Congedo
«La lotta politica non si conclude mai»
Dopo oltre dodici anni trascorsi al SEV come coordinatrice della politica dei trasporti e più di cinque anni di lavoro di coordinamento nel campo della digitalizzazione, Daniela Lehmann è ora alla ricerca di una nuova sfida. Di seguito l’intervista.
Uno dei tuoi ultimi impegni riguardo la politica dei trasporti al SEV è stato quello di scrivere una bozza di risposta alla consultazione del Consiglio federale sul futuro del trasporto in carri completi isolati (EWLV): quali sono i messaggi principali?
Daniela Lehmann: In questa consultazione c’è una variante che eliminerebbe il trasporto in carri completi isolati in Svizzera. Tutti coloro che credono nel trasporto merci su rotaia devono lottare contro questa ipotesi. Torneranno inoltre ad assumere una certa importanza due vecchie richieste per le quali il SEV si era battuto senza successo durante la revisione della legge sul trasporto di merci del 2015, con la coalizione «Pro Cargo»: sulla base dell’autosufficienza economica, il trasporto in carri completi isolati non è competitivo con la strada, nonostante i buoni strumenti di legge come i concetti e i piani per l’utilizzo della rete. Il passato lo ha dimostrato. In secondo luogo, per il passaggio alla ferrovia per il trasporto merci in Svizzera, sono necessari obiettivi misurabili come per il traffico transalpino, al fine di proteggere l’ambiente e la popolazione dall’eccessivo traffico pesante.
Quali sono stati i maggiori successi concernenti la politica dei trasporti?
Nel 2010 mi sono impegnata direttamente nella lotta per il finanziamento della cassa pensioni delle FFS. È stata probabilmente l’attività di lobbying più intensa nel mio periodo al SEV. Insieme ai diretti interessati, ci siamo anche recati a Palazzo federale per convincere i parlamentari della necessità del contributo federale di 1,148 miliardi di franchi. Alla fine, nessun membro del Consiglio degli Stati ha votato a sfavore. Un altro importante successo del 2014 è stato il chiaro «sì» dell’elettorato svizzero sul «Finanziamento e ampliamento dell’infrastruttura ferroviaria (FAIF)». Questo ha comportato l’erogazione di molto denaro per il settore dei trasporti pubblici grazie a un fondo finanziato a tempo indeterminato. Per questo motivo il SEV ha lanciato una propria campagna, finanziata autonomamente. Un successo più recente è la difesa della concessione per il traffico a lunga percorrenza da un’unica fonte, che l’Ufficio federale dei trasporti voleva dividere a favore della concorrenza, sebbene il successo delle ferrovie svizzere si basi anche sulla loro buona collaborazione. I nostri colloqui e le nostre lettere hanno contribuito a evitare questa scissione epocale.
Quali sono state, invece, le maggiori sconfitte, oltre a quella della legge sul trasporto di merci?
Il SEV si è anche battuto contro il secondo tubo della galleria autostradale del San Gottardo, campagna purtroppo persa nel febbraio 2016. È un peccato che il SEV, Syndicom e Unia abbiano declassato la loro alleanza Fairlog nel settore della logistica e del trasporto su strada, nata nel dicembre 2017, dopo soli due anni, tornando a una cooperazione preesistente. Nelle nuove catene di mobilità, tuttavia, è fondamentale disporre di una stretta collaborazione, perché non è più così chiaro quale sia il sindacato responsabile. Pertanto, io rimango una sostenitrice dell’idea di base di Fairlog. Prima di avere successo con un progetto, a volte, sono necessari diversi tentativi.
Quali altre sfide deve affrontare il SEV?
Il SEV ha ottenuto molti risultati nella lotta alla liberalizzazione e alla concorrenza negli ultimi anni, ma deve continuare a lavorare costantemente, soprattutto in vista del cambiamento ai vertici del DATEC. Bisogna continuare a dimostrare chiaramente che il settore dei trasporti pubblici può contribuire a risolvere il problema climatico. Tuttavia, le misure contro il cambiamento climatico devono essere attuate in modo socialmente accettabile. La legge sul CO₂ è stata respinta nel giugno 2021 in parte perché le persone con redditi e pensioni modeste hanno ritenuto di dover pagare un extra per queste misure, anche se non sarebbe stato così. Gli oppositori hanno abilmente comunicato false cifre, indirizzando così l’intera discussione a loro favore. In futuro, invece di cercare di confutare eventuali bugie, sarebbe meglio mettere in primo piano e presentare in modo adeguato i nostri argomenti.
Negli ultimi anni hai anche coordinato il lavoro del SEV nel campo della digitalizzazione: ci puoi dare un piccolo riassunto e una previsione per il futuro?
Il primo documento programmatico sulla digitalizzazione è stato adottato nel 2017. In linea di principio, il SEV intende sfruttare la digitalizzazione come un’opportunità per il personale e contribuire quindi a darle forma. Questo perché i benefici o i danni delle misure di digitalizzazione dipendono fortemente dal loro tipo e dalla loro attuazione: possono essere finalizzate a risparmiare il più possibile sia denaro che posti di lavoro, oppure a sostenere i collaboratori nelle loro mansioni e a rendere più compatibili la vita professionale e quella privata. Durante le trattative per il CCL 2018 delle FFS, la digitalizzazione è stata al centro dell’attenzione del SEV, che ha spinto, tra le altre cose, l’approvazione del diritto a non essere raggiungibili. Il progetto pilota «Bistro digital», finanziato attingendo dal fondo per la digitalizzazione delle FFS, è attualmente in corso. Questa piattaforma di informazione e scambio affronta le paure e le insicurezze dei collaboratori e offre la possibilità di partecipare a sessioni di coaching gratuite.
Cosa ti è piaciuto del tuo lavoro al SEV e cosa, invece, un po’ meno?
Svolgevo delle mansioni molto ampie e variegate, sia dal punto tematico che dei mezzi: campagne, attività di lobbying, progetti pilota, documenti programmatici, risposte a consultazioni, ecc. Per me personalmente è stato il lavoro più emozionante che il SEV potesse offrirmi. Certe volte bisogna riconoscere il proprio valore, perché i cambiamenti politici richiedono molto tempo e non sono sempre percepibili dall’esterno. Forse alcune volte non abbiamo dato abbastanza importanza ai risultati ottenuti.
Perché senti il bisogno di cambiare?
Dopo dodici anni, alcuni temi e compiti cominciano a essere ripetitivi, quindi sento proprio il bisogno di una nuova sfida. Avrei voluto continuare a mettere a disposizione del SEV il mio know-how come presidente. Purtroppo, quest’idea non è andata a buon fine ed è per questo che ora lascio il SEV. Non so ancora dove mi porterà il futuro. L’unica cosa che mi è chiara è che voglio ripartire alla grande per i dieci anni che mi separano dalla pensione e che auguro al SEV molti successi per il futuro.
Markus Fischer