misure di risparmio alle FFS
Riflettori sull’invalidità professionale: istruzioni per l’uso
L’abolizione dell’invalidità professionale è una delle tre misure di risparmio previste dalle FFS a carico dei propri dipendenti. Il principio dell’invalidità professionale è iscritto nel CCL, ma i dettagli sono definiti in un accordo tra le FFS e la Cassa pensioni. Secondo i dati delle FFS, l’abolizione dell’invalidità professionale apporterebbe circa 8 milioni all’anno. Di cosa si tratta esattamente?
«I collaboratori e le collaboratrici delle FFS sono assicurati presso la Cassa pensioni FFS contro l’invalidità professionale. L’invalidità professionale si verifica quando un/una dipendente non è più in grado, per motivi di salute, di svolgere l’attività corrente o un’altra attività che ci si può ragionevolmente aspettare da lui/lei e non ha diritto a una rendita completa dall’AI. L’invalidità professionale ammonta al 60 % del salario assicurato fino al pensionamento. Inoltre, viene corrisposta una rendita ponte pari al 90% della rendita massima AVS», spiega Vincent Brodard del servizio di protezione giuridica del SEV.
Non tutti ne hanno diritto. La strada per arrivarci è lunga. Il primo passo consiste nel passare attraverso la fase di reinserimento professionale di due anni prevista dalle FFS. Se non è possibile essere impiegato, l’invalidità professionale diventa un’opzione a partire dall’età di 50 anni e 10 anni di contributi alla Cassa pensioni. «Questa invalidità professionale è stata pensata per le persone che svolgono una professione in regime di monopolio e il cui reinserimento nel mondo professionale è molto, molto complicato, se non impossibile. Abolendo questa invalidità professionale, le FFS mettono in una posizione precaria persone che non hanno quasi nessuna possibilità di trovare un lavoro. Le prospettive offerte loro sono prima la disoccupazione, poi i servizi sociali», commenta criticamente Valérie Solano, vicepresidente del SEV. «Questo atteggiamento non è socialmente responsabile per un’azienda dipendente dalla Confederazione. Alla fine saranno i/le contribuenti a pagare. La persona che ne farà le spese, si troverà in una situazione precaria. Ciò è tanto più problematico in quanto le FFS hanno costantemente ridotto le opportunità di reintegrazione interna e ridotto i posti di integrazione».
Mobilitazione nel 2016
Vale la pena ricordare che l’accordo sull’invalidità professionale era già stato disdetto alla fine del 2016. «All’epoca, il contributo di rischio del 2 % alla Cassa pensioni era interamente a carico delle FFS. Con la rescissione dell’accordo, le FFS volevano ottenere una partecipazione da parte dei/delle dipendenti. Questo fu l’accordo negoziato alla fine del 2016 dopo una mobilitazione del SEV davanti alla sede centrale delle FFS al Wankdorf, dove si erano riuniti 300 dipendenti: l’invalidità professionale fu dunque prolungata di sei anni fino alla fine del 2022. Da allora, i dipendenti pagano un quarto dei contributi di rischio (cioè lo 0,5% del loro salario lordo), ricorda Franziska Schneider, responsabile del servizio di protezione giuridica del SEV e membro del Consiglio di fondazione della Cassa pensioni delle FFS.
Tuttavia le FFS se la prendono anche con questi contributi di rischio. Dopo aver versato l’intero importo fino alla fine del 2016, poi per ¾ fino alla fine di quest’anno, le FFS vogliono ora che questi contributi siano versati in parti uguali a partire dal 2023. La terza misura riguarda i contributi per l’assicurazione malattia, che le FFS vogliono portare dall’1,2% all’1,7%. «Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo. Queste proposte sono un attacco al potere d’acquisto dei/delle dipendenti e alla protezione dei più vulnerabili», sottolinea Valérie Solano. «Le reazioni del personale che abbiamo potuto raccogliere sono unanimi. La rabbia cresce e l’azienda si mette contro il personale, nonostante abbia recentemente dichiarato che «la felicità dei dipendenti fa la felicità dei clienti». Nelle prossime settimane ci consulteremo con i membri del nostro sindacato per stabilire come rispondere a questi attacchi», conclude Solano.
Vivian Bologna
Campagna di reclutamento sindacale 2022
In termini di nuove adesioni, nel 2022, il SEV intende fare ancora meglio rispetto al 2021. Le misure per raggiungere questo obiettivo, includono il rafforzamento della rete dei migliori reclutatori e delle migliori reclutatrici, come pure la definizione di obiettivi numerici per le sottofederazioni.
Le misure di risparmio delle FFS (vedi articolo principale) e le risposte che intendiamo dare, sono un’opportunità per convincere le colleghe e i colleghi non sindacalizzati ad aderire al SEV. Una forte risposta collettiva è fondamentale.
Indipendentemente dalla situazione attuale, il SEV ha deciso di lanciare una campagna di sindacalizzazione presso le FFS, a partire da giugno nella Svizzera tedesca. A questo scopo le sottofederazioni hanno trovato un ambasciatore o un’ambasciatrice che spiegherà in poche frasi perché ha aderito al SEV. Che siano su un volantino o attraverso un video, le testimonianze sono una splendida dimostrazione dell’impegno militante. «I messaggi e le personalità scelte contribuiranno a convincere i non iscritti ad aderire al sindacato», afferma Sandra Ritz, responsabile del reclutamento del SEV. «Non vedo l’ora di vedere gli effetti di questa campagna, che si rifletteranno in numerose presenze sul territorio e sui nostri diversi canali di comunicazione» ha sottolineato. La campagna in Ticino e nella Svizzera francese si svolgerà nel mese di settembre.