Politica europea
Il SEV c’è a Bruxelles
Dal giugno 2017, il presidente del SEV Giorgio Tuti presiede anche la sezione ferrovie della Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) e, dal dicembre 2017, è a capo anche del dialogo sociale europeo nel settore delle ferrovie. Il SEV vuole infatti influenzare la politica dei trasporti dell’UE, dato che la Svizzera, pur non facendo parte dell’Unione, si trova ad applicarne le decisioni. È avvenuto con la direttiva del 1991 che prevedeva la suddivisione tra i settori dell’infrastruttura e del trasporto nelle imprese ferroviarie e l’apertura delle reti ferroviarie nazionali. Cosa pure avvenuta con i pacchetti ferroviari dell’UE del 2001 e del 2004, che hanno liberalizzato completamente il trasporto merci e sta avvenendo, sia pure in misura parziale, con i pacchetti del 2007 e del 2013, che prescrivono la costituzione di una holding con la suddivisione tra infrastruttura e trasporto, l’eliminazione di discriminazioni per l’accesso alle stazioni e agli impianti di manutenzione e di altri servizi, nonché la liberalizzazione nel traffico merci internazionale.
«Dopo quattro pacchetti ferroviari, l’UE dovrebbe procedere ad una verifica oggettiva sulle conseguenze che anni di liberalizzazione, privatizzazione e concorrenza hanno avuto sul trasporto ferroviario». Tuti allude in particolare alla Svezia, capofila delle nazioni liberalizzatrici, dove il sistema ferroviario è frantumato in una miriade di attori, concentrati ognuno solo sul proprio guadagno. Tuti chiede più cooperazione, anziché una concorrenza basata sul dumping a spese dei dipendenti e migliori condizioni di lavoro nel settore stradale. L’ETF ha già ottenuto un primo successo: il Parlamento europeo ha migliorato la tutela dei camionisti, riducendo anche il limite di peso dei veicoli sottoposti a questa tutela da 3,5 a 2,4 tonnellate.