Colpi di diritto

Buone intenzioni mal recepite

Rico lavora da anni come specialista della pianificazione interna. Tra le altre mansioni, deve occuparsi della preparazione dei documenti per progetti importanti, di aggiornarli dopo le riunioni e di richiamare i suoi superiori al rispetto delle scadenze. A volte, viene impiegato anche come verbalista.

Proprio in quest’ultima funzione, viene coinvolto in un progetto che riguarda due comuni, nell’ambito del quale Rico deve quindi assistere a lunghe riunioni. Dopo una di queste, sottopone come da prassi la bozza di verbale al suo capo per approvazione o per eventuali complementi e correzioni. In genere, Rico compie pochissimi errori ed è pertanto sorpreso che il capo, oltre ad aver stralciato un intero paragrafo, modifichi alcune cifre menzionate durante la riunione.

Rico aveva ragione

A Rico ciò sembra strano, per cui decide di sottoporre entrambe le versioni del verbale ad un altro partecipante alla riunione. Questi è però assente per vacanze, per cui se ne potrebbe occupare solo una settimana più tardi. Per evitare ritardi, Rico telefona ad uno dei rappresentanti comunali, chiedendogli il suo parere. Quest’ultimo conferma i dati della versione di Rico, a parte uno e gli propone di chiarire le divergenze alla prossima riunione. Rico redige quindi una bozza dell’ordine del giorno, debitamente corredata dalla divergenza da chiarire e la sottopone al suo capo, premurandosi anche di sottolineare tutto quanto da lui intrapreso per evitare il presunto errore.

La reazione del capo sorprende però Rico: visibilmente arrabbiato, gli preannuncia infatti un ammonimento con minaccia di licenziamento, aggiungendo che il fatto che Rico lo abbia sospettato di voler imbrogliare e diffuso questo sospetto anche all’esterno potrebbe persino avere una valenza penale.

Errori da entrambe le parti

Rico si rivolge pertanto al SEV. Dopo un intervento per iscritto e diversi colloqui, dapprima piuttosto infuocati, si giunge finalmente ad un accordo che permette di classare la questione, chiarendo diversi aspetti: in primo luogo, l’intervento del superiore non voleva essere un sotterfugio. Il superiore ha però dovuto ammettere che il suo comportamento si poteva prestare ad essere interpretato in questo modo. D’altra parte, Rico ha dovuto ammettere che rivolgersi a terze persone, ignorando la via di servizio, poteva contribuire a mettere il suo capo in cattiva luce. Anche senza esporre il suo sospetto direttamente al capo interessato, avrebbe potuto rivolgersi al superiore di questi per chiarire la questione. Questo caso di «whistleblowing» ha così potuto essere chiuso.

Assistenza giuridica SEV