Colpi di diritto

Il riflesso anti mamma di certi capi

L’assistenza giuridica del SEV è spesso confrontata con problemi di donne che vogliono rientrare al lavoro dopo una pausa di maternità, ma devono scontrarsi con un’atmosfera ostile.

A come Annamaria: un caso tipico

Annamaria lavora al 100 % alle FFS in una tipica professione ferroviaria. Le sue valutazioni personali sono ottime ed è apprezzata per la competenza e la gentilezza nei confronti della clientela. Quando attende un bambino, informa il suo capo che vorrebbe riprendere il lavoro al termine del congedo di maternità, ma solo al 30 %. Il capo ne prende atto ma, dopo essersi consultato con i suoi superiori, le comunica che nella sua professione non vi sono posti a tempo parziale in misura inferiore al 50 %. Annamaria si rivolge al SEV. Viene anche a sapere che nel suo settore vi sono molte persone che lavorano al 30 %. Tramite l’intervento di un legale, il SEV riesce ad ottenere un rapporto d’impiego al 30 % anche per Annamaria, che le FFS tengono però a definire un’eccezione.

B come Barbara: un caso frequente

Barbara è mamma di due figli e lavora a tempo parziale presso le FFS. Il suo posto viene però soppresso a seguito di una riorganizzazione. Anche il marito lavora alle FFS, al 100 % e a turni. Barbara si annuncia a due posti dall’attività simile alla sua, ma che prevedono anch’essi il lavoro a turni.

Durante il colloquio di presentazione, le FFS insistono molto sulla flessibilità di Barbara, che potrebbe essere limitata dai turni del marito, per non parlare del fatto che, naturalmente, non è possibile annunciarsi ammalati per curare i figli… L’avvocato messo a disposizione del SEV scrive alle FFS che sono tenute a mettere a disposizione un poso adeguato, o saranno costrette a versare un’indennità per una mancata assunzione a seguito di discriminazione. Le FFS respingono le critiche.

La loro decisione deriverebbe dalla maggior motivazione dimostrata dalle altre candidate, né si pone il problema dell’indennità, in quanto Barbara può far capo al centro del mercato del lavoro. Una risposta insoddisfacente, secondo l’avvocato, che però non può consigliare altri passi legali. Nel frattempo, Barbara ha potuto comunque trovare un nuovo posto di lavoro presso le FFS.

C come Corinne: un caso particolare

Corinne lavora presso un datore di lavoro privato al 60 %. Quando si ritrova incinta, concorda verbalmente con la sua capa che riprenderà il lavoro dopo una pausa abbastanza lunga al 30 %. Poco tempo dopo, però la capa cambia posto di lavoro e consegna a Corinne un ottimo certificato di lavoro intermedio. Il nuovo capo non vuol più saperne di una riduzione del grado d’occupazione. Poco tempo dopo aver ripreso il lavoro, Corinne dimissiona, ma all’uscita le pagano solo una parte degli arretrati e il certificato d’uscita è molto peggiore di quello intermedio, nonostante lei abbia lavorato solo 4 giorni con il nuovo capo. L’assistenza giuridica del SEV mette a disposizione un avvocato, il cui primo intervento scritto presso il datore di lavoro non dà i frutti sperati. Solo davanti al giudice di pace si riesce ad ottenere un pagamento corretto dei retroattivi e una formulazione accettabile del certificato.

Il team di assistenza giuridica SEV

Conclusioni

I tre casi, nella loro diversità, hanno un denominatore comune: le tre donne sono state penalizzate per essere diventate mamme.

Nemmeno appellandosi alla legge sulla parità, il cui articolo 3 recita «nei rapporti di lavoro, uomini e donne non devono essere pregiudicati né direttamente né indirettamente a causa del loro sesso, segnatamente con riferimento allo stato civile, alla situazione familiare o a una gravidanza»: le avvocate sono riuscite a risolvere a piena soddisfazione delle colleghe i problemi in cui si sono ritrovate.

L’articolo 27.3 del CCL FFS è ancora più chiaro in proposito: «Devono essere tenute in particolare considerazione le necessità delle collaboratrici e dei collaboratori con obblighi famigliari e di assistenza».