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Le gravissime insidie dell’iniziativa NO Billag in votazione il 4 marzo 2018

No Billag, una bomba sull’informazione

Iniziativa No Billag: per i dipendenti della RSI è una bomba nelle mani di ogni cittadino. Se scoppiasse le conseguenze sarebbero drammatiche.

Il dibattito attorno all’iniziativa NO Billag, al voto il prossimo 4 di marzo, sta assumendo toni sempre più accesi, e il sindacato non può più tacere di fronte agli attacchi di cui sono oggetto ormai da settimane le collaboratrici e i collaboratori della RSI. Si tratta di più di 1200 persone di 42 professioni diverse, che qualora l’iniziativa passasse perderebbero il posto di lavoro. Questa è la realtà. L’iniziativa è drastica e non consente nessun piano B.

Stiamo parlando di cameramen, giornalisti, animatori, montatori, fonici, videomaker, falegnami, pittori, elettricisti, segretarie, assistenti, centralinisti, autisti, tecnici elettronici, impiegati di commercio: lavoratori e lavoratrici come tutti gli altri che ogni giorno con passione e professionalità contribuiscono ad offrire ai cittadini della Svizzera italiana 3 reti radio e 2 reti TV di qualità.

Più di 1200 persone, più di 2000 mogli, mariti, figli e figlie. Più di 1200 contribuenti persi per il fisco cantonale e comunale. Questo è un dato di fatto.

Chiusa la RSI e tutte le radio e TV private, dove troverebbero lavoro queste persone? Nonostante la loro esperienza e le loro capacità professionali l’economia della Svizzera italiana non è in grado di offrire alternative adeguate, e il loro destino sarebbe di andare a pesare sulle assicurazioni sociali, a carico dell’economia cantonale e per finire dei contribuenti. L’iniziativa No Billag non è un modo per «mettere in riga» la RSI. Chi la sostiene non fa gli interessi «della nostra gente». Vuole semplicemente distruggere un’azienda che contribuisce come poche altre all’economia del Ticino e del Grigioni italiano.

Dipendenti SSR: alla fine 2018 termina l’esenzione dal canone

In questo scenario drammatico si è inserita negli ultimi giorni anche una polemica attorno all’esenzione dal pagamento del canone dei dipendenti della SSR. È vero, attualmente è ancora così perché è previsto dal CCL negoziato con il sindacato nel 2012. Non si trattava però di un privilegio, ma di una parte del salario che veniva versato in forma di «benefit», come peraltro capitava e capita ancora in diverse aziende.

La situazione nel frattempo è cambiata. Quando, nel 2015, è stata votata la revisione della LRTV che prevedeva l’obbligatorietà per tutti di pagare il canone, SSM e SSR hanno firmato un accordo che prevede che con il nuovo CCL, che entrerà in vigore in concomitanza con l’introduzione della nuova modalità di riscossione del canone (2019), cadrà l’articolo che prevede l’esenzione dal pagamento del canone per i dipendenti SSR. È dunque una misura già decisa. Dal momento che il CCL in vigore non prevede la possibilità di una revisione parziale, l’esenzione dal pagamento del canone per i dipendenti resterà in vigore fino alla scadenza del CCL (dicembre 2018). Le trattative tra SSR e sindacato in merito a questa clausola sono già iniziate da tempo.

Quali privilegi?

Secondo i sostenitori dell’iniziativa i dipendenti della RSI godrebbero di numerosi «privilegi». Ci chiediamo se chi ne parla abbia davvero un’idea di quale sia il clima di lavoro alla radio e alla televisione negli ultimi anni. Le condizioni di lavoro non sono fatte solo dagli stipendi, che per altro sono nella media di mercato delle professioni dell’audiovisivo, quando non inferiori. Alla RSI le collaboratrici e i collaboratori sono confrontati con quelli che sono oggi i problemi di tutti: orari irregolari, ore supplementari, peggioramento delle condizioni di lavoro, richieste sempre maggiori di flessibilità, burn out, stress, fenomeni di mobbing, problemi con il management aziendale, contratti precari... E certamente molti ricorderanno le brutali modalità messe in atto in occasione dell’ondata di licenziamenti del gennaio 2016, che non hanno certo rasserenato l’ambiente di lavoro. Nessun privilegio, dunque. Se non quello di poter fare come tutti il proprio lavoro, con stipendi corretti, con i giusti diritti, ma anche con serietà, professionalità, impegno, passione e convinzione di essere utili al pubblico. Le collaboratrici e i collaboratori della RSI non meritano l’attuale gogna mediatica. Il dibattito politico ha la sua legittimità fin quando si svolge in modo corretto, e non strumentalizza persone degne della massima stima, che peraltro svolgono il proprio lavoro sotto gli occhi di tutti, e sul cui lavoro tutti hanno diritto di parola attraverso le istanze democratiche poste a controllo della SSR e della RSI.

Sindacato svizzero dei mass media