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Il New Deal verde di Naomi klein

Il clima deraglia

® Pixabay

La casa va a fuoco! Letteralmente in Amazzonia e in Australia. La crisi climatica sta minacciando l’equilibrio del mondo. Sempre più movimenti sociali dichiarano lo stato d’emergenza sociale ed ecologica. Come spegnere l’incendio?

Naomi Klein ha un piano B, più urgente che mai: un New deal verde. Il mondo in fiamme. Contro il capitalismo per salvare il clima, l’ultimo libro della giornalista altermondialista canadese Naomi Klein, traccia i contorni della grande trasformazione necessaria per far fronte alla crisi climatica. Il libro riunisce dieci anni di grandi reportage, saggi e discorsi. Dalla critica al capitalismo e dalle radici della crisi climatica a una possibile soluzione, il «New deal verde», il libro testimonia l’evoluzione del suo pensiero nel corso dell’ultimo decennio. In un contesto di peggioramento costante delle previsioni dei climatologi e di totale fallimento dei governi nel formulare una risposta politica, Naomi Klein cerca di comprendere gli ostacoli e di immaginare una soluzione.

Per più di vent’anni Naomi Klein ha monitorato il pianeta e dato voce in modo incisivo alla guerra economica che ha preso di mira le persone e le risorse naturali. Giornalista investigativa, saggista impegnata, è l’autrice di best seller internazionali come No logo, Shock economy, Una rivoluzione ci salverà oppure Shock politics. Da oltre un decennio difende un programma radicale e audace che oggi si chiama New deal verde. Non è più il momento delle riforme, delle tasse e dei limiti massimi, è il momento delle trasformazioni e dei cambiamenti senza compromessi.

La traduzione in italiano dell’ultimo libro di Naomi Klein è uscita a settembre 2019. Attraverso un ritratto di Greta Thunberg, il libro esamina innanzitutto l’emergere di un movimento mondiale per il clima, prima di evidenziare un’altra evoluzione fondamentale: l’intensificarsi del dibattito politico sul «piano B» che potrebbe salvare il pianeta - il New deal verde.

Alternative concrete

«Oggi negli Stati Uniti e in Europa esistono dei movimenti politici che si dichiarano pronti a prendere delle misure concrete per affrontare l’emergenza della crisi climatica – e a collegare tra loro le diverse crisi della nostra epoca» sottolinea la celebre giornalista. Per «misure concrete» non intende «il genere d’approccio timido che brandisce una pistola ad acqua di fronte a un gigantesco braciere».

Il suo obiettivo è un «piano dettagliato e olistico in grado di avere ragione dell’incendio», che implica una rottura con il capitalismo neoliberale che esaurisce il pianeta e i salariati dalla fine degli anni ottanta.

Rottura politica

Il concetto New deal verde si ispira al programma lanciato dal presidente degli Stati Uniti Franklin Roosevelt per rispondere alla povertà e al collasso economico della Grande depressione, conosciuto con il nome di New deal. Il presidente democratico aveva messo in atto delle misure politiche e d’investimento pubblico di grande ampiezza – «dalla protezione sociale e dai minimi salariali al tenere a freno le banche, dall’elettrificazione dell’America rurale e dalla costruzione di opere pubbliche (autostrade, parchi, ponti, ecc.) a un’ondata di abitazioni a basso costo nelle città e alla messa a dimora di oltre due miliardi di alberi.»

Per analogia il New deal verde intende dare l’impulso a una profonda trasformazione sociale, ma questa volta per rispondere alla crisi del clima.

Questo programma è attualmente difeso da personalità politiche di spicco: Bernie Sanders ed Elisabeth Warren, candidati democratici alle primarie, in corsa per la Casa Bianca, o Jeremy Corbyn, il leader del partito laburista nel Regno Unito. Nel mese di febbraio 2019 la giovane deputata democratica al Congresso americano Alexandria Ocasio-Cortez ha presentato una risoluzione per un New deal verde.

Dalla parte dei salariati

Contrariamente alla tassa sui carburanti del presidente Macron, il New deal verde «non obbligherà la gente a scegliere tra fine del mondo e fine del mese». Al contrario. L’idea è di mettere a punto delle misure a beneficio del clima, ma anche della classe lavoratrice «facendo in modo che tutti possano trovare un posto di lavoro di qualità nell’ambito della nuova economia; che tutti abbiano accesso alle coperture sociali di base e che i posti di lavoro verdi divengano degli impieghi di qualità, sindacalizzati, capaci di sostenere le famiglie grazie ad assegni e congedi degni di questo nome.»

Servizio pubblico e posti di lavoro verdi

Il New deal verde, sottolinea Naomi Klein, implica investimenti massicci in trasporti pubblici accessibili, destinati a ridurre le emissioni di CO₂, in abitazioni popolari a basso consumo energetico e nella rete elettrica alimentata da energie rinnovabili. Questi servizi sono «decisamente nell’interesse pubblico e dovrebbero quindi essere assicurati dal settore pubblico.»

Piccola delusione, il libro non approfondisce molto la questione delle infrastrutture verdi, quindi i trasporti pubblici e i treni ad alta velocità. Per Klein, questi massicci investimenti trasformerebbero il New deal in una «vera e propria macchina per la creazione di posti di lavoro». I posti di lavoro «verdi», intesi come «qualsiasi compito considerato utile e arricchente per tutti e a basso consumo di combustibili fossili».

Il ruolo dei sindacati

Una simile trasformazione implica un «ampio esercizio di democrazia partecipativa», insiste Naomi Klein, indicando poi un primo passo concreto in questa direzione: «che i dipendenti di diversi settori (ospedali, scuole, università, tecnologia, abbigliamento, media, ecc.) elaborino essi stessi progetti di rapida decarbonizzazione che siano in linea con il New deal verde, cioè sradicare la povertà, creare posti di lavoro di qualità e colmare il divario di ricchezza fondato sul colore della pelle e sul genere.»

Chi meglio dei sindacati è in grado di farlo?

Yves Sancey, con «Services publics», giornale della VPOD