Adeguare le offerte alle diverse esigenze
I/le migranti nel SEV
Circa 7000 membri del SEV sono immigrati o loro discendenti. Due terzi non hanno il passaporto svizzero, la metà circa non è di lingua madre tedesca, né francese o italiana. Molti di loro rientrano nelle fasce salariali basse e pertanto hanno assoluto bisogno del sostegno del sindacato.
La Svizzera è un paese d’immigrazione; quasi il 40% della popolazione ha un cosiddetto background migratorio. Si tratta cioè di persone immigrate in Svizzera oppure di discendenti della seconda o terza generazione con un’origine straniera. Circa un terzo di queste persone ha ottenuto la cittadinanza svizzera.
Di conseguenza, anche una parte considerevole degli iscritti ai sindacati proviene da questo gruppo di popolazione. Nel settore dei trasporti pubblici, tuttavia, gli stranieri sono entrati relativamente tardi; per molte categorie di dipendenti pubblici la cittadinanza svizzera era un prerequisito per l’assunzione. Oggi gli immigrati lavorano praticamente in tutti i gruppi professionali e quindi anche in tutte le sottofederazioni del SEV; nella VPT ce n’è un numero superiore alla media, da ricondurre soprattutto agli autisti di autobus francesi nella Svizzera occidentale.
Le FFS dichiarano di avere collaboratori provenienti da 103 paesi diversi, nel SEV sono addirittura 105. Il gruppo più numeroso proviene dall’Italia, seguito da Francia e Germania. Tuttavia, il SEV conta anche membri di nazionalità cinese, cilena o ivoriana.
Tutti loro hanno dei bisogni speciali (vedi box e articolo "Per 16 anni ho avuto paura di perdere il lavoro"). Anche se di solito al lavoro devono usare una delle lingue nazionali, molti hanno difficoltà con il tedesco, il francese o l’italiano.
Questo rende il compito del sindacato ancora più arduo. Sono soprattutto i membri con difficoltà linguistiche che avrebbero particolarmente bisogno di sostegno, ma non hanno praticamente nessun contatto con persone di fiducia delle sezioni o con i segretari sindacali.
Costruire una rete di persone di fiducia che possano comunicare con i colleghi nella loro lingua è quindi uno dei compiti più urgenti del SEV.
Digitalizzazione sul posto di lavoro
Nel pieno della «quarta rivoluzione industriale» il mondo del lavoro si sta evolvendo in modo rapidissimo, anche sotto la spinta verso la digitalizzazione dovuta alla pandemia. Ma in che direzione stiamo andando? La giornata organizzata dalla Commissione migrazione del SEV è dedicata agli effetti della digitalizzazione sul settore dei trasporti pubblici. Dove ci porta questo viaggio? I sindacati sono in grado di sfruttare le forme di lavoro digitali a vantaggio dei lavoratori?
Come cambiano la quotidianità lavorativa smartphone, tablet e altri supporti e come si ripercuote la reperibilità continua sul tempo libero? E cosa succede quando un lavoratore sente di non soddisfare più i crescenti requisiti?
Peter Moor
Giornata della migrazione 2021
La giornata della migrazione del SEV di quest'anno avrà luogo venerdì 15 ottobre, dalle 9 alle 16, all'Hotel Olten di Olten. Programma:
- Relazione di Daniela Lehmann, coordinatrice della politica dei trasporti al SEV. Tema: Mobilità 4.0: Uno sguardo alla digitalizzazione nei trasporti pubblici.
- Lavoro di gruppo: La quarta rivoluzione industriale – in che direzione stiamo andando?
- Relazione di Michele Puleo, direttore del Centro di consulenza Integrazione Argovia (AIA). Tema: Esperienze dall’attività quotidiana nel centro di consulenza.
- Lavoro di gruppo: La sfida della digitalizzazione – dove e come ottenere sostegno?
Sono invitati tutti i membri del SEV, indipendentemente dalla loro nazionalità. Gli iscritti e le iscritte al SEV con cittadinanza estera riceveranno un invito personale.
La partecipazione è gratuita; pranzo e bevande sono offerti
Norme Covid: La partecipazione alla giornata sulla migrazione richiede un certificato Covid. Il SEV pagherà i costi del test per i/le partecipanti che non hanno un certificato.
Maggiori informazioni/registrazione su sev-online.ch/migrazione
Giornata della migrazione
La Commissione migrazione del SEV affronta le problematiche specifiche delle colleghe e dei colleghi migranti. In minima parte se ne occupa anche il segretario sindacale Wolfram Siede, 57 anni, tedesco, che conosce bene l’argomento per esperienza personale. Intervista a tutto tondo su un tema di attualità.
Wolfram Siede, chi è per te un/una migrante?
Innanzitutto, è una questione di nazionalità: indubbiamente appartiene a questo gruppo chi non ha la nazionalità svizzera, ma anche le persone nel frattempo naturalizzate. Le statistiche sugli iscritti del SEV non sono molto chiare, poiché non danno alcuna informazione sull’adesione dei/delle migranti di seconda e terza generazione.
Secondo le statistiche circa 4800 membri del SEV non hanno il passaporto svizzero: queste persone hanno esigenze particolari?
Sì, assolutamente. Nel settore dei trasporti pubblici esistono categorie professionali mal pagate perché non hanno una formazione oppure è inadeguata. Spesso questi colleghi e queste colleghe sono assunti su base temporanea, e alla fine della loro vita lavorativa molti vivono una vecchiaia in povertà. In particolare sono colpiti dalle limitazioni della previdenza di vecchiaia e dai tagli alle prestazioni delle casse pensione. Inoltre devono ancora far valere i loro diritti dall’estero con una procedura complicata.
Oltre 1000 membri del SEV sono frontalieri: qual è la loro situazione.
È molto difficile per noi raggiungere i colleghi e le colleghe che vivono all’estero ma lavorano in Svizzera. Talvolta i frontalieri hanno interessi diversi da quelli dei cittadini svizzeri. Sono maggiormente disposti a lavorare con orari prolungati per poter trascorrere più tempo libero con la famiglia all’estero. Purtroppo alcune aziende se ne approfittano. Si tratta di una sfida per i sindacati: attuare il principio della parità di condizioni di lavoro per tutti i lavoratori.
Come hai detto, c’è poi il gruppo dei naturalizzati, che non rientra nelle statistiche, credo siano circa 2000 iscritti. In che modo riesci ad entrare in contatto con loro?
Attraverso le giornate sulla migrazione che il SEV organizza ogni anno e che pubblicizziamo su vasta scala. In queste occasioni ci occupiamo delle questioni specifiche delle persone migranti. Quest’anno abbiamo deciso di approfondire la questione dell’impatto della digitalizzazione sul mondo del lavoro e come le nostre e i nostri affiliati sentono di poterla affrontare.
Potresti darci maggiori dettagli? Quali sono le esigenze specifiche dei migranti in materia di digitalizzazione, un fenomeno che interessa direttamente tutte le professioni del settore dei trasporti pubblici?
I colleghi e le colleghe la cui prima lingua non è una delle tre lingue nazionali, ad esempio, hanno difficoltà quando devono compilare i moduli. La digitalizzazione sta portando a grandi cambiamenti nei profili professionali: questo è l’argomento che vorremmo approfondire alla Giornata sulla migrazione. Di cosa hanno bisogno concretamente queste persone, come affrontano individualmente i cambiamenti? Le risposte sono molto diverse fra loro.
Ad esempio all’improvviso sono richieste competenze linguistiche scritte laddove un tempo bastavano quelle orali?
Esatto. Ma la digitalizzazione riguarda anche il monitoraggio del traffico merci attraverso telecamere, sensori e altri dispositivi; questo cambia radicalmente i requisiti posti ai lavoratori, per esempio nel controllo tecnico dei treni. Il lavoro fisico pesante sta diminuendo, ma i colleghi devono valutare i dati sul posto e inserire messaggi di errore: tutto questo cambia radicalmente il profilo professionale.
I/le migranti hanno un’esigenza centrale nei confronti del sindacato che le persone di origine svizzera non hanno. Ce la puoi descrivere?
La questione dello status del soggiorno è fondamentale. Attualmente il Parlamento sta discutendo un inasprimento della legge federale sugli stranieri e la loro integrazione: la maggioranza di destra sta cercando, in un certo senso, di negare l’aiuto sociale ai titolari di un permesso illimitato. Questo riguarda anche nostri colleghi, alcuni dei quali lavorano in Svizzera da 20 anni, che ora rischiano di perdere il loro diritto di residenza in Svizzera oppure di essere declassati.
Italia, Francia e Germania sono i principali Paesi d’origine: emerge anche nell’attività della Commissione migrazione del SEV?
Nella Commissione migrazione sono presenti colleghi e colleghe di tutte e tre le regioni linguistiche. Nel mio lavoro incontro anche persone appartenenti a gruppi linguistici dell’Europa orientale o della Turchia. Avendo lavorato nel settore della pubblicità alla stazione di Basilea, conosco intere aree di lavoro in cui la maggior parte dei colleghi e delle colleghe parla nella propria lingua d’origine. A loro il sindacato deve essere particolarmente vicino; spesso hanno domande molto pratiche riguardanti il lavoro, per esempio sugli strumenti ausiliari da utilizzare per la pulizia dei treni.
Oltre ai giovani e alle donne, i migranti sono l’unico gruppo con una posizione particolare all’interno del SEV. Per quale motivo?
All’inizio del nuovo millennio, i sindacati in Svizzera hanno cominciato a offrire un sostegno speciale a determinati gruppi d’interesse, ad esempio per rendere più visibili le questioni delle donne, nel sindacato ma anche nella vita lavorativa, e prevenire la discriminazione; questo vale anche per i migranti. Il SEV ha iniziato negli anni Novanta con un gruppo di lavoro e successivamente ha istituito una commissione con membri eletti. Per quanto ne so, tutti i sindacati dell’USS hanno tali rappresentanze.
Sei originario della Germania: come vivi la Svizzera da migrante?
Rappresento il SEV nella Commissione migranti dell’USS in cui mi sono presentato come migrante. È stato piuttosto paradossale, perché io stesso vivo come un migrante in Svizzera. Ho anche uno status di seconda classe, soprattutto quando si tratta di iniziative popolari e di voto: sono privato dei diritti politici, non posso votare né in Germania né in Svizzera.
In questo momento stiamo guardando impotenti la drammatica situazione in Afghanistan (cfr. pagina 12, ndr); tuttavia esistono situazioni drammatiche anche in Svizzera. Qui, i rifugiati riconosciuti vivono nell’incertezza per molti anni. Una legislazione sugli stranieri al passo con i tempi dovrebbe permettere il soggiorno e la naturalizzazione entro un termine ragionevole e senza le attuali, innumerevoli riserve. Questa condizione è difficile da vivere.
Quali sono i tuoi progetti futuri in qualità di responsabile della migrazione al SEV?
All’interno della commissione cerchiamo di avvicinare i giovani colleghi in modo da poter costruire una rete di contatti, soprattutto nella sottofederazione VPT, ossia nelle imprese di autobus e ferroviarie, dove gli/le iscritti/e sono più numerosi ma le possibilità di raggiungerli piuttosto inadeguate. In questo momento la costruzione di una rete di persone di fiducia della Commissione migrazione è certamente l’obiettivo prioritario a cui stiamo lavorando. Per questo è importante poter raggiungere più facilmente i membri, per esempio attraverso una newsletter.
Peter Moor