Un ex manovrista ammalato ha dovuto chiedere aiuto al SEV per rivedere la sua rendita d’invalidità e ottenere la prestazione complementare.

La dura lotta per una rendita

Quando si è in forma, ci si dimentica facilemente della propria fortuna. Una malattia, oltre a sofferenze fisiche e psichiche, comporta anche grosse difficoltà professionali e finanziarie.

In questi casi, dovremmo poter far capo alle assicurazioni sociali, le cui prestazioni però non sono automatiche. A 37 anni, Martino (nome fittizio) inizia a lavorare in manovra presso le FFS. Dopo quattro anni e mezzo, viene colpito da una lombaggine, il famigerato «colpo della strega», con forti e costanti dolori alla schiena, tanto che nove mesi dopo viene dichiarato inabile alla manovra per motivi medici. A 42 anni, egli può svolgere solo attività leggere in ragione del 50 percento. Le FFS lo impiegano quindi come fattorino e addetto a compiti di pulizia, ma Martino deve ben presto farsi dispensare anche da questi ultimi. Oltre che delle degenerazioni della colonna vertebrale, soffre anche di problemi intestinali di origine genetica. Un anno dopo, l’AI gli riconosce una mezza rendita. Circa due anni dopo, le FFS sciolgono il rapporto di lavoro. Sulla base del diritto vigente a quel momento (1999), Martino riceve dalla cassa pensioni una rendita di invalidità di 1313 franchi al mese e una mezza rendita sostitutiva AI di 723 franchi. Senza lo stipendio della moglie, la sua famiglia di 5 persone, non riuscirebbe a sbarcare il lunario. Lo stato di salute di Martino peggiora ulteriormente, tanto da non permettergli più di lavorare. La procedura di revisione della rendita non porta risultati concreti, nonostante una perizia medica precisi che il 48enne possa ormai solo svolgere attività leggere in posizione prevalentemente seduta. Martino chiede quindi aiuto al SEV, di cui ha sempre fatto parte, da ultimo come membro della PV. In un primo tempo, si rivolge alla protezione giuridica SEV Multi, la quale lo indirizza però al SEV, a seguito del contratto di assicurazione tra le due organizzazioni. Il SEV accoglie la richiesta e affida il caso ad un legale, che richiede una nuova revisione della rendita AI, assicurandosi nel contempo che non fossero elaborate perizie tendenziose. Le perizie confermano che Martino è quasi completamente incapace di lavorare e, un anno dopo, l’AI riconosce all’ormai 58enne una rendita intera di 1184 franchi, retroattiva a 20 mesi prima. La cassa pensioni si fa però avanti chiedendo il rimborso della mezza rendita sostitutiva, che risulta superiore alla mezza rendita AI. Martino si ritrova quindi confrontato con una pretesa di 2620 franchi che neppure il legale del SEV può contestare.

Il legale si fa però avanti con una richiesta di prestazioni complementari. In un primo tempo, la cassa cantonale di compensazione la respinge, per cui il legale presenta un ricorso basato sulla mutata situazione finanziaria della famiglia, dato che le due figlie maggiori hanno lasciato l’economia domestica ed è quindi venuto a mancare il loro contributo all’affitto e la moglie ammalata ha esaurito il diritto alle indennità di malattia e di disoccupazione. Il ricorso viene finalmente accolto e la cassa gli riconosce una prestazione complementare di 2256 franchi, di cui 400 versati direttamente per i premi di cassa malati e un versamento retrattivo di 20 832 franchi. Senza poter fare salti di gioia, questa decisione permette a Martino e alla sua famiglia di guardare con un minimo di fiducia al futuro, tanto da esprimere anche un giudizio molto positivo nei confronti della protezione giuridica del SEV.

Team di protezione giuridica SEV