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14 giugno 2020: le donne chiedono rispetto e parità
«Non voglio più accettare le cose che non posso cambiare: voglio poter cambiare ciò che non accetto. Dobbiamo comportarci come se fosse possibile cambiare radicalmente il mondo e dobbiamo farlo costantemente». L’americana Angela Davis, femminista e attivista per i diritti civili, ha fatto della lotta per un mondo migliore, la sua cifra.
Eccoci dunque, un anno dopo lo storico sciopero del 2019, ad occupare nuovamente la scena in forma unitaria, plurale e collettiva e nel rispetto delle misure sanitarie imposte dalle autorità federali e cantonali. Domenica 14 giugno dalle ore 10 alle ore 12.00 in Piazza del Sole a Bellinzona rivendicheremo «Rispetto!». Rispetto per la nostra persona, la nostra autodeterminazione, i nostri corpi, le nostre aspirazioni, le nostre condizioni di vita, le nostre opinioni, le nostre scelte. Rivendicheremo salari migliori, condizioni di lavoro migliori, più tempo per noi, più equità, più libertà, più spazi. Denunceremo violenze, ostilità, prevaricazioni. Denunceremo ogni forma di razzismo!
E diremo soprattutto grazie alle donne. A tutte le donne che durante l’emergenza Covid-19 si sono sobbarcate l’onere del lavoro di cura, del lavoro remunerato e non remunerato. Le donne hanno dimostrato che le mani della cura sono più forti della paura. Nelle corsie degli ospedali o tra gli scaffali dei grandi magazzini, le donne non hanno mai smesso di prendersi cura dei nostri bisogni. Il 14 giugno renderemo visibile ciò che è stato invisibile.
Una data centrale del movimento sindacale
Noi donne ci siamo. Ci siamo ogni giorno, anche se ci mostriamo pubblicamente in occasioni scelte, perché per le donne ci sono alcune date che vanno oltre la mera forza simbolica o celebrativa: il 14 giugno è una data centrale nel movimento sindacale perché il 14 giugno 1991 fu organizzato il primo sciopero nazionale delle donne.
Uno sciopero voluto per denunciare il mancato rispetto della Costituzione svizzera: il 14 giugno di dieci anni prima, il popolo aveva infatti approvato l’articolo costituzionale sull’ uguaglianza: « Uomo e donna hanno uguali diritti. La legge ne assicura l’uguaglianza, di diritto e di fatto, in particolare per quanto concerne la famiglia, l’istruzione e il lavoro. Uomo e donna hanno diritto a un salario uguale per un lavoro di uguale valore». Quasi 30 anni dopo, l’unica cosa certa è questa parità incompiuta.
Rendere visibile l’invisibile
La lotta per la parità, si diceva, è spesso silenziosa. Ma deve essere anche clamorosa, visibile, udibile, reiterata nella sua forza pubblica e dirompente. L’emergenza Covid-19, con il suo carico di sofferenze, non ha purtroppo spazzato via comportamenti patriarcali e maschilisti che perpetuano discriminazioni su discriminazioni, stereotipi su stereotipi. Attitudini diffuse a più livelli che vorrebbero le donne mute, capo chino sul lavoro retribuito e non retribuito, sempre in seconda fila, ai margini dei dibattiti pubblici.
Le voci delle donne non resteranno mute: saranno udibili sulle onde di alcune radio web - da Radio Gwen a Radio Carona – che con noi condividono gli ideali di un mondo più giusto e migliore. E negli spazi urbani di alcune località del Cantone, le tracce delle donne cominceranno ad essere visibili alcuni giorni prima del 14 giugno con l’azione «Alberi femministi».
Mentre alle 15.24, quando cioè le donne cominciano a lavorare gratuitamente, fermeremo l’orologio anche noi: ma per ricordare la disparità salariale, una vergogna persistente.
Françoise Gehring