Colpi di diritto
Ammalarsi in vacanza
Ah, le vacanze! Cem ha programmato da mesi il suo viaggio in Turchia. Nelle quattro settimane di permanenza aveva intenzione di percorrere con la sua ragazza strade volutamente lontane dalle masse di turisti, ammirare panorami meravigliosi e far visita a qualche parente o amico d’infanzia. Però, poco dopo l’arrivo sul posto, si ammala e dev’essere ricoverato per una settimana in ospedale. Il resto delle vacanze lo trascorre più o meno a letto. Che rabbia, tutti i bei programmi rovinati! Potrà almeno recuperare i giorni di vacanza non goduti?
Chi durante le ferie si ammala o subisce un infortunio non deve per forza computare la malattia sul conto delle vacanze, a patto che possa provare l’impossibilità di beneficiarne. L’impossibilità subentra quando lo scopo delle vacanze - ossia il riposo e lo svago - è vanificato dal dover restare a letto, da un trattamento medico, regolari visite dal medico o un soggiorno in ospedale. Nella pratica si presume che la malattia deve avere una durata di almeno due o tre giorni ininterrotti. Nel caso di ferite leggere o di un malessere passeggero si ritiene che vi sia comunque la possibilità di riposarsi. Contano come ferite leggere, ad esempio, una insolazione, la frattura di un dito, una distorsione alla caviglia, un’ indigestione o un raffreddore. Secondo la prassi, per lo svago è già sufficiente poter compiere semplici passeggiate o dormire. In altre parole: il fatto che un’attività programmata al mare o ai monti non possa essere svolta, non significa che in vacanza non ci si possa anche riposare.
Spetta al lavoratore dimostrare adeguatamente che non gli è stato possibile godere delle vacanze. Altrimenti deve mettere in conto il mancato riconoscimento dei giorni di malattia. L’impossibilità di fare vacanza non è la stessa cosa di una incapacità al lavoro. Per questo è necessario che la prima venga esplicitamente citata nel certificato medico. All’occasione ricordiamo che non esiste una «parziale impossibilità di fare vacanza». Le vacanze o si possono fare interamente o non del tutto. Questo vale anche per chi lavora a tempo parziale, ad esempio a causa di incapacità al lavoro.
Il datore di lavoro deve riconoscere un certificato medico estero? Non è tenuto a farlo, e questo indipendentemente da dove lo stesso è stato allestito. In effetti, un certificato medico non costituisce una prova assoluta. Il datore di lavoro può metterne in discussione la validità, se nutre dubbi fondati al riguardo. In un simile caso, dovrebbe allora ordinare - a proprie spese - una verifica o un esame supplementare a cura del proprio medico di fiducia. Se non lo fa, si deve presumere che accetta il certificato medico come viene presentato dal dipendente.
Dubbi fondati circa la correttezza del certificato medico sussistono ad esempio se lo stesso è stato retrodatato oppure è stato allestito tempo dopo la malattia attestata. Occorre fra l’altro ricordare qui che un certificato medico è un documento ufficiale, per il quale si ipotizza un reato penale in caso di falsificazione (relativa all’ estensore) o di falsità ideologica (relativa al contenuto).
Per finire, consiglieremo a Cem di informare il più presto possibile della malattia il suo datore di lavoro e di fargli poi avere sollecitamente un certificato medico, dal quale risulti in tutta evidenza l’impossibilità di usufruire delle vacanze. In questo modo gli resterà almeno la consolazione di poter recuperare i giorni perduti. Auguri di buona guarigione a Cem e di un periodo estivo rilassante ai nostri lettori!
Team di protezione giuridica SEV