La formazione permanente non è solo un obbligo, ma può costituire anche un diritto e giovare a lavoratrici e lavoratori.
Formazione – diritto o dovere?
Il mondo del lavoro cambia sempre più velocemente. Le nuove tecnologie rivoluzionano anche le condizioni di lavoro e bisogna restare aggiornati.
La posizione di lavoratrici e lavoratori sul mercato del lavoro non dipende ormai più solo dalla formazione e dall’esperienza professionale, ma anche dai passi fatti per migliorare e ampliare le proprie conoscenze. Una situazione che li pone però sotto una certa pressione, fonte di incertezze e stress. Il team di assistenza giuridica del SEV si ritrova quindi sovente confrontato con domande del tipo: «Devo veramente seguire questa formazione e per giunta assumermene i costi? »
Il lavoratore ha l’obbligo di svolgere bene il proprio lavoro. Ciò implica anche l’aggiornamento sulle tecniche di svolgimento dello stesso. Vi sono La formazione permanente non è solo un obbligo, ma può costituire anche un diritto e giovare a lavoratrici e lavoratori. Colpi di diritto Formazione – diritto o dovere? Il mondo del lavoro cambia sempre più velocemente. Le nuove tecnologie rivoluzionano anche le condizioni di lavoro e bisogna restare aggiornati. numerose professioni in cui vige un obbligo legale di formazione permanente, certificata da esami periodici il cui mancato superamento preclude la possibilità di continuare a svolgerla (p. es. macchinisti di linea e di manovra). Altre professioni, tra le quali per esempio giuristi, ingenieri e medici, prevedono un obbligo per chi le esercita di adeguare le proprie conoscenze all’evoluzione del settore e a quella tecnologica. Ma qual è la situazione in altri campi?
Svariate possibilità di formazione
Si sarebbe tentati di pensare di non aver bisogno di ulteriori formazioni, sino a quando le proprie conoscenze risultano sufficienti per svolgere il proprio lavoro secondo lo stato attuale dell’arte. Ognuno è però responsabile per il mantenimento del proprio valore sul mercato del lavoro, soprattutto nelle professioni in cui non vige un vero e proprio obbligo di aggiornamento. Nei casi in cui la professione vede modificate le condizioni di lavoro, per esempio dall’avvento di nuove tecnologie, al datore di lavoro compete un obbligo di introdurre i propri dipendenti a queste e ai lavoratori di seguire la formazione, che non deve essere necessariamente svolta sotto forma scolastica, ma essere anche un’istruzione interna o una presentazione del produttore. Generalmente, i costi di queste formazioni devono andare a carico del datore di lavoro, in quanto necessarie per l’attività professionale. Numerose ditte regolano queste questioni in un CCL o in un regolamento sulla formazione, elaborando le basi costituite dagli art. 327a e 328 CO.
Chiarire la ripartizione delle spese
Cosa significa in concreto? In linea generale, i lavoratori che vogliono mantenere più porte aperte sul mercato del lavoro devono seguire diverse formazioni, che possono essere costituite anche da piccoli provvedimenti. Una partecipazione del datore di lavoro deve spesso essere negoziata e la possibilità di ottenerla è spesso direttamente proporzionale all’interesse diretto del datore di lavoro. È comunque fondamentale chiarire in anticipo le questioni inerenti: le spese, la durata della formazione e lo stipendio. Il datore di lavoro può senz’altro chiedere una formazione, se la stessa appare necessaria per l’attività lavorativa, ma deve a questo punto assumersene i costi e la struttura della formazione deve essere concordata con il personale.
La formazione permanente è un tema delicato. Il team dell’assistenza giuridica è a disposizione per i casi in cui non si riesce a giungere a un accordo con il datore di lavoro. Bisogna infatti prestare grande attenzione alla stesura di convenzioni per l’assunzione delle spese. Torneremo comunque su questo particolare argomento.
Team di assistenza giuridica SEV