Inchiesta sindacale
La realtà degli interinali alle Officine
Alle Officine di Bellinzona la presenza degli interinali è strutturale. Lo avevamo già illustrato lo scorso 17 dicembre. E lo ribadiamo ancora oggi. In occasione della conferenza stampa del 17 marzo a Bellinzona, i sindacati SEV, UNIA e transfair hanno puntato i riflettori su una realtà problematica. Un sondaggio con basi scientifiche molto solide (62 interinali su 110 ha risposto al questionario), toglie il velo sulla precarizzazione del lavoro.
Altro che rispondere ai picchi di produzione: la presenza dei lavoratori temporanei alle Officine di Bellinzona è strutturale. Dal sondaggio emerge che nel 94 % dei casi sono occupati in attività regolari e solo nel 6 % di casi in attività straordinarie. «È vergognoso – tuona Vincenzo Cicero sindacalista di UNIA, che ha coordinato il sondaggio – siamo di fronte a una forma di sostituzione del personale, che normalmente dovrebbe essere fisso in organico. Il 94 % del personale temporaneo risulta infatti occupato in un’attività precedentemente svolta da un lavoratore FFS». Le cifre parlano sono eloquenti: i temporanei continuano a essere molti (il 25 % del totale, ovvero 110 su 430), senza che non ve ne sia la reale necessità poiché la maggior parte di essi (il 77 %) è attivo nello stabilimento da almeno un anno. Inoltre, come detto, il 94 % è impiegato regolarmente. «Appare ovvio – commenta Matteo Pronzini di UNIA – che con questa strategia occupazionale, le OBe vogliono garantirsi una maggiore flessibilità (concessa appunto dallo statuto meno solido dei collaboratori temporanei) così da poter progressivamente soppiantare gli impieghi a tempo indeterminato in proiezione del 2026, quando l’attività traslocherà nella futura sede di Castione». Non meno tenero Thomas Giedemann segretario sindacale del SEV: «Attraverso l’impiego di interinali, le FFS sfruttano questo personale per non garantire le condizioni salariali e di lavoro contemplate nel CCL delle FFS, che prevede anche la protezione dal licenziamento in caso di ristrutturazioni economiche. I principi etici della responsabilità sociale del datore di lavoro, vengono così calpestati. Spesso le FFS si celano dietro cavilli stridenti».
Che cosa ci dice ancora il sondaggio? Il 77 % dei 62 casi presi in esame ha un’anzianità di servizio presso le «OBe» di almeno un anno. Nel dettaglio, ben il 40 % afferma di esservi impiegato tramite un contratto temporaneo da 1 a 2 anni, mentre il 24 % lo è da 2–3 anni; infine il 12 % è attivo nello stabilimento industriale come interinale già da almeno 3 anni. Vincenzo Cicero non ha dubbi: «Il fatto che nella stragrande maggioranza dei casi gli interinali sono occupati in modo regolare, significa che queste persone sono necessarie». «Ma non si propone loro un contratto a tempo indeterminato – sottolinea Matteo Pronzini – perché alle FFS non conviene. In questo modo si spalanca la porta al dumping sociale e salariale». Certo, perché la rescissione di un contratto di un lavoratore temporaneo è molto più facile a livello procedurale ed economico. Secondo i sindacati, inoltre, le attuali scelte delle FFS confermerebbero l’esistenza di una strategia in cui il personale assunto a tempo determinato – anche a seguito dei pensionamenti – viene progressivamente sostituito dagli internali. Dall’accurato sondaggio svolto dai sindacati, emerge pure un altro dato preoccupante: «almeno il 71 % dei temporanei – legge nella presentazione – percepisce un salario inferiore a quelli assicurati ai lavoratori assoggettati al CCL FFS a parità di funzione; inoltre il 45 % dei temporanei percepisce un salario inferiore al salario minimo previsto per i lavoratori non qualificati assoggettati al CCL delle FFS». Eppure – fanno notare i sindacati – la stragrande maggioranza di essi è personale qualificato. «Gli interinali sono dunque pagati di meno rispetto agli assunti (perdendo tra 720 e 1100 franchi al mese secondo le stime) e questo – sottolineano Cicero, Pronzini e Giedemann – avviene contrariamente all’eccezione stabilita dall’articolo 3.3 del CCL per il settore del personale a prestito, in virtù della quale nelle aziende di trasporto pubblico fanno stato i salari minimi dell’azienda stessa (e dunque, nel caso concreto, quelli indicati dal CCL delle FFS)». I sindacati sostengono chiaramente che queste strategie occupazionali rischiano di ipotecare seriamente la solidità del futuro delle Officine.
Per i sindacati – lo abbiamo ripetuto centinaia di volte – la questione occupazionale è dirimente. In quest’ottica SEV e UNIA avevano contestato la prevista dismissione anticipata della manutenzione dei carri merci temendo una grossa perdita di lavoro nonostante i nuovi incarichi. L’immagine usata dal presidente della CoPe Ivan Cozzaglio (in occasione della conferenza stampa di febbraio) è stata del resto pertinente, oltre che magnificamente eloquente: «Qui si rischia di far cadere la prima pedina del domino, dopodiché tutte altre seguiranno». Indebolire attraverso una netta flessibilizzazione del lavoro il tessuto occupazionale, allargando nel contempo le maglie delle tutele, porta inevitabilmente ad una crescente fragilità e insicurezza che pagheranno solo i lavoratori. Purtroppo il Ticino ha perso un’occasione importante, respingendo l’iniziativa popolare «Giù le mani dalle Officine», lanciata durante lo storico sciopero del 2008 per salvare i posti di lavoro dello stabilimento industriale di Bellinzona.