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L’Ufficio federale dei trasporti approva i bassi salari dei macchinisti Crossrail a Briga

Il SEV contesta la decisione

L’Ufficio federale dei trasporti ha definito lo stipendio minimo usuale per i macchinisti del trasporto merci transfrontaliero in 37 franchi l’ora, indennità comprese. Per i macchinisti Crossrail a Briga, ritiene però ammissibili 31 franchi l’ora, in quanto questi circolano al 70% in Italia. La vicepresidente Barbara Spalinger spiega perché il SEV intende impugnare questa decisione davanti al tribunale amministrativo federale.

Nel maggio 2016 l’Ufficio federale dei trasporti aveva già approvato una prima volta gli stipendi dei macchinisti Crossrail a Briga, prendendo come riferimento quelli dei macchinisti delle ferrovie estere. Il SEV si è pertanto rivolto al Tribunale amministrativo federale, che aveva accolto la sua richiesta, ingiungendo all’UFT di far riferimento alle condizioni di lavoro svizzere.
L’UFT ha rilevato presso 10 imprese ferroviarie svizzere, attive nel settore transfrontaliero, salari compresi tra 37 e 48 franchi l’ora, indennità incluse, contro i 31 franchi pagati da Crossrail.
Il 10 gennaio ha quindi definito in 37 franchi l’ora lo stipendio minimo, senza tuttavia ponderare il numero di macchinisti interessati. Inoltre, l’UFT ha convalidato lo stipendio di Crossrail, ritenendo che i 7 franchi di differenza fossero giustificati dal fatto che i macchinisti circolano per il 70 % del tempo in Italia, dove inoltre risiedono. Per il SEV si tratta di considerazioni inaccettabili, per cui si prospetta un nuovo ricorso.

contatto.sev: L’UFT dichiara di aver calcolato lo stipendio lordo di 37 franchi l’ora sulla base dei dati salariali di dieci imprese ferroviarie attive nel traffico merci internazionale. Cosa ne pensi?

Barbara Spalinger: Non sappiamo come sia stato calcolato questo importo, dato che l’UFT non ha pubblicato le modalità adottate, né ci ha accordato un diritto legale di essere sentiti. Qualora però l’UFT si fosse effettivamente limitato a fare la somma dei dati di dieci aziende per ricavarne un importo medio, questo calcolo sarebbe del tutto fuorviante. Bisognerebbe infatti tener conto del numero di dipendenti che ricevono un certo stipendio orario. Sappiamo infatti che la maggior parte dei macchinisti lavorano per tre aziende. Le disposizioni che regolano la dichiarazione di obbligatorietà dei CCL non prevedono solo la quota di aziende, ma anche di dipendenti assoggettati.

Inoltre, l’UFT fa rientrare lo stipendio orario di Crossrail di 31 franchi in quelli usuali, nonostante sia chiaramente inferiore allo standard minimo, con la giustificazione che questi macchinisti lavorano per il 70% del tempo in Italia, dove pure risiedono. Ti sembra corretto?

Francamente, mi sembra che introdurre un riferimento percentuale sul luogo di attività di un macchinista per calcolargli lo stipendio non stia né in cielo, né in terra. Né mi risulta che questa prassi venga seguita da nessun’altra azienda in Svizzera. Semmai, bisognerebbe tener conto dell’esigenza posta ad un macchinista di conoscere più prescrizioni di circolazione, o di parlare più lingue per aumentargli di conseguenza lo stipendio, invece di diminuirglielo. Tener poi conto della residenza all’estero è un’assurdità completa, che andrebbe a legittimare il fatto che i frontalieri possono essere pagati meno perché si tiene conto del loro maggior potere d’acquisto. Si dovrebbe invece considerare che Crossrail ha proposto contratti di lavoro secondo il diritto svizzero e che quindi le condizioni usuali devono essere quelle vigenti nel nostro paese.

Cosa accadrebbe se il SEV accettasse questi 31 franchi l’ora di Crossrail come stipendio usuale?

Intanto, significherebbe accettare un’indicazione ricavata da un procedimento sul quale nutriamo seri e profondi dubbi e che non abbiamo avuto nessuna possibilità di verificare, dato che l’UFT non ci ha coinvolti. Secondariamente, ci ritroveremmo altre aziende che vorrebbero ridurre gli stipendi dei loro macchinisti, con la giustificazione che anche loro circolano per parte del tempo all’ estero.

L’UFT rende ora attenti che Crossrail potrebbe trasferire questi posti di lavoro all’estero, qualora questi stipendi di 31 franchi l’ora non venissero accettati.

Sono minacce che ormai siamo stufi di sentire, anche perché vengono proferite in continuazione. Basti pensare all’attuale campagna sulla riforma III dell’imposizione delle imprese, imperniata esattamente sulle stesse affermazioni. In questo caso, è poi facile dimostrare come sia completamente campata in aria. Sappiamo infatti che Crossrail ha optato per contratti di lavoro svizzeri in base a considerazioni economiche, dettate dalla volontà di aggirare la disposizione italiana che richiede il secondo agente di guida. Per loro, si tratta di una misura di risparmio e la possibilità di trasferirsi all’estero è solo un pretesto per attaccare il nostro livello salariale. Noi invece vogliamo l’esatto contrario: salari svizzeri non solo sui binari svizzeri, ma anche sulle strade svizzere. La concorrenza deve svolgersi correttamente.

Markus Fischer

Il caso Crossrail

4 aprile 2014: il SEV segnala all’Ufficio federale dei trasporti (UFT) che Crossrail SA, ditta con sede a Muttenz, intende impiegare circa 70 macchinisti italiani a Briga, con uno stipendio a formazione conclusa di soli 3350 franchi. Siccome in Svizzera lo stipendio iniziale usuale è molto superiore (5358 franchi presso FFS, 5780 presso BLS), Crossrail infrange l’art. 8d cpv. 1 della legge sulle ferrovie (Lferr), che prescrive alle imprese ferroviarie il rispetto delle disposizioni di diritto del lavoro e delle condizioni di lavoro del settore. Il SEV chiede pertanto all’UFT di ritirare se del caso l’autorizzazione di accesso alla rete a Crossrail.

10 aprile 2014: Crossrail dichiara all’UFT di aver proposto a 41 collaboratori italiani contratti di lavoro svizzeri con uno stipendio lordo a formazione conclusa di 3600 franchi. Con le indennità, queste persone guadagnano 4945.75 franchi lordi mensili.

17 giugno 2014: il SEV denuncia Crossrail per infrazione alla Lferr.

20 gennaio 2015: l’UFT produce una perizia della ditta Ecoplan e dello studio di avvocati Kurt Moll, in cui il trasporto merci transfrontaliero su rotaia viene definito un settore particolare, i cui stipendi devono essere definiti tenendo conto anche di quelli versati dalle aziende estere.

30 marzo 2015: il SEV presenta una controperizia dei giuristi zurighesi Marco Donatsch e Stefan Schürer in cui si sostiene che l’art. 8 Lferr debba far testo per le imprese ferroviarie che richiedono un’autorizzazione per accedere alla rete secondo il diritto svizzero. Le condizioni di lavoro del settore devono quindi essere stabilite sulla base delle condizioni vigenti presso le imprese ferroviarie svizzere.
6 maggio 2015: l’UFT emana una decisione che giudica i salari Crossrail conformi a quelli del settore. Il SEV ricorre al tribunale amministrativo federale.

15 dicembre 2015: il tribunale stabilisce che le condizioni usuali del settore secondo l’art. 8d, par. 1 Lferr debbano basarsi su quelle vigenti in Svizzera. Viene così respinta la tesi dell’UFT secondo la quale le condizioni di lavoro debbano essere definite in base a quelle applicate dalle imprese svizzere ed europee che offrono trasporti transfrontalieri». La questione viene quindi rinviata all’UFT per una nuova decisione.

10 gennaio 2017: l’UFT stabilisce che 31 franchi l’ora rientrino nelle condizioni usuali del settore per macchinisti italiani che circolano per il 70 % del tempo in Italia.

Fi