Film «Mahatah»
Contrasti e analogie
Una giornata nelle stazioni centrali di Zurigo e del Cairo: il contrasto non potrebbe essere più forte. Ad uno sguardo più attento, tuttavia, questi due mondi apparentemente così diversi sono anche incredibilmente simili. Il film «Mahatah» («stazione» in arabo) di Sandra Gysi e Ahmed Abdel Mohsen è attualmente nelle sale svizzere. Un lungometraggio molto interessante alla scoperta di diverse culture.
Nella capitale egiziana vivono circa 20 milioni di persone con un reddito medio pro capite di circa 300 franchi al mese. Alcune di queste persone lavorano alla stazione centrale del Cairo, la «madre di tutte le stazioni egiziane», dove garantiscono un esercizio senza problemi e la sicurezza per chi vi transita.
Diversa la situazione di Zurigo: nella più grande città svizzera vive meno di mezzo milione di persone. In Svizzera il reddito medio mensile è di oltre 7000 franchi; a Zurigo probabilmente un po’ di più, in stazione centrale forse qualcosa di meno. Molte delle persone che vi lavorano hanno una storia di migrazione alle spalle. Anche loro assicurano il funzionamento di questa macchina logistica estremamente complessa e consentono ai passeggeri di partire o di rientrare a casa.
Due mondi paralleli
Nel film «Mahatah» gli spettatori si immergono in due mondi paralleli e seguono per 24 ore questi universi cosmopoliti. «È un continuo andirivieni che si svolge tuttavia in un luogo chiuso», così la regista svizzera Sandra Gysi racconta la sua passione per le stazioni che l’ha spinta, insieme al regista egiziano Ahmed Abdel Mohsen, a realizzare questo film. Per circa un mese i due cineasti hanno girato per le due stazioni parlando con macchinisti, collaboratori/collaboratrici dei ristoranti e addetti alle pulizie che si occupano della sporcizia lasciata dalle migliaia di viaggiatori ogni giorno. Al Cairo la coppia di registi ha dato uno sguardo dietro le quinte del servizio di sicurezza, i cui agenti si mescolano nella folla di passeggeri senza dare nell’occhio. A Zurigo hanno seguito due addetti alla sicurezza che non solo garantiscono l’ordine, ma fungono anche da psicologi, sanitari e punto d'informazioni.
L’intero film è attraversato da un filo rosso: la migrazione. Le stazioni riflettono il desiderio di andare lontano e forse sono il primo passo verso la realizzazione di un sogno: trovare una nuova patria in un luogo diverso del mondo. In particolare nella stazione di Zurigo hanno trovato lavoro molte persone provenienti da tutto il globo che raccontano la loro storia nel film. Diverse le storie raccolte al Cairo, dove tante persone sognano di scappare dalla povertà e fare fortuna in un altro Paese.
Ma ce ne sono anche altre che sono felici di rimanere. Il collaboratore della lavanderia della stazione cairota, per esempio, racconta che molti dei suoi colleghi emigrati lontano carichi di speranze, sono ritornati in Egitto delusi dalla loro esperienza migratoria.
Culture e migrazione al centro
Per Sandra Gysi e Ahmed Abdel Mohsen affrontare la questione della migrazione ha anche una motivazione personale. I due registi hanno conosciuto entrambe le culture, vivendo sia in Svizzera, sia in Egitto. La stazione è il luogo perfetto per affrontare il tema della migrazione e delle diverse culture. «Per noi era importante mettere in discussione i cliché e combattere i pregiudizi», spiega Sandra Gysi, «sia qui in Svizzera, sia in Egitto, dove speriamo che il film venga prima o poi proiettato».
Se al primo sguardo appaiono così diverse, nel film le stazioni di Zurigo e del Cairo presentano tante analogie. In alcuni momenti lo spettatore non sa più in quale stazione si trova e si domanda: ma questo kebab è del Cairo o di Zurigo?
Ulteriori informazioni sul film sono disponibili qui.
Michael Spahr