Merci
Trasferire le merci e rafforzare i controlli degli autocarri
L’ultima edizione del rapporto sul traffico merci transalpino in Svizzera attesta che nel 2016, per la prima volta dal 1995, vi sono stati meno di un milione di transiti di veicoli pesanti attraverso le Alpi. Per l’esattezza, i veicoli pesanti sono stati 975000. Nel contempo, il volume del trasporto ferroviario è aumentato del 6,4 percento. La politica di trasferimento sembra dare risultati positivi concreti, ma moltoresta da fare.
Nel valutare il risultato del trasferimento a fine 2016, occorre infatti considerare che l’obiettivo di contenere il traffico pesante stradale entro il milione di veicoli avrebbe dovuto essere raggiunto già nel 2011 (vedi grafico in basso).
La tabella di marcia, che ha già dovuto subire diversi rinvii dall’introduzione della prima legge sul trasferimento nel 1999, è quindi stata disattesa ancora una volta, tanto da lasciare molto scettici sulle possibilità di centrare l’obiettivo finale di 650000 veicoli pesanti entro il 2018, previsto dal- l’attuale legge sul trasferimento.
Obiettivo sempre condiviso
Il popolo svizzero continua però a credere e a sostenere questo obiettivo di trasferimento, autentico pilastro della politica dei trasporti del nostro paese. Lo scorso mese di gennaio, l’associazione dell’Iniziativa delle Alpi ha infatti commissionato un sondaggio rappresentativo, svolto tramite 1409 interviste telefoniche. 1009 sono state fatte nella Svizzera tedesca e romanda, mentre 400 si sono concentrate nei cantoni Uri e Ticino, particolarmente toccati dalla questione. I risultati sono sorprendenti per la loro chiarezza: il 70 percento degli intervistati ha indicato di voler mantenere i 650000 transiti massimi, mentre un 10 percento vorrebbe addirittura ridurli.
Del rimanente 20 percento, il 6 percento sarebbe favorevole ad un aumento, il 7 percento ad una soppressione del- l’obiettivo, mentre un altro 7 percento non si è espresso.
Sostegno ad ulteriori misure
Nell’ambito dello stesso sondaggio, gli intervistati hanno dovuto esprimersi anche sul- l’opportunità di ulteriori misure per ridurre il traffico di transito, quali per esempio l’introduzione di una tassa sugli autocarri in transito attraverso il Gottardo. Anche qui, il sostegno è stato chiaro, nella misura del 68 percento, mentre nei due cantoni più interessati dall’asse autostradale del Gottardo, Uri e Ticino, questo sostegno ha raggiunto rispettivamente il 71 e l’82 percento!
Nel dettaglio, i provvedimenti fiscali possibili nei confronti dei veicoli pesanti potrebbero essere diversi. La tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni (TTPCP) non ha infatti ancora raggiunto il massimo negoziato dalla sua introduzione e potrebbe quindi essere integrata dalla citata tassa di transito.
Inoltre, andrebbero rivisti gli attuali criteri di calcolo delle TTPCP, basati sulle «euroclassi». Entro il 2020, è infatti presumibile che la stragrande maggioranza di autoveicoli saranno delle categorie Euro V e VI, attribuite ai tassi di TTPCP più bassi. Parallelamente alla tassa, diminuirà però anche l’incentivo a far capo alla ferrovia. Una revisione della tassa potrebbe contemplare per esempio un supplemento per gli autocarri destinati al trasporto di contenitori non manovrabili con una gru, oppure favorire quelli che fanno capo a tecnologie innovative, come i pneumatici a basso rumore di rotolamento.
No al dumping
Un argomento particolarmente delicato per il SEV sono naturalmente le condizioni di lavoro che, soprattutto nel settore del trasporto stradale internazionale, presentano una mancanza pressoché totale di regolamentazioni omogenee.
Per esempio, una norma vigente nell’Unione europea prescrive che i camionisti debbano poter trascorrere un fine settimana di almeno 45 ore ogni due fuori dal loro autocarro. Alcuni Stati, come Belgio, Francia e Germania, applicano questa norma prescrivendo che queste ore debbano essere trascorse al domicilio. Il sito dell’Inziativa delle Alpi riporta un’intervista di inizio aprile della «Sonntagszeitung» con un camionista macedone, in viaggio sulle autostrade europee da inizio febbraio e che rientrerà a casa solo per una pausa estiva di un paio di mesi. Poi, l’attività riprenderà senza soste (e senza rientrare a casa) da settembre a Natale. In Svizzera, il Consiglio federale ha appena precisato che questa norma non è applicabile e che gli autisti possono dormire sui loro camion durante i fine settimana.
L’iniziativa delle Alpi calcola che circa un terzo degli automezzi pesanti in circolazione sugli assi di transito svizzeri siano immatricolati nei paesi dell’Europa dell’est.
In una conferenza alla quale chi scrive ha avuto modo di assistere alcuni anni fa, il comandante del posto di controlli di Rippshausen nel canton Uri aveva riferito di aver accertato che gli stipendi correnti per i camionisti dei paesi dell’est si aggirano sui 900 € al mese. In un’altra occasione, un ufficiale di polizia belga ha recentemente avuto modo di riferire che nel suo paese si sta affermando un’altra tendenza, con ditte di autotrasporto che reclutano camionisti nelle Filippine, impiegati per alcuni mesi in Europa a «stipendi» dell’ordine di 300 € al mese.
Questione sicurezza
In questi casi, risulta difficile anche verificare le condizioni di formazione professionale di questi autisti, persino la regolarità della loro licenza di condurre. A questi fattori, si aggiungono poi quelli legati allo stato tecnico dei veicoli. Quasi un terzo degli autocarri controllati nell’apposito centro del canton Uri presenta gravi difetti. Il centro controlla però unicamente il traffico nord-sud, mentre il centro di controllo nell’altra direzione, previsto a Giornico, è ancora solo sulla carta.
Allegato alla presente edizione di contatto.sev troverete una petizione che chiede alla Consigliera federale Doris Leuthard maggior impegno in favore dell’intensificazione dei controlli del traffico pesante e nel completamento della rete dei centri di controllo, osservando come il traffico merci su ferrovia sia ormai sotto il costante controllo di moderni dispositivi automatici. La petizione dà poi particolare risalto alla lotta contro le manipolazioni degli impianti di depurazione dei gas di scarico, sull’onda dello scandalo riguardante l’additivo AdBlue (vedi riquadro).
Il SEV sostiene questa azione, che punta a riequilibrare le condizioni di concorrenza tra la strada e la ferrovia, favorendo anche la politica dei trasporti che il sindacato ha sempre sostenuto. E che questa politica sia necessaria per la qualità di vita nelle nostre regioni, lo dimostra un semplice dato ripreso dal citato rapporto sul trasferimento: sull’asse del Brennero, nel 2016 i transiti stradali hanno superato i due milioni, con un aumento dell’8,1 percento, mentre sul Frejus l’aumento è stato del 4,1 percento.
Pietro Gianolli
Lo scandalo Adblue
Un’inchiesta della trasmissione della televisione svizzero-tedesca «Kassensturz» ha confermato che anche in Svizzera circolano autocarri con impianto di trattamento di gas di scarico manipolato. Il montaggio di un emulatore elettronico, acquistabile senza problemi su internet, (nella foto quello acquistato dall’Iniziativa delle Alpi) permette infatti di aggirare il dispositivo che blocca l’erogazione del motore al 20 percento della potenza in assenza dell’additivo AdBlue. Questo additivo è composto da un’urea ed è indispensabile per eliminare gli ossidi di azoto, le cui emissioni ritornano così a livello degli autocarri degli anni ’90. Secondo il responsabile politico dell’Iniziativa delle Alpi Manuel Hermann, queste manipolazioni hanno conseguenze a tre livelli: l’inquinamento dell’aria, la distorsione delle condizioni di concorrenza (l’additivo comporta costi di circa CHF 0,75 per100 km) e vengono aggirate anche le disposizioni sulla TTPCP. Gli autocarri in questione sono tutti di categoria Euro V e VI, che beneficiano del tasso minimo di TTPCP, mentre le emissioni dopo la manipolazione dovrebbe farli rientrare nella categoria più cara.