggiore. La sfida sarà quindi di definire il grado ottimale di automazione, che ci solleciti nella giusta misura per favorire la nostra concentrazione. Solo così la digitalizzazione contribuirà a rivalutare la nostra professione, invece di svalutarla.