previdenza vecchiaia
Tutti uniticontro AVS 21
La scorsa settimana a Bellinzona un comitato che riunisce diverse realtà associative, politiche e sindacali ha ribadito la necessità di opporsi all’aumento dell’età di pensionamento delle donne, prima tappa verso l’aumento generalizzato a 67 anni per tutti. I temi in votazione il 25 settembre saranno due, poiché AVS 21 comporta anche l’aumento dell’IVA.
Chi pensa che AVS 21 sia un passo avanti verso l’uguaglianza, fa propria una grande mistificazione! Basti pensare che una donna riceve una pensione inferiore di un terzo rispetto a quella di un uomo. Con AVS 21, le donne perderanno comunque circa 26.000 franchi. Affermare che AVS 21 sia un progetto di uguaglianza è davvero un’inaccettabile presa in giro. E in occasione della giornata di azione nazionale del 26 agosto, il SEV ha chiaramente ribadito la necessità di respingere questa riforma, ingiusta e insidiosa (cfr. editoriale in prima).
In Svizzera le donne guadagnano in media il 19% in meno degli uomini. La maggior parte del lavoro domestico, educativo e di cura viene svolto gratuitamente dalle donne, che per questo hanno un grado d’occupazione mediamente più basso degli uomini. Queste disuguaglianze hanno poi un impatto diretto sulle pensioni delle donne, che sono in media del 37% inferiori a quelle degli uomini. Secondo un recente rapporto del Wef (Gender Gap Report 2022) a livello globale le donne raggiungeranno la parità tra 132 anni.
Ciò che in realtà si cela in questa riforma è la volontà di portare l’età pensionabile per tutti a 67 anni. Opporsi al progetto significa inviare un chiaro segnale contro qualsiasi aumento dell’età pensionabile. E anche gli uomini hanno tutto l’interesse a smascherare una riforma che altro non è che un insidioso grimaldello per aumentare l’età della pensione. I progetti e le iniziative popolari in questo senso ci sono già! E sono ben concreti. Parliamo allora degli over 60 nel mercato del lavoro! Oggi solo la metà degli uomini e delle donne esercitano un’attività lucrativa un anno prima del pensionamento. Il mercato del lavoro esclude brutalmente le persone che si avvicinano a fine carriera. Le lavoratrici e i lavoratori di età avanzata sono spesso discriminati dai datori di lavoro e vittime di pregiudizi. Per l’economia costano troppo, non sono produttive, costituiscono un peso. Aumentare l’età di pensionamento significa quindi aumentare il numero di persone in disoccupazione di lingua durata o spingerle a chiedere gli aiuti sociali.
IVA: imposta antisociale
E che dire dell’aumento dell’IVA, l’imposta più antisociale che ci sia: l’IVA pesa in modo uguale su tutti, indipendentemente da chi guadagna 3 mila franchi al mese oppure 12 mila. Ciò significa che l’impatto dell’IVA pesa proporzionalmente in modo nettamente maggiore sui redditi bassi rispetto ai redditi alti. La politica dovrebbe pensare a compensare l’aumento dei prezzi, a ridurre il tempo di lavoro, a ridurre i premi insopportabili della cassa malati piuttosto che andare a colpire ulteriormente chi deve campare con basse pensioni. Con AVS 21 si pagherà di più e si riceverà di meno. Solo i più benestanti potranno permettersi di andare in pensione anticipata. Andando avanti di questo passo, in pensione ci andremo a 70 anni.
AVS 21 è solo uno dei grandi cantieri in cui le donne sono perdenti: mancata parità salariale; discriminazioni nella previdenza vecchiaia; peso sproporzionato del lavoro non remunerato; percentuali occupazionali fragili; ostacoli professionali; pregiudizi stigmatizzanti. A cui si aggiunge la deliberata volontà di non ascoltare la voce delle donne, che in occasione dello sciopero nazionale del 2019 si erano schierate contro l’aumento dell’età di pensionamento.
frg/USS Ticino