Aroldo Cambi risponde
Un secco no alla riforma LPP
Il 22 settembre, il 67% degli elettori e delle elettrici hanno detto no alla riforma del Secondo pilastro. Cosa succederà ora?
Non si è trattato di un semplice «no» da parte dell'elettorato, ma di un vero e proprio schiaffo agli autori e ai sostenitori di questa legge indecorosa. Almeno adesso anche la classe media dovrebbe rendersi conto che se è necessaria una riforma, questa non dovrebbe comportare ulteriori tagli alle prestazioni, ma consentire un'età pensionabile dignitosa Al momento ne siamo ben lontani. Il paradosso di questa proposta è che riguarda circa il 20% degli assicurati del secondo pilastro. E non quelli meglio assicurati, ma quelli peggio assicurati. In altre parole, coloro che si trovavano nel regime obbligatorio LPP o poco più. Avrebbero dovuto accettare tagli alle pensioni del 12% e, d'altro canto, finanziare misure di compensazione ampiamente autofinanziate. Semplicemente sconsiderato e insensato.
Non c'è bisogno di una riforma? Sì, ma non una riforma tecnica che nessuno capisce, bensì una riforma socio-politica. Il secondo pilastro ha bisogno di una riforma che riguardi soprattutto il 20% che è meno assicurato. Tuttavia, questa riforma dovrebbe migliorare il livello delle pensioni e tenere conto dei lavoratori e delle lavoratrici a basso reddito, di chi lavora a tempo parziale e di coloro con carriere brevi o interrotte (ad esempio a causa della maternità). In questo Paese si trovano miliardi da un giorno all'altro per salvare grandi banche fallite i cui manager guadagnano stipendi a due cifre. E in questo stesso Paese non si riesce a trovare un modo per organizzare la riforma delle pensioni in modo che sia nell'interesse della popolazione attiva.
Aroldo Cambi è il responsabile delle finanze del SEV.
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