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Stella Knoll, marketing Tilo

Decisa, tenace, diretta. E pure appassionata quando si toccano questioni come parità, giustizia, solidarietà. Dentro gli occhi che sono come due fessure aperte sul mondo, si intravvedono anche le fiamme di chi ha la consapevolezza che per costruire un mondo migliore, occorre lottare tutti insieme. Stella Knoll, presente a Mendrisio in occasione dello sciopero delle donne del 14 giugno, sottolinea la sua fibra militante.

Stella Knoll a Mendrisio in occasione dello sciopero delle donne del 14 giugno

Lei lo sa che non è l’inizio. Ma da qui desidero partire perché l’affermazione che segue di Stella Knoll, rispecchia una visione molto realista: «Il progresso non è mai una linea retta». Quindi essere consapevoli che la vita, anche quella di un sindacato, è fatta di conquiste e di quasi inevitabili battute d’arresto, denota una capacità di analisi lucida e in qualche modo serena. Ciò non toglie che non si può - e non si deve - mai mollare. Mai. Anche e soprattutto quando si tratta dei diritti delle donne.

Stella ha iniziato la sua carriera in TILO nel 2008 come assistente di direzione. Oggi, dopo aver messo al mondo Amelia e Dante, lavora al 50% come assistente marketing. Sposata con Marco Magistro, macchinista e vicepresidente della LPV Ticino, Stella è una giovane donna dalle idee chiare che assume totalmente. Del resto i suoi primi passi nel mondo sindacale li ha compiuti all’interno del SISA (Sindacato degli studenti e degli apprendisti), che in questo sciopero delle donne 2019 ha saputo mobilitare una gioventù davvero splendida. «Sono molto d’accordo. I giovani di oggi hanno di fronte un mondo pieno di incognite e poche speranze. Ma hanno una forza e una capacità pazzesca - spiega Stella Knoll - di rispondere alle sfide. E sono tante. Non solo l’emergenza climatica, ma anche lo stato sociale e il sistema previdenziale. Per non parlare del mondo del lavoro, sempre più insicuro, flessibile e precario».

Stella è affiliata al sindacato da quando lavora presso TILO e da diversi anni al SEV. «Mi è sembrato subito giusto che anche chi lavorasse in ufficio, fosse affiliato al sindacato». Una consapevolezza del ruolo del sindacato maturato, come detto, dai tempi del SISA. La visione di Stella è molto ampia e non si limita all’aspetto della tutela individuale, pur importante. «Penso che in Svizzera non sempre il lavoratore e la lavoratrice siano coscienti dei loro diritti. Spesso ci si concentra sul dovere di fare bene il proprio lavoro e ci si limita a quello. Poi però quando occorre difendersi, ci si rende conto di non avere le armi e gli strumenti. Anzi, di non conoscerli neppure. Ma è solo creando una vera comunità attorno al sindacato, che si può crescere: incontrando persone che comunque condividono valori simili e confrontandosi». Stella è convinta della necessità del sindacato. «Di fronte alle nuove forme di lavoro, penso all’uberizzazione del mondo del lavoro, è fondamentale poter contare su un’organizzazione sindacale pugnace. Il modello Uber ti fa credere di essere imprenditore di te stesso, in realtà ti priva di una serie di tutele importantissime dopo aver usato all’estremo un concetto di flessibilità di cui godono gli altri, ma non chi il lavoro lo svolge. La frammentazione del lavoro è una chiara vittoria dell’economia. Una delle grandi sfide del sindacato è la digitalizzazione. È un treno che arriva a tutta velocità sulle nostre vite».

Le nostre vite, appunto. A cominciare da quelle delle donne che continuano a subire discriminazioni di ogni genere. «L’articolo costituzionale che garantisce l’uguaglianza è stato approvato nel 1981 - ricorda Stella - ma noi siamo qui a dover ancora lottare per fare rispettare anche la legge sulla parità, entrata in vigore nel 1996». Insomma, non ci siamo. «Credo che ci siano molte persone che diano la parità per scontata, invece la realtà di tutti i giorni ci dimostra che non è così. Penso davvero che ci sia molto da fare, anche perché l’esperienza lavorativa di una donna è difficilmente confrontabile con quella di un uomo, specialmente quando ci sono di mezzo delle gravidanze». Spesso le donne che tornano al lavoro, vengono retrocesse per motivi organizzativi. «Al di là delle discriminazioni salariali - conclude Stella - la società fatica a dare valore al lavoro non remunerato delle donne, che vale miliardi! Non si considera il lavoro di cura ed educativo; non si considera la dimensione affettiva ed emotiva che non può mai mancare nel rapporto con i figli e la famiglia. Una società aperta e solidale si costruisce anche dalle capacità relazionali». Stella, che condivide evidentemente le rivendicazioni delle donne espresse il 14 giugno, insiste sulla dimensione del dialogo tra i generi: «Noi donne dobbiamo davvero cercare di fare capire cosa si muove nel nostro mondo, che è fatto di ritmi, compiti, ruoli, investimento emotivo. Le donne devono pensare alle 1’427 cose che girano intorno alla famiglia e al lavoro, cercando di fare combaciare tutte le tessere del mosaico. Parlando, dialogando, condividendo si possono fare molte cose. Perché la solidarietà deve partire dall’ascolto dell’altro, dal rispetto dell’altro e dalla comprensione reciproca».

Françoise Gehring
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