In tutta la Svizzera il personale ha risposto bene alle assemblee

Contro RailFit 20/30, la carica del personale

In occasione delle sette assemblee contro RailFit 20/30, il messaggio è stato chiarissimo: in tutta la Svizzera hanno manifestato tutta la loro disapprovazione per un piano di risparmi che ha tutti i contorni di un vero e proprio smantellamento. Sono ovviamente previsti altri incontri e altri eventi per rafforzare la mobilitazione di lavoratori e lavoratrici.

Da Bellinzona a Zurigo, da Ginevra a Altstätten/SG, senza scordare Losanna, Yverdon (foto) e Berna: il personale alza la guardia.

Tutto il personale deve passare alla cassa. È questa la volontà delle FFS che vogliono fare pagare in modo paritetico il premio di rischio della Cassa pensione (CP) FFS, mentre ora è un onere di cui si fa carico interamente le FFS. Si tratta di centinaia di franchi in meno sul salario annuo. L’inasprimento dell’accesso all’invalidità professionale (attualmente a partire da 50 anni e dopo 10 anni di servizio) è l’altra pesante tegola che cade sulla testa dei/delle dipendenti. Un dossier che scotta visto che l’azienda ha dato la disdetta della convenzione con la Cassa pensione per la fine dell’anno. Le assemblee dei lavoratori e delle lavoratrici hanno dato un chiaro mandato al SEV: lottare contro queste due misure. Altri momenti di mobilitazione sono già previsti. Il personale non si lascerà calpestare da RailFit 20/30.

«Siamo al punto di non ritorno, con la svalorizzazione del lavoro e di chi fa quel lavoro.» Potremmo riassumere così lo spirito della prima assemblea RailFit 20/30, in cui si è palesata molto chiaramente la voglia di lottare. Alla presenza del vicepresidente Manuel Avallone – che ha incassato la fiducia dei lavoratori e delle lavoratrici sui tempi e contenuti della strategia per rispondere alle FFS – i/le rappresentanti di tutte le sottofederazioni (ad eccezione della scusata RPV) hanno espresso rabbia, delusione e amarezza per questo piano di risparmi che tocca tutti, nessun escluso. «Come ricorderete – ha detto Angelo Stroppini, segretario sindacale SEV – contro il programma RailFit avevamo lanciato una petizione e in seguito alla direzione generale a Berna avevamo consegnato le firme in una bara. Il messaggio era chiaro: RailFit 20/30 andava seppellito. Invece eccolo
riesumato.» Si tratta di un programma di risparmio ancora tutto da decifrare perché le cifre non sono affatto cristalline. «Vogliamo vederci chiaro – ha osservato Avallone – perché i dati non corrispondono alle informazioni che riceviamo durante le riunioni. Noi vogliamo le cifre esatte. Ma al di la delle cifre – ha aggiunto – siamo di fronte ad un attacco in piena regola. E già fin d’ora dobbiamo prepararci per quando rinnoveremo il CCL.»
Lo hanno capito tutti che l’attacco sferrato è uno di quelli che fa e che farà molto male. Proprio perché la sfida è grande, Angelo Stroppini e Manuel Avallone hanno insistito sulla necessità di mantenere la pressione sulle FFS. E questo sarà possibile solo se tutti i lavoratori e le lavoratrici saranno solidali. «È ora di reagire», ha detto uno dei partecipanti. «Stanno buttando al macero competenze di grande qualità, ottenute con l’esperienza e la professionalità», ha esclamato un altro. E ancora: «Ma quali esuberi? Siamo tutti spremuti fino all’inverosimile. Incontro sempre colleghi e colleghe con moltissime ore straordinarie», ha sottolineato un altro partecipante. E per finire: «Siamo al punto di non ritorno, con la svalorizzazione del lavoro e di chi fa quel lavoro.» Angelo Stroppini ha fatto notare che è il principio stesso del servizio pubblico ad essere minacciato. «È da tempo che le FFS», ha evidenziato Manuel Avallone, «non attaccavano tutti i settori allo stesso tempo. Per questo alla direzione non dobbiamo dare un segnale forte. Ma fortissimo.»
Stroppini e Avallone hanno insistito sulla necessità di avviare una dinamica capillare per creare una fronte di mobilitazione compatto in tutta la Svizzera. «Non abbiamo niente da perdere, se non la nostra dignità. Facciamoci sentire. Siamo già stati fin troppo penalizzati anche da ToCo», ha tuonato un lavoratore. Insomma la misura è davvero colma. E occorre rispondere.
Non è solo una questione di rivendicazioni sindacali. Ma anche una storia di amore per un lavoro a cui si è dato se non tutto, buona parte della propria vita.

Dalla Romandia un messaggio chiaro: «Ricompattare i ranghi e unire le forze per reagire»

Ginevra, Losanna, Yverdon: il personale presente alle assemblee su RailFit 20/30 vuole
ricreare quei legamiche la divisionalizzazione dell’azienda aveva
cortocircuitato.«Dobbiamo assolutamente rinsaldare i nostri legami. L’individualismo sta prendendo piede sul collettivo». «Siamo stati in molti a firmare la petizione contro RailFit 20/30 e per tutta risposta la direzione ha aumentato l’entità della soppressione di impieghi che da 90 è passata a 1400. I dirigenti si riempiono le tasche con i bonus mentre chiedono sacrifici a tutto il personale. È semplicemente scandaloso». Ecco alcune delle affermazioni emerse nei sette incontri romandi, il primo del quale si è tenuto a Ginevra il 27 ottobre. Tutte le assemblee sono state ben frequentate e rappresentative di tutte le professioni: personale della vendita, operai, macchinisti, personale della circolazione dei treni, di controllo e in alcuni casi pure i pensionati.
Il clima è stato quello della contestazione contro le misure della direzione delle FFS. E soprattutto rifiuto categorico rispetto al peggioramento delle condizioni di lavoro, in particolare legate alla crescita della produttività e nel contempo alla soppressione dei posti di lavoro. Picche all’inasprimento per accedere alle prestazioni di invalidità professionale e picche sulla perdita dello 0,8% del salario a causa dei premi di rischio della Cassa pensione.
Altro elemento centrale è la solidarietà tra le diverse professioni che deve essere imperativamente ricreata. La segretaria sindacale Valérie Solano, sollecitata dal personale, è stata chiara: «Sono pronta ad organizzare altre assemblee. E naturalmente a difendere le vostre condizioni di lavoro». Detto fatto: una nuova assemblea si terrà il 30 novembre!
Il vicepresidente SEV Manuel Avallone, impegnato in un mini Tour de Suisse, ha fatto notare che la rabbia della base dovrà soprattutto esprimersi nelle diverse azioni locali e poi davanti alla sede della Cassa pensioni FFS o dell’azienda entro fine di novembre/inizio dicembre, quando saranno discusse le misure relative alla Cassa pensione e all’invalidità professionale.
Anche a Losanna le voci si sono alzate compatte. I/le partecipanti hanno condiviso l’affermazione del segretario sindacale Jean-Pierre Etique: «Alle FFS la disumanizzazione riguarda tutti». E l’incertezza sul futuro si leggeva sul volto di tutti, e non poteva essere altrimenti perché la preoccupazione per la soppressione degli impieghi è alta. Emblematica la dichiarazione di un membro attivo nella vendita: «Dobbiamo andare verso l’utente e spiegargli come utilizzare i distributori automatici. Il messaggio sottotraccia è questo: vieni che ti illustro come sopprimere il mio posto di lavoro».
Come a Ginevra, anche i colleghi e le colleghe del Canton Vaud si sono opposti alle misure previste con RailFit 20/30. Il personale vuole mobilitarsi, consapevole che gli attacchi saranno ancora più duri, in particolare contro il CCL che scade alla fine del 2018.
A Yverdon il presidente del SEV Giorgio Tuti, ha tastato il polso a una trentina di persone. Alcuni sostengono che è troppo tardi per fare ritirare alle FFS la misura legata al premio di rischio di Cassa pensione «perché il SEV non ha reagito in tempo». Puntuale la replica di Giorgio Tuti. «La partita si giocherà entro la fine dell’anno per questo occorre mobilitarsi il prossimo 22 novembre. Il risultato dipenderà anche dai nostri sforzi. Ha pure spiegato che portare le FFS al tavolo delle trattative non è automatico e che il SEV ha molto lavorato dietro le quinte per ottenere questo. Infine un messaggio chiave per tutti: «Dobbiamo rimanere uniti e non permettere di dividerci. Questa è la chiave». Henriette Schafter/frg

In Svizzera tedesca tutte e tre le assemblee svoltesi nella Svizzera tedesca è stata criticata la deduzione dello 0,8% sullo stipendio legato al premio di rischio della Cassa pensione.

«Come hanno potuto le FFS imporre una riduzione del salario dello 0,8% dopo aver concordato delle misure di stabilizzazione della Cassa pensione, a cui contribuiamo tutti rinunciando a un giorno di vacanza per tre anni?» Il tono di un partecipante non lascia spazio ad equivoci: la delusione è palpabile. Da Berna a Zurigo, passando da Olten il personale è stato unanime nel dire che questo salasso fa male: «Lavoriamo con coscienza ogni giorno, facciamo anche dei sacrifici. No, questo comportamento da parte delle FFS non ce lo siamo meritato. Tutto ciò è demotivante.» Non potevano non mancare le allusioni ai bonus percepiti dai manager. «L’assunzione dell’integralità del premio di rischio da parte del datore di lavoro – ha tuonato un partecipante – è stata una conquista sociale del personale. E ora viene messa in discussione unilateralmente!» Stessa rabbia per quanto riguarda l’inasprimento dell’accesso alle prestazioni dell’invalidità professionale. «Si tratta di una decisione cinica», ha commentato un lavoratore indignato. A giusta ragione: i segretari sindacali Arne Hegland e René Windlin hanno infatti sottolineato l’importanza della protezione sociale di tale prestazione. Di fronte alle misure drastiche di RailFit 20/30 occorre reagire in modo compatto e immediato. E una prima occasione è servita già questo mese di novembre.
Preoccupano evidentemente anche i tagli di impieghi, perché nessuna categoria sarà al riparo: dai manovratori al personale vendita, dalla circolazione dei treni al traffico merci. «Il CEO delle FFS – ha fatto presente un lavoratore – dovrebbe rendersi conto che con meno risorse le prestazioni non possono di certo essere migliori. E di sicuro è anche l’utenza e il servizio a subirne le conseguenze. Invece di ripetere che le tariffe dei trasporti devono aumentare, dovrebbero preoccuparsi della qualità del servizio offerto». Qualità che è garantita solo da personale motivato, e non da macchine!» Manuel Avallone ha quindi lanciato un appello alla mobilitazione per difendere conquiste sociali e sindacali di grande valore. Primo banco di prova il prossimo 22 novembre.

Markus Fischer, Karin Taglang, Henriette Schaffter, Françoise Gehring, Vivian Bologna

 

Le foto di Eric Roset a Losanna e Yverdon

Commenti

  • Ruedi Baumann

    Ruedi Baumann 10/11/2016 18:36:29

    Es ist Zeit Zeichen zu setzen. Nur übergaben von Petitionen oder Demos reichen nicht mehr aus.
    Es braucht Mut, von allen, auch von der SEV Leitung.