colpi di diritto
Dimissioni senza un nuovo lavoro? Rischioso
La motivazione lavorativa di Hans non è al massimo. Recentemente, ha avuto numerose divergenze con il suo superiore, ha perso la pazienza e, in un paio di occasioni, ha alzato la voce. Ha quindi ricevuto dapprima alcuni ammonimenti e poi, qualche giorno fa, una minaccia di licenziamento. Hans ha il timore di non riuscire ad evitare nuovi contrasti e il conseguente licenziamento. Per anticipare questo sviluppo fatale, sta pensando di prendere in mano la situazione e di porre fine di propria iniziativa al rapporto di lavoro. È però anche consapevole che la difficile situazione economica renderà problematica la ricerca di un nuovo posto e vuole pertanto evitare di ridurre inutilmente il suo diritto alle prestazioni dell’assicurazione disoccupazione. Sa che, qualora dovesse interrompere il rapporto di lavoro di propria iniziativa, dovrà subire dei giorni di sospensione e vorrebbe pertanto ricorrere a una convenzione d’uscita, in modo da terminare il rapporto con il consenso del datore di lavoro. Ma in questo modo può davvero evitare le sanzioni dell’assicurazione disoccupazione?
Se l’assicurazione disoccupazione stabilisce che l’assicurato è responsabile della propria disoccupazione, in virtù dell’art. 30 della legge (LADI), è obbligata a ridurre il suo diritto alle indennità giornaliere, infliggendo dei giorni di sospensione. Secondo l’art. 45 dell’ordinanza (OADI), la durata della sospensione è compresa tra 1 e 60 giorni ed è determinata dal grado di colpa.
La disoccupazione è considerata imputabile all’assicurato se il suo comportamento, in particolare a causa di violazioni degli obblighi contrattuali, ha indotto il datore di lavoro a sciogliere il rapporto. Questa non è però l’unica circostanza: si può essere ritenuti responsabili della disdetta del rapporto di lavoro anche in caso di comportamento in o fuori dall’azienda che dà al datore di lavoro giustificati motivi per procedere alla disdetta.
L’assicurato è anche ritenuto responsabile della propria disoccupazione quando interrompe il rapporto di lavoro di propria iniziativa, senza che gli sia stato garantito un altro posto di lavoro. Il fatto che le dimissioni del dipendente siano concordate con il datore di lavoro è irrilevante.
Di conseguenza, anche in caso di scioglimento consensuale del rapporto di lavoro, si viene ritenuti responsabili della conseguente disoccupazione, che viene considerata alla stessa stregua di quella derivante dalle dimissioni. La situazione è diversa solo se il datore di lavoro impone al dipendente uno scioglimento del rapporto di lavoro di «comune accordo», minacciando in alternativa di procedere al licenziamento. In mancanza di una vera possibilità di scelta, non si può parlare di una dimissione inoltrata su iniziativa del dipendente. Tuttavia, in queste situazioni, viene verificato se il dipendente ha dato al datore di lavoro motivi tali da prospettargli lo scioglimento del rapporto di lavoro.
Naturalmente, le dimissioni e lo scioglimento del contratto di comune accordo vengono giudicati come imputabili al dipendente solo se la continuazione del rapporto di lavoro è ragionevolmente esigibile. I tribunali valutano tuttavia queste situazioni in modo molto restrittivo.
Per Hans, ciò significa che anche se il rapporto di lavoro viene disdetto di comune accordo tramite una convenzione di uscita, dovrà fare i conti con dei giorni di sospensione, tanto più che, in mancanza di motivi evidenti che facciano apparire irragionevole la continuazione del rapporto di lavoro, un caso come il suo viene considerato dalla cassa disoccupazione come una dimissione di propria iniziativa.
La Protezione giuridica del SEV gli ha quindi raccomandato di agire con molta cautela e di trovare un nuovo posto, prima di sciogliere l’attuale rapporto di lavoro.