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agricoltura

Approfittare della miseria?

Otto anni dopo la sua opera di riferimento sulle multinazionali del petrolio, del carbone e dei minerali, «Public Eye», nota in passato con il nome di «Dichiarazione di Berna», pubblica un’analisi approfondita sul ruolo della Svizzera come piazza mondiale del commercio delle materie prime agricole.

Oggi la metà dei cereali, il 40 percento dello zucchero e un terzo del cacao e del caffè a livello mondiale sono trattati da società con sede sull’arco lemanico o nella Svizzera centrale.

Il loro potere di mercato in crescita e la loro espansione nella coltivazione delle materie prime agricole hanno conseguenze deleterie per i paesi produttori: salari da fame, lavoro minorile, accaparramento di terre e corruzione. Invece di corteggiare questi commercianti fino in Cina, la Svizzera deve finalmente adottare provvedimenti vincolanti per obbligare queste società ad agire in modo responsabile..

Attività «dal campo al piatto»

Nel corso degli ultimi decenni, la Svizzera si è trasformata nella prima piazza a livello mondiale per il commercio di prodotti agricoli. Delle quasi 500 società domiciliate nella zona del Lago Lemano o di Zugo, circa 150 si sono specializzate nel settore dei prodotti agricoli o ne hanno in portafoglio. Se Glencore e Trafgura hanno acquisito una certa notorietà nel panorama elvetico, società come ADM, Bunge, Cargill o COFCO restano invece piuttosto defilate. Questi giganti del trading agricolo presentano tuttavia volumi d’affari quasi altrettanto elevati. Le loro attività si estendono oramai «dal campo al piatto», e un buon numero di esse sono persino passate all’acquisto di terre coltivabili, fino a diventare così attori che gestiscono catene di valore sul piano mondiale.

Violazioni dei diritti umaninei paesi produttori

Il potere che queste aziende detengono e l’ottimizzazione dei loro profitti portano a violazioni dei diritti umani nei paesi produttori di materie prime come la soia, il caffè, il cotone o lo zucchero. Questi giganti del commercio determinano in effetti ciò che viene prodotto, in quali condizioni e a quale prezzo, mentre le persone che coltivano questi prodotti non hanno alcuno strumento per ottenere condizioni contrattuali eque. Un’asimmetria di potere dagli effetti drammatici: lavoro coatto, lavoro minorile, rischi sanitari dovuti all’impiego di pesticidi, distruzione dei mezzi di sussistenza causati dalla deforestazione o dall’appropriazione di terre su larga scala, pratiche fiscali aggressive e financo la corruzione. Decine di casi portati alla luce dai media o dalle ONG riguardano aziende che commerciano in prodotti agricoli con sede nel nostro paese.

Intese fiscali riservate

Un recente rapporto pubblicato da Public Eye (1) analizza le strutture e le attività di 16 fra le maggiori società nel commercio agricolo al mondo, che hanno scelto la Svizzera come sede principale o per installarvi un importante settore commerciale. Qui le multinazionali beneficiano di un contesto propizio agli affari, segnatamente per il lassismo in materia di trasparenza e di protezione dei diritti umani all’estero, ma anche per la possibilità di concludere discretamente vantaggiose intese fiscali.

Un punto, quest’ultimo, che viene del resto evocato in un accordo di principio (MoU) fra il Cantone Ginevra e il gruppo COFCO – il più grande trader agroalimentare cinese, controllato dallo Stato – di cui Public Eye ha ottenuto una copia. Il 13 maggio 2017, a Pechino, il Consigliere di Stato Pierre Maudet ha firmato l’accordo, che assicura a COFCO un sostegno nel dialogo con le autorità fiscali. Il gigante cinese ha quindi installato a Ginevra il suo principale centro mondiale per il commercio, e si appresta a diventare il quinto commerciante agricolo «svizzero», con una cifra d’affari di quasi 40 miliardi di franchi.

Urgente l’adozione di disposizioni vincolanti

L’arrivo di potenti trader della stazza di COFCO, la cui opacità e le cui violazioni dei diritti umani dovrebbero in verità suscitare inquietudine, non denota soltanto l’importanza della piazza elvetica nel commercio delle materie prime. Esso mostra altresì quanto sia urgente adottare disposizioni vincolanti in materia di trasparenza e ancorare nella legge un obbligo di diligenza, come chiede del resto l’iniziativa per multinazionali responsabili (sulla quale voteremo l’anno prossimo, n.d.r.).

Quale paese che ospita numerosi giganti del commercio di prodotti agricoli, la Svizzera non può più accontentarsi unicamente della loro buona volontà.

 

(1) Agricultural commodity traders in Switzerland: benefting from misery ?

Il rapporto può essere scaricato dal sito: www.publiceye.ch

Géraldine Viret e Oliver Classen, responsabili media. Public Eye