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Un sì centrale per i media

Il 13 febbraio è giorno di votazioni. Il SEV, come l’USS, chiede di respingere l’abolizione della tassa di bollo e raccomanda un sì all’aiuto ai media. Non fornisce alcuna indicazione di voto, invece, sugli altri due temi.

Barbara Spalinger sotto i riflettori dei media: anche così la voce del sindacato si fa sentire

Il SEV chiede di votare «sì» all’aiuto destinato ai media con un importo di 151 milioni di franchi su sette anni. Come noto, l’aiuto ai media è stato combattuto con un referendum. L’argomento principale dei sindacati è chiaramente il servizio pubblico. «Con il pacchetto di aiuti ai media, la copertura mediatica viene finalmente riconosciuta per quello che è in una società dell’informazione democratica: una parte indispensabile del servizio pubblico», dice la segretaria sindacale del SEV e consigliera nazionale socialista Edith Graf-Litscher. Questa legge fornisce più risorse per l’assistenza indiretta ai media, sostenendo finanziariamente il servizio di consegna postale mattutino e aumentando il sostegno alla stampa associativa, compresa la stampa sindacale.

Tra le novità contenute nel pacchetto, emerge il sostegno finanziario al giornalismo, indipendentemente da supporto mediatico usato. Il Parlamento ha stanziato 30 milioni di franchi all’anno per assicurare che le persone in tutte le parti del Paese, possano informarsi online sugli sviluppi politici, economici e sociali del loro Paese, in tutte le lingue nazionali. Solo i media che sono finanziati in parte dai loro lettori saranno sostenuti. Le offerte gratuite non saranno supportate. «In questo modo, la democrazia si rafforza attraverso il sostegno all’informazione. E contrariamente a quanto dicono gli oppositori, questo denaro non rafforzerà i grandi gruppi. Gli aiuti proposti sono inoltre decrescenti. Questo significa che i media più piccoli sono proporzionalmente meglio sostenuti», dice Edith-Graf Litscher, che siede nella Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale. Questo assicura una copertura mediatica di qualità in tutto il Paese. «Aspetto fondamentale nel nostro Stato confederale. Inoltre, la ridistribuzione del canone radiotelevisivo per le stazioni radio locali e le stazioni televisive regionali, sarà aumentata».

Argomenti «puramente» sindacali

Al di là degli argomenti relativi al servizio pubblico, la legge offre garanzie relative al miglioramento delle condizioni di lavoro. L’aiuto ai media offrirà una boccata d’aria fresca alle aziende. Aiuterà a rallentare il deterioramento delle condizioni di lavoro in un settore in cui le ristrutturazioni e le perdite di posti di lavoro sono permanenti. Va ricordato che dal 2003, 70 giornali sono scomparsi in Svizzera secondo l’Istituto di ricerca e di studi sui media pubblicitari (REMP). Un altro punto molto importante è che la distribuzione mattutina, spesso caratterizzata da un lavoro precario, sarà finalmente soggetta all’obbligo di negoziare contratti collettivi di lavoro, ricorda l’USS nel suo argomentario.

Evitare lo statu quo

Gli oppositori al sostegno ai media hanno la faccia tosta di minacciare i "media di Stato" e la "fine della libertà giornalistica" in caso di vittoria del sì. «Ma è vero esattamente il contrario. Se il pacchetto fallisce nelle urne, tutto continuerà come oggi: Facebook e Google si accaparreranno sempre più entrate pubblicitarie (contro zero servizi mediatici!), i media locali e regionali continueranno a morire lentamente, e i pochi formati rimasti dei grandi gruppi mediatici saranno riempiti sempre più con pubblicità e programmi sponsorizzati. Ed è proprio questo tipo di sviluppo ad incidere negativamente sull’indipendenza e la diversità dei media, non il rafforzamento del sostegno ai media», dice Edith Graf-Litscher.

Inoltre, il sussidio settennale ai media dovrebbe costringere i grandi gruppi ad assumersi le loro responsabilità: molti miglioramenti importanti sono infatti andati persi nel quadro di questo compromesso. «Dovrebbe essere reso obbligatorio concludere un contratto collettivo di lavoro con condizioni di lavoro esemplari in tutti i settori che ricevono il sostegno», commenta Edith Graf-Litscher. Si dovrebbe anche progredire nella creazione di un’agenzia di stampa nazionale e indipendente. «È anche giunto il momento di tassare in modo adeguato i grandi gruppi digitali e il loro esorbitante fatturato sul mercato svizzero» conclude.

Ma nel frattempo, è necessario un chiaro sì!

Vivian Bologna

No all’abolizione della tassa di bollo

Insieme all’USS e ai partiti di sinistra, il SEV si oppone all’abolizione della tassa di bollo. Questa soppressione è una rivendicazione (molto) vecchia delle banche e delle compagnie di assicurazione. Finora, tutti i tentativi sono stati bloccati, anche perché l’abolizione della tassa di bollo comporterebbe la perdita di oltre due miliardi di franchi di entrate fiscali. Il Parlamento e il consigliere federale Ueli Maurer ha quindi scelto di andare avanti sotto mentite spoglie: si sono impegnati a dividere il progetto di abolizione in più tappe per renderlo più facile da far passare.

La prima tappa, che è già stata decisa dal Parlamento, prevede l’abolizione della tassa di bollo sul capitale proprio (costo approssimativo: 200-250 milioni di franchi). La seconda tappa include l’abolizione della tassa di negoziazione sui titoli, con l’ulteriore abolizione della ritenuta sugli interessi delle obbligazioni (vedi pagina 3). In seguito, tutte le tasse commerciali saranno abolite, così come la tassa di bollo sui premi assicurativi.

Le perdite fiscali di 2 miliardi si tradurranno in deficit che i lavoratori e le lavoratrici dovranno pagare.

Maggior informazioni sul sito degli oppositori: www.fregatura-no.ch.