Corrieri di piattaforme
Sciopero transnazionale, il genere umano
La decisione della piattaforma di consegna Deliveroo di sopprimere la tariffa minima per corsa, ha letteralmente scatenato un’ondata di rabbia, che peraltro già covava. Come altri lavoratori della nuova economia e i dipendenti di McDonald’s prima di loro, i corrieri stanno reinventando le mobilitazioni collettive.
In piena estate, i fattorini di Deliveroo hanno iniziato uno sciopero a singhiozzo: a Tolosa, Nizza, Besançon, Tours o Parigi, sono stati organizzati dei raduni [all’inizio di agosto] per protestare contro le nuove tariffe introdotte dalla multinazionale britannica il 29 luglio. La retribuzione delle corse più brevi cala quando quella delle corse più lunghe - le meno redditizie finora - aumenta. L’impresa ha inoltre abolito la tariffa minima, che in precedenza era di circa 4 euro. Ne consegue che alcuni corrieri affermano di ricevere di 2,70 euro per una corsa che secondo loro in precedenza valeva 4,50 euro.
Un [Due] nuovo [i] raduno[i] ha avuto luogo [hanno avuto luogo il 7 e 10 agosto] a Parigi su iniziativa del Collectif des livreurs autonomes parisiens (Clap), un’unione sindacale embrionale creata nel 2017. Obiettivo: paralizzare le consegne, bloccando l’accesso ai ristoranti che preparano gli ordini. Se c’era già stato uno sciopero l’anno scorso in Deliveroo, l’attuale mobilitazione in Francia è una delle più importanti degli ultimi anni perché fa parte di una serie di scioperi simili in Spagna, a Londra e in Italia negli ultimi mesi, iniziati nelle strade e proseguiti davanti ai tribunali.
Spezzare il collettivo
I corrieri di questi paesi europei hanno ottenuto dai tribunali la riclassificazione dei loro contratti di lavoro da corrieri indipendenti a lavoratori dipendenti. Si tratta di una speranza importante per un settore in movimento, poco omogeneo e composto da giovani precari. Queste azioni raggruppate all’estero hanno avuto l’effetto di scatenare una reazione per i collettivi di corrieri francesi: e se la soluzione per combattere una società multinazionale fosse quella di organizzare una cooperazione transnazionale?
La natura ancora molto nazionale del diritto del lavoro rappresenta un ostacolo, esattamente come a lungo termine la diversità degli statuti dei lavoratori delle multinazionali. Questa frammentazione derivante dalle politiche delle risorse umane dei grandi gruppi ha l’effetto di rompere il senso del collettivo. Nonostante questi ostacoli, sembrano emergere nuove forme di cooperazione.
Quest’anno, durante il «Prime Day», diverse migliaia di dipendenti di Amazon hanno denunciato congiuntamente le condizioni di lavoro del gigante americano della vendita online. Il loro messaggio è stato veicolato simultaneamente da Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Spagna. Nella storia delle lotte sociali globali spicca in particolare l’emblematica lotta contro McDonald’s per salari dignitosi, imperniata sullo slogan «Fight for Fifteen», partito dagli Stati Uniti. Spesso formalmente diverse – a volte un sindacato prende il sopravvento, a volte sono i lavoratori che si organizzano al di fuori di qualsiasi quadro sociale conosciuto – queste mobilitazioni hanno un ideale comune di lotta transnazionale.
«Sindacalismo liquido»
L’organizzazione dei conflitti sociali è un riflesso della società, spiega Vincent Pasquier, esperto di relazioni professionali e docente alla HEC Montréal, che ha lavorato sulla trasformazione sindacale. «La campagna ‹15 dollari all’ora› contro McDonald’s è un esempio di come si sta cercando di passare da un mondo solido e fordista a un sindacalismo liquido. Le piattaforme presentano un grado di liquefazione ancora più avanzato. Il lavoro è ancora più frammentato e quindi il processo di mobilitazione più difficile», afferma il ricercatore.
Queste lotte, una versione proletaria della battaglia tra Davide e Golia, rimangono quindi rare. «Le multinazionali sono diventate attori politici a pieno titolo, in grado di competere con le autorità pubbliche, eludendo la legge, minando le norme sociali e mettendo in concorrenza dipendenti di diversi paesi», sottolinea la rivista Mouvements nel suo dossier «sindacalismo transnazionale».
A ottobre, il Clap è stato uno degli attori di 12 paesi europei riuniti a Bruxelles per fondare la Federazione Transnazionale dei Corrieri. La nuova entità, che si riunirà a settembre a Parigi, ha la particolarità di riunire federazioni di trasporto tradizionali e collettivi più recenti e meno strutturati, creando uno spazio di collaborazione sociale tra il vecchio e il nuovo mondo.
Il movimento si è diffuso a macchia d’olio perché, oltre a Spagna, Germania, Finlandia, Italia e Inghilterra, anche alcuni paesi non europei sono entrati a far parte della federazione.
«L’idea è quella di essere più strutturati per poter sollecitare l’ONU su temi sociali, ad esempio, e fare lobby in Europa», spiega Jean-Daniel Zamor, presidente del Clap. Proprio come le multinazionali.
Amandine Cailhol e Gurvan Kristanadjaja,
estratto di un articolo apparso sul quotidiano francese «Libération» ( 7.8.2019)