Le analisi di Ulrich Gygi dopo quasi otto anni al vertice delle FFS
«Un sistema integratoha vantaggi chiari»
Ulrich Gygi ha rimesso a metà giugno la presidenza del consiglio d’amministrazione FFS a Monika Ribar. contatto.sev ha discusso con lui delle sue decisioni, delle conseguenze sul personale, dei rapporti tra le parti sociali, sul futuro delle ferrovie e sugli insegnamenti da trarre dall’iniziativa sui trasporti pubblici.
contatto.sev: Al Consiglio d’amministrazione competono le decisioni di carattere strategico. Quali sono state le più importanti degli otto anni del suo mandato?
Ulrich Gygi: l’ultima decisione importante riguarda la strategia per prepararsi ad un futuro sempre più digitalizzato, in cui l’automobile e il traffico stradale in generale beneficeranno di nuovi, ulteriori vantaggi. I veicoli diventano sempre più rispettosi dell’ambiente, consumeranno di meno e non dovranno nemmeno più essere guidati. Per noi si tratta, da un canto, di rafforzare il nostro know-how in materia di digitalizzazione, approfittando delle opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica. Dall’altra, grazie al programma Railfit 20/30 vogliamo chiaramente ridurre i costi. Abbiamo preso decisioni strategiche anche per Cargo. La principale è stata di puntare sul traffico merci e di non abbandonarlo. Nel 2013, per la prima volta, siamo riusciti a raggiungere le cifre nere. Negli ultimi anni, abbiamo comperato tre nuovi tipi di treni viaggiatori e nell’infrastruttura siamo passati ad un sistema di rilievo delle esigenze di manutenzione secondo la categoria degli impianti, in base al quale abbiamo presentato le nostre richieste alla Confederazione e negoziato il mandato di prestazioni 2017–2020. Nel 2011, avevamo anche definito una nostra strategia energetica, che confermava la produzione in proprio, con la possibilità di continui scambi con il normale mercato. Nel frattempo vi sono state evoluzioni piuttosto marcate, per cui in autunno bisognerà ritornare su questa questione.
Come avete fatto a scoprire il ritardo nella manutenzione dell’infrastruttura?
Il mio arrivo è coinciso con quello di Philippe Gauderon a capo dell’infrastruttura che, per la prima volta, ha chiesto un rapporto sullo stato della rete, le cui conclusioni riferivano di investimenti insufficienti nel passato, in particolare nel settore della linea. L’offerta di treni in circolazione era aumentata sensibilmente, per esempio a causa della messa in servizio di ferrovia 2000 nel 2004, ma i crediti per la manutenzione sono rimasti uguali. Sarebbe però sbagliato concludere che la manutenzione sia stata trascurata. Bisognava in un primo tempo rendersi conto di quanto le esigenze fossero aumentate a seguito dell’incremento del-l’offerta. Sono relazioni molto complesse e nel contempo bisognava portare avanti le trattative con la Confederazione, che deve alla fine coprire i costi di manutenzione con mezzi finanziari limitati. È quindi troppo facile dire che sono occorsi nuovi responsabili per scoprire le lacune dei loro predecessori. Abbiamo invece dovuto impiegare molte energie per convincere la Confederazione della necessità di ulteriori mezzi.
Con Railfit, le FFS vogliono però cancellare numerosi posti proprio presso Infrastruttura. Con meno personale, sarà ancora più difficile recuperare i ritardi.
Con RailFit 20/30 vogliamo ridurre i costi generali del sistema di almeno 550 milioni entro il 2020, rispetto al 2014, comprimendo anche i costi dell’amministrazione e rivedendo le nostre priorità, laddove vi sono lavori non urgenti. A livello operativo, negli ultimi anni abbiamo assunto numerose persone, per esempio oltre un centinaio di ingegneri.
Quindi, non intendete tagliare posti nei settori produttivi?
Verranno esaminati tutti i posti; laddove il traffico aumenta, verranno creati anche i posti necessari.
Quali insegnamenti devono trarre le FFS dall’iniziativa sul servizio pubblico?
Dobbiamo prendere atto che non tutte le persone vogliono un mondo moderno e digitalizzato, ma vi è anche chi vuole continuare a far capo a servizi tradizionali. È importante pensare anche a loro e ai loro problemi, senza discriminarli. Per me è stato quasi più importante constatare i cambiamenti nel legame tra la popolazione e le aziende del servizio pubblico, che in passato erano amate e considerate la spina dorsale del nostro paese. L’iniziativa ha mostrato che non è più del tutto così, che molte persone ci considerano enti che agiscono come nell’economia privata alla ricerca del profitto, alzando continuamente le tariffe. Dobbiamo contrastare questa evoluzione, spiegando meglio le ragioni di certi provvedimenti. Le FFS raggiungono una copertura dei costi solo del 50 percento e devono agire secondo principi di economia aziendale, prendendo decisioni difficili in favore dell’equilibrio finanziario. Dobbiamo però spiegarlo meglio.
Uno degli aspetti è senz’altro quello dei salari dei dirigenti...
La questione è ora posta sul piano politico ed è molto delicata. Le FFS sono un’azienda complessa, difficile da dirigere. Le esigenze poste alla direzione sono quindi elevate e ciò deve essere ricompensato. Sarebbe sbagliato doversi accontentare, per questioni salariali, del secondo miglior candidato e perdere attrattività sul mercato del lavoro. Dobbiamo definire regole sostenibili nel lungo termine e per tutto il management. È un compito che spetta al consiglio di amministrazione e ritengo sbagliato imporre un limite politico.
Le FFS perseverano nell’ottimizzazione dei costi del traffico a carri completi...
Nel traffico merci, siamo confrontati con la concorrenza stradale e per avere una possibilità dobbiamo concentrarci sui traffici adatti alla ferrovia, ossia su volumi importanti su grandi distanze e non su quelli in cui la strada ci è nettamente superiore. Per questo abbiamo concentrato la rete di punti di carico e ridotto i costi, mantenendo il 98% del traffico. Se un binario di raccordo viene utilizzato solo per un vagone ogni tre giorni, non vale la pena di fare queste manovre. In questi casi, occorre una soluzione di trasporto combinato strada ferrovia, in cui l’autocarro porta la merce al treno, che la trasporta sulla lunga distanza e da dove viene recapitata a destinazione di nuovo via strada. Questa è la struttura produttiva del futuro. FFS Cargo detiene il 23 percento di tutto il mercato del trasporto merci in Svizzera. Una quota senza paragoni in Europa, ma i continui aumenti di produttività del trasporto stradale ci obbligano ad adeguarci ed automatizzare laddove possiamo.
Quindi, secondo lei, a breve non vi saranno più macchinisti?
Non penso. La complessità del sistema di trasporto svizzero non lo consente. Sarebbe possibile solo in sistemi chiusi, come una metropolitana. Magari, in futuro, vi potrebbero essere linee di prova, ma attualmente non è un argomento all’ordine del giorno delle FFS.
I salari inferiori pagati al- l’estero inducono il SEV a battersi affinché sulle rotaie svizzere vengano pagati salari svizzeri. E d’accordo con questa rivendicazione?
Penso sia ragionevole combattere questa forma di dumping salariale e il vostro sindacato ne sta discutendo con l’ufficio federale dei trasporti e le FFS.
Vi sono richieste del personale che l’hanno particolarmente toccata?
Io provengo dalla Posta e lì ho già avuto a che fare con i sindacati. Ho fatto buone esperienze con il partenariato sociale, anche se a volte i contrasti sono stati duri, da entrambe le parti. In ferrovia ho fatto le stesse constatazioni. Tra le parti sociali vi sono rapporti positivi, senza gli scioperi che contraddistinguono la Francia o la Germania. Sono aspetti da curare, in particolarità la volontà di concludere contratti sostenibili da entrambe le parti. Voglio ringraziare sindacati e personale delle ferrovie per questo lavoro. Sono poi stato particolarmente toccato dall’impegno dei sindacati in favore del personale temporaneo, al quale le FFS devono far capo per fronteggiare la concorrenza in alcuni settori. Quale datore di lavoro, le FFS sono però anche convinte della necessità che dopo un certo periodo un rapporto di lavoro temporaneo debba essere trasformato in fisso.
Il fatto di essere un socialdemocratico, come ha influito sulla sua attività alle FFS?
Non prendo le mie decisioni in base al partito, ma sono molto sensibile alle questioni riguardanti le condizioni di lavoro e alle lamentele dei dipendenti trattati ingiustamente. E una cosa che sento in me, anche se, come presidente del consiglio d’amministrazione, sono evidentemente responsabile anche del Management. Ho sempre tentato di trovare una buona via di mezzo.
Cosa vorrebbe affrontare se rimanesse altri quattro anni da presidente?
Il futuro delle FFS è ormai in altre mani. A me continua però a premere la facilità di accesso al trasporto pubblico: sviluppare lo Swisspass per trasformarlo in una carta che permetta a tutti di salire su di un treno senza preoccuparsi del biglietto o delle tariffe. Potrei immaginarmi per esempio una specie di carta prepagata, che possa essere ricaricata in modo semplice con una carta di credito. Se potessi, spingerei molto di più sul facilitare l’accesso ai treni. Sono convinto che il nostro sistema di trasporto pubblico dipenda da tre caratteristiche geniali: abbiamo già realizzato l’orario cadenzato e il traffico diretto con un solo biglietto, ma ci resta da semplificare l’accesso. Se ci riuscissimo, saremmo maggiormente concorrenziali e avremmo ancora più gente che viaggerebbe coi mezzi pubblici.
Ma questi tre punti non sono in contrasto con la completa liberalizzazione del trasporto viaggiatori?
L’idea di base dell’UE è di avere una rete ferroviaria su cui circolano diverse aziende in concorrenza fra di loro. Un’idea che non mi sembra praticabile in Svizzera. Se veramente vogliamo la concorrenza, dobbiamo praticarla tramite altri canali. Nemmeno lo Swisspass vi si presta, perché la sua efficacia dipende dall’adesione del maggior numero possibile di aziende. Contrariamente a quanto avviene all’estero, il margine di manovra per la concorrenza è molto limitato e i vantaggi di un sistema di trasporto pubblico integrato sono evidenti.
Markus Fischer
Ulrich Gygi compirà 70 anni il 6 dicembre prossimo. Cresciuto a Kappelen BE, ha studiato economia dal 1966 al 1971, lavorando come assistente all’università di Berna per conseguire il dottorato in scienze politiche nel 1980. Dal 1979 al 2000 ha lavorato per il dipartimento federale finanze e all’ufficio federale dell’organizzazione, per assumere nel 1989 la direzione dell’amministrazione federale delle finanze. Dal 2000 al 2009 è stato direttore della Posta e poi, sino allo scorso 15 giugno, presidente del CdA FFS. Siede inoltre nel consiglio d’amministrazione della SSR e della banca BNP Paribas Suisse. È membro del partito socialista. Abita con la sua compagna a Muri presso Berna e ha due figli adulti. Hobby: lettura, suonare il sassofono, bici, corsa, escursioni e sci.