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Politica economica

’Sta smania di risparmio non serve!

Sebbene le finanze della Confederazione non stiano così male, attualmente a Palazzo federale si dibatte una rigorosa politica di risparmi. Se questa linea fosse applicata, vi sarebbero gravi conseguenze per il servizio pubblico, quindi anche per le imprese di trasporto, il personale e l’utenza. Eppure un altro modo di far politica sarebbe possibile.

Da quando la consigliera federale Karin Keller-Sutter ha assunto la guida del Dipartimento delle Finanze, i pacchetti di austerità fanno semplicemente parte del lavoro! Come un mantra, ripete a ogni occasione che il deficit strutturale è incombente, motivo per cui le misure di austerità sono inevitabili.

Si ha la sensazione che la Svizzera sia sull’orlo del collasso finanziario. La capacità di agire della Svizzera è fortemente minacciata e la perdita di benessere è imminente. Il quadro cupo di una nuova crisi del debito viene dipinto in termini drastici. Vengono alla mente i ricordi della Grecia. Ma la Svizzera è davvero messa così male?

Se diamo un’occhiata ai dati principali delle finanze pubbliche della Confederazione, emerge un quadro diverso:

• Fino agli anni della pandemia, per dieci anni la Svizzera aveva sempre chiuso i bilanci con un’eccedenza finanziaria.

• Il debito non è più alto oggi rispetto a 20 anni fa, né in termini assoluti né in percentuale del prodotto economico della Svizzera.

• Il rapporto debito/PIL, ossia la percentuale del debito rispetto alla produzione economica, è addirittura diminuito negli ultimi 20 anni.

• Il bilancio della Confederazione per il 2024 è in pareggio. Il deficit preventivato di 2,6 miliardi di franchi è svanito nel nulla. Lo ha appena riferito la stessa Karin Keller-Sutter.

Questi fatti sono rivelatori. Ci si chiede perché Karin Keller-Sutter cerchi di convincerci che la Svizzera è sull’orlo di un disastro finanziario. Si tratta solo di ridimensionare lo Stato, come propagandato dal dogma neoliberista?

Non c’è dubbio che i pacchetti di austerità comportino una riduzione dei servizi statali. Si risparmia sui servizi di base e sui servizi pubblici. Allo stesso tempo, i politici trovano costantemente il modo di creare privilegi fiscali per le aziende e i super-ricchi. Secondo la rivista «Bilanz», nel 2024 il patrimonio delle 300 persone più ricche della Svizzera raggiungeva gli 833,5 miliardi di franchi. Si tratta di un nuovo record.

Questa politica non è nè sostenibile, né nell’interesse della popolazione. L’obiettivo politico non può e non deve essere quello di trasformare la Svizzera in una Monaco delle Alpi. Abbiamo bisogno di una politica finanziaria che vada a beneficio della popolazione. Oggi la maggioranza non beneficia della crescita della ricchezza. Al contrario, solo i ricchi si riempiono le tasche. Dobbiamo opporci a questo imperativo ideologico delle politiche di austerità. Dobbiamo lottare per una Svizzera giusta, sociale e solidale.

Commento di Simon Burgunder, Coordinatore della politica dei trasporti al SEV

Più entrate invece dei tagli?

Quando Confederazione, Cantoni e comuni risparmiano, spesso il primo a pagarne le conseguenze è il personale. Questo vale anche per il trasporto pubblico. Se si annulla o si riduce il finanziamento dei TP, il più delle volte questo si traduce in peggiori condizioni di lavoro o in tagli all’offerta: meno personale, più stress, nessun aumento dei salari, nessuna compensazione del rincaro. Per questo il SEV si impegna affinché non si risparmi nel ramo dei trasporti pubblici.

Un gruppo di esperti finanziari guidato da Serge Gaillard, già direttore dell’Amministrazione federale delle finanze e in passato responsabile della politica economica dell’USS, ha allestito, su mandato del Consiglio federale, un rapporto su come alleggerire il bilancio federale. Del «gruppo Gaillard» facevano parte tra l’altro economisti noti per il loro pensiero neoliberale: essi vogliono infatti uno Stato il più possibile snello (leggi: povero) e un’economia liberalizzata e senza troppe regole. Non deve stupire se il rapporto giunge alla conclusione che la Confederazione deve risparmiare, o che non venga nemmeno considerata l’idea di aumentare le entrate. O che si nasconda il fatto che le finanze della Confederazione non siano poi così malridotte.

Si toglie ai poveri per dare ai ricchi

La politica neoliberale degli ultimi trent’anni ha fatto sì che compiti una volta prettamente statali siano stati interamente o in parte privatizzati. In effetti l’economia è cresciuta e certi servizi sono diventati meno cari, ma al contempo molti di questi servizi sono anche scomparsi. Della crescita economica hanno beneficiato praticamente solo i ricchi e i super ricchi, mentre le cittadine e i cittadini svizzeri hanno perso denaro e una parte della loro prosperità. Per molti il potere d’acquisto si è ridotto. Si è arrivati a una ridistribuzione dal basso verso l’alto. Dal punto di vista sindacale sarebbe invece giusto il contrario: a beneficiare di un benessere in crescita dovrebbe essere un’ampia fascia della popolazione, non solo i più ricchi.

Ed è proprio lo Stato, ossia Confederazione, Cantoni e comuni, che possono ridistribuire meglio la ricchezza, fornendo servizi e prestazioni da cui tutti traggono vantaggio, ad esempio un sistema di trasporti pubblici conveniente e ben funzionante. Se ci si limita a risparmiare, ne risente in primo luogo la popolazione in generale e viene messa in discussione la sicurezza sociale.

I soldi ci sono!

Se davvero la Confederazione fosse alla classica «canna del gas» e dovesse girare e rigirare ogni centesimo, si potrebbero magari risanare le finanze attraverso maggiori entrate. I margini di manovra ci sarebbero tutti, senza dover gravare sempre sul cittadino comune.

Fra le misure ipotizzabili vi sarebbe l’adozione di una tassa di successione sulle grandi eredità private. Oppure la reintroduzione dell’imposta sui capitali, eliminata trent’anni fa. A contribuire sarebbero chiamati in qualche misura anche coloro che vivono solo grazie a interessi e dividendi, senza dover mai muovere un dito. Già una piccola aliquota fiscale apporterebbe qualche miliardo nelle casse federali. E perché non pensare a una microtassa sulle transazioni finanziarie? Questa sarebbe così contenuta che la gran parte dei ricchi non se risentirebbe granché. Di principio si potrebbe anche ritoccare leggermente l’imposta sui grandi patrimoni. Aumentare l’imposta sul valore aggiunto sarebbe invece più ingiusto: a pagarla sarebbe infatti una larga fascia della popolazione, ossia lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, per i quali il potere d’acquisto è già ridotto.

Chi si oppone a tasse più alte per ricchi e straricchi argomenta che questi lascerebbero il Paese, e quindi la Svizzera perderebbe anche questi introiti. Un argomento confutato dall’abolizione, in alcuni cantoni, della tassazione forfetaria per milionari e miliardari. È pur vero che a fronte di una più forte imposizione fiscale un paio di ricconi si sono trasferiti altrove. La maggior parte però è rimasta e ora paga più tasse, così il bilancio per questi cantoni è in pareggio o addirittura in positivo. Resta il fatto che molti degli «esiliati fiscali» si sono semplicemente spostati in altri cantoni, ma non hanno abbandonato la Svizzera con la sua elevata qualità di vita.

Michael Spahr