L’8 novembre si è svolto il convegno della Migrazione SEV sul tema «i miei diritti nella società»
Esser parte attiva della società!
Questa edizione del convegno sulla migrazione SEV non è stata dedicata al diritto del lavoro o alle assicurazioni sociali, ma ai diritti politici dei migranti e alle loro possibilità di agire sul loro ambiente sociale e sull’importanza di farne buon uso.
Quando i suoi genitori la lasciavano sola in casa per recarsi al lavoro, si sdraiava al sole sul pavimento del balcone per nascondersi dai vicini. È il racconto di una figlia di lavoratori stranieri nel film dell’Unione sindacale svizzera «Verboten und versteckt – Saisonnierkinder erzählen (vietati e clandestini; i racconti dei figli degli stagionali)». «Non posso più vedere i tappeti», esclama un figlio di stagionali, obbligato nella sua infanzia a giocare per lunghe ore da solo sul tappeto, evitando di far rumore. In questo film, l’USS riporta alla luce le conseguenze dimenticate, o rimosse dalla memoria, dello statuto di stagionale che ha regolato la concessione di permessi di soggiorno di breve durata a cittadini dell’UE sino al 1° giugno 2002, quando é stato applicato l’accordo di libera circolazione. Questo statuto vietava il ricongiungimento famigliare, reso possibile in un secondo tempo, ma solo dopo quattro anni di soggiorno in Svizzera.
Il timore di una ricaduta
Il film, proiettato in apertura del convegno, ha richiamato nei circa 50 partecipanti i timori e le amarezze di un periodo oscuro, già rievocato dall’approvazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa dello scorso 9 febbraio e che potrebbe ripresentarsi se il prossimo 30 novembre dovesse essere accolta anche l’iniziativa Ecopop. Per questo, Giorgio Tuti, nel suo intervento ha lanciato un appello a «votare NO, se potete votare, e convincete i vostri conoscenti a fare altrettanto!»
Diritti politici più sviluppati nella Svizzera occidentale
Questo episodio evidenzia ancora una volta l’impossibilità per migranti senza passaporto svizzero di esprimersi, a livello federale, neppure su argomenti che li riguardano direttamente. Hanno solo il diritto di sottoscrivere petizioni a tutti i livelli (comunale, cantonale e federale), ha ricordato il moderatore Arne Hegland introducendo il primo blocco della giornata dedicato alla «partecipazione politica». Nei cantoni romandi, essi hanno anche il diritto, dopo un paio di anni di domicilio, di partecipare alle elezioni comunali. Questo diritto non si estende però sempre al diritto di essere eletto. Giura e Neuchâtel conferiscono i medesimi diritti anche a livello cantonale. Nei cantoni germanofoni, per contro, questi diritti sono riconosciuti solo in alcuni comuni di Argovia, Basilea città e Grigioni, che fanno uso della facoltà prevista dalla rispettiva legislazione cantonale.
«Gli stranieri sono un pilastro fondamentale della nostra società e dovrebbero partecipare attivamente alla sua definizione» ha spiegato Arne Hegland. «Oltre alla partecipazione politica vi sono diverse possibilità che analizzeremo durante questa giornata, ma siamo del parere che comuni e cantoni dovrebbero comunque dare accesso alla vita politica».
Integrare invece di escludere
Giovanna Garghentini, immigrata dall’Italia e naturalizzata nel canton Friborgo, dove fa parte del gran Consiglio e della commissione per l’integrazione dei migranti, ha spiegato perché molti stranieri non richiedono la naturalizzazione, anche dopo numerosi anni di soggiorno in Svizzera: il procedimento, che oltretutto è stato inasprito in diversi comuni, viene vissuto come troppo inquisitore, lungo, penoso e caro. Molti sono del parere che la cittadinanza, in Svizzera o in un’altra nazione, dovrebbe essere riconosciuta automaticamente dopo un certo numero di anni . Non tutte le nazioni riconoscono inoltre la possibilità di una doppia cittadinanza, come l’Italia e la Spagna.
«I cantoni che riconoscono i diritti politici agli stranieri puntano maggiormente alla loro integrazione e al loro coinvolgimento per far fronte alle diversità sociali e sviluppano un’altra consapevolezza della cittadinanza» ha spiegato Garghentini citando uno studio di Rosita Fibbi del 2012 sull’evoluzione dei diritti polirici di straniere e stranieri. Fibbi ha poi ricordato l’articolo 31, capoverso 1 della Costituzione federale: «ha la cittadinanza svizzera chi possiede una cittadinanza comunale e la cittadinanza di un Cantone».
Bassa partecipazione al voto
Le sin qui scarse esperienze raccolte con i diritti politici riconosciuti alle straniere e agli stranieri indicano come la partecipazione al voto sia tendenzialemente piuttosto bassa. Per esempio, in occasione delle elezioni comunali 2011 nel canton Ginevra è stata del 26 percento, contro il 40 dei cittadini svizzeri. Per quelle del canton Friborgo del 2006 e del 2011, non vi sono dati separati, ma a grandi linee rispecchia quella del canton Ginevra, anche se nel 2011 vi è stato un aumento rispetto a cinque anni prima. Secondo Garghentini, questa bassa partecipazione è da attribuire alle difficoltà di assimilare il sistema elettorale, anche a causa delle barriere linguistiche sempre difficili da superare.
«Ogni voto è importante»
Giovanni Giarrana, membro della commissione migrazione di Unia, attribuisce l’assenteismo elettorale ad una semplice riflessione: «perché devo perdere il mio tempo, se gli Svizzeri decidono comunque come vogliono?» Una riflessione che giudica errata, in quanto preclude proprio la possibilità di intervenire sugli eventi.
Gli ha fatto eco Garghentini, animando tutti ad una maggior partecipazione. Non é del resto possibile constatare una differenza fondamentale nel comportamento elettorale degli Stranieri rispetto agli Svizzeri, ma una maggior partecipazione al voto indurrebbe senz’altro candidate, candidati e partiti ad occuparsi maggiormente dei problemi e delle rivendicazioni degli stranieri.
Attività di volontariato
Patrycja Sacharuk dell’ufficio di consulenza per gli stranieri di Basilea città ha presentato una relazione sulle attività di volontariato che permettono a straniere e stranieri di impegnarsi in associazioni, federazioni o in un sindacato, come il caso del SEV. «Un impegno che dà, anche se indirettamente, la possibilità di influire sulle leggi, dato che spesso queste associazioni vengono coinvolte nelle relative procedure di consultazione». Si tratta di impegni molto gratificanti, indipendentemente dalla loro forma, in quanto permettono di conoscere gente nuova, di allacciare nuove relazioni. In Svizzera, il volontariato è molto apprezzato e spesso vi è anche la possibilità si farsi certificare queste attività».
Osman Osmani ha riferito della sua esperienza di impegno in favore degli immigrati dal Kosovo, che lo ha portato ad essere molto conosciuto dai media e dai politici locali. Un impegno che ha prestato sin dal suo arrivo in Svizzera nel 1983, dove ha lavorato nella gastronomia, in una fabbrica e poi come accompagnatore treno, e che non ha mai rimpianto. Ha seguito una formazione di carattere psicosociale e adesso collabora anche a livello professionale con associazioni di immigrati. Nel 1999 ha acquisito la cittadinanza svizzera e nel 2005 è stato eletto nel gran Consiglio del canton Sciaffusa.
Workshop e proposta al congresso
Tre gruppi di lavoro hanno poi discusso delle proprie esperienze di migrazione, che hanno evidenziato come anche alle nostre latitudini vi siano episodi di discriminazione, in particolar modo per quanto riguarda le possibilità di avanzamento scolastico o professionale.
Apprendere una lingua nazionale è fondamentale per la propria carriera e per l’integrazione, ma non deve significare sacrificare la propria identità. «Più i migranti vedono rispettata la propria cultura e più saranno aperti alla cultura della nazione che li ospita» ha concluso Giovanna Garghentini, citando l’autore francese Amin Maalouf, originario del Libano.
L’assemblea ha infine deciso di incaricare la commissione migrazione di chiedere al congresso che il SEV, eventualmente in collaborazione con altri sindacati, possa offrire corsi di lingua per favorire la partecipazione delle e dei migranti.
Markus Fischer