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Il Congresso SEV approva la riforma delle strutture ed elegge un nuovo presidente

Comitato nuovo e Giorgio Tuti per affrontare il futuro

233 voti a favore, nessun contrario e 5 astenuti; la decisione del Congresso in favore delle nuove strutture dirigenziali del SEV non poteva essere più chiara. Queste nuove strutture appaiono più snelle e in grado di reagire con maggior rapidità, senza per questo diminuire l’influsso della base.

Giorgio Tuti

Dal gennaio 2010, gli attuali quattro livelli di decisione (Congresso, comitato federativo, commissione direttiva e direzione dell’apparato professionistico) saranno ridotti a tre:

  • il Congresso, organo supremo, che continuerà a contare 250 delegati e a svolgersi ogni due anni. Un congresso su due avrà però la durata limitata a un giorno.
  • Tra un Congresso e l’altro, la direzione strategica sarà affidata al Comitato SEV, i cui 21 membri sono designati dai militanti e si riuniranno mensilmente . Questo Comitato sostituirà il comitato federativo, che si riuniva due volte all’anno e l’attuale commissione direttiva, costituita da 13 persone tra militanti e professionisti.
  • La concretizzazione delle decisioni strategiche competerà alla nuova Commissione direttiva, composta da quattro o cinque membri (il presidente SEV, 2 – 3 vice e l’amministratore), che si riunirà settimanalmente.

La nuova struttura opera una divisione chiara tra il livello strategico e quello operativo, mescolati nell’attuale commissione direttiva e permette decisioni molto più rapide. Il nuovo comitato potrà inoltre essere chiamato a operare decisioni strategiche ogni mese, mantenendo un legame diretto con le strutture di milizia. I suoi membri, pur dovendo far fronte al doppio carico di lavoro di sindacalista e nella loro professione, avranno la possibilità di confrontarsi con l’apparato professionistico, essendo perfettamente a conoscenza di quanto avviene in azienda.

Kurt Egloff, SBV, ha comunque chiesto di verificare la possibilità di assumere i presidenti centrali, che fanno parte d’ufficio del Comitato SEV, da parte del sindacato in ragione del 10 – 20%, per tener conto del loro impegno. Giorgio Tuti ha indicato come il Congresso potrebbe in futuro ritornare sulla questione, che però è stata molto approfondita  in questi due anni di dibattito sulle nuove strutture, giungendo alla conclusione di rinunciarvi, dato che non tutti avrebbero potuto disporre di una soluzione migliore rispetto all’indennizzo finanziario e alle schede di congedo previsti. L’assunzione parziale avrebbe comportato anche un chiaro aumento dei costi, che si è assolutamente voluto evitare, tenendo conto anche dell’evoluzione negativa del numero dei membri.

D’accordo anche la PV

Sergio Beti ha espresso a nome della PV una critica alla ponderazione dei voti in seno al comitato, basata sul numero dei membri a quota intera. Oltre che a essere a suo avvio incostituzionale, questo metodo non tiene conto che la riduzione della quota per i pensionati è giustificata dalla minor richiesta che questi fanno delle prestazioni SEV, per esempio dell’assistenza giuridica.

D’altra parte, la considerazione del numero dei membri a quota intera viene applicato da tempo nel SEV e i delegati hanno pertanto rinunciato ad opporsi a questa riforma.

Dopo la votazione, Giorgio Tuti ha espresso il suo ringraziamento per l’approvazione di una riforma che ha richiesto molti sforzi, inevitabili per apportare modifiche ad un organizzazione complessa ed eterogenea come il SEV. Il Congresso ha comunque dimostrato «la nostra capacità di portare in porto riforme». 

Markus Fischer