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Le nuove disposizioni confermano in primo luogo l’obbligo di registrare il tempo di lavoro

Noi lavoriamo abbastanzae possiamo provarlo

La frequenza degli attacchi alla durata del lavoro si intensifica, a colpi di affermazioni secondo le qualile norme sulla durata massima del lavoro quotidiano o mensile «non riflettono più la realtà odierna» oppure sono «superate» o ancora «decisamente non più attuali», per terminare in un rumoroso appello alla liberalizzazione di una delle leggi più liberali. Il tutto per eliminare qualsiasi limite al lavoro e, quindi, allo sfruttamento dei dipendenti in favore della massimizzazione dei profitti delle aziende. Laddove il tempo di lavoro non viene documentato, fiorisce il lavoro gratuito e l’autosfruttamento dei dipendenti.

La classica timbratura appare quasi un retaggio del passato, ma la legge prescrive comunque una registrazione del tempo di lavoro.

Probabilmente, non vi è alcun’altra norma di legge infranta così spesso come l’obbligo per il datore di lavoro di registrare sistematicamente la durata del lavoro dei dipendenti. Questo obbligo contempla la durata giornaliera e settimanale del lavoro effettivamente svolto, come pure le pause che devono poter essere documentate retroattivamente per gli ultimi cinque anni. Chi, come il sottoscritto, ha una certa conoscenza di quanto avviene nei tribunali del lavoro, constata che la realtà è un’altra: molto spesso non vi sono registrazioni, oppure sono solo (molto) parziali e raramente sono controfirmate. La legge però parla chiaro: laddove non vi sono registrazioni, il o la dipendente avrebbero la possibilità di accampare il diritto a ore supplementari o giorni di vacanza arretrati, che il datore di lavoro deve riconoscere.

Il tempo di lavoro deve poter essere verificato

L’obbligo di registrazione del tempo di lavoro è contemplato dalla legge sul lavoro e prevede che il datore di lavoro debba documentare da quando a quando un dipendente ha lavorato. Le autorità devono poter controllare la durata del lavoro e quando questo è stato svolto (in particolare se di notte o di domenica), indipendentemente se è stato svolto in un luogo fisso o in diversi luoghi. Iscrizioni erronee da parte dei dipendenti o del datore di lavoro come pure l’esortazione in tal senso («devi timbrare alle sei, ma continuare sino a quando il lavoro è finito») vengono considerate falso in documenti. Il saldo del tempo di lavoro deve essere determinato mensilmente dal datore di lavoro e comunicato al o alla dipendente. È vietato superare la durata massima del lavoro giornaliera di 13 ore, rispettivamente quella settimanale di 45 ore, come pure, a seconda dei settori, lavorare di notte o di domenica senza permesso.

Rinuncia alla registrazione

I datori di lavoro ricorrono spesso ad un trucco, diffuso ma non per questo legale: alla rinuncia «di comune accordo» alla registrazione del tempo di lavoro. In pratica, questo significa che non si possono più rivendicare ore di lavoro straordinario, indipendentemente dal loro ammontare. La continua crescita però dei carichi di lavoro in tutte le posizioni rischia di portare anche ad un continuo aumento dell’orario lavorativo, al quale risulta difficile sottrarsi, quando si «beneficia di un regime di tempo di lavoro in fiducia» come spesso viene eufemisticamente definito.

Chiarire qualche concetto

L’autonomia del tempo di lavoro è riservata a chi non sottostà ad alcun vincolo di durata o di orario. Presa alla lettera, questa riguarda in fondo solo gli artisti (scrittori, compositori, pittori) che non lavorano su incarico. Chi invece riceve un incarico, anche se come indipendente, si ritrova confrontato con un vincolo, dato che gli viene chiesto un prodotto da fornire entro una determinata scadenza.

«Autonomia» rara

Allargando un po’ il concetto, dal punto di vista del tempo di lavoro è da considerare autonomo chi può decidere in proprio quando svolgere un determinato incarico e magari anche dove svolgerlo. Questo genere di rapporto di lavoro è incentrato sull’incarico che deve essere svolto. Il dipendente si presenta come indipendente e se ne assume i rischi: se mancano gli incarichi, diminuisce il suo reddito; se un incarico gli chiede più tempo, diminuisce il suo stipendio orario.

Lavoro notturno senza prove

La «registrazione semplificata della durata del lavoro» prevede che si documenti la durata del lavoro, senza però tener conto di quando inizia o termina. In questo modo, vi può essere anche lavoro notturno senza richiedere permessi e risulta difficile anche controllare la concessione di pause. In futuro, questa forma di registrazione potrà essere applicata, con il loro consenso, a dipendenti che possono disporre in forma autonoma di almeno un quarto del proprio tempo di lavoro.

Disposizioni non controllate

Il tempo di lavoro basato sulla fiducia non può essere assimilato all’autonomia del tempo di lavoro. Questo modello deve tener conto di tutte le disposizioni legali (durata massima giornaliera, divieto di lavoro notturno e domenicale, rispetto degli orari fissati), ma non vi è alcun controllo. La responsabilità del loro rispetto ricade quindi sui dipendenti. Il lavoro straordinario non può essere documentato e quindi non viene compensato. Per contro, chi impiega meno tempo per svolgere il proprio lavoro, potrà disporre di più tempo libero. Il tempo di lavoro basato sulla fiducia può funzionare solo nella misura in cui non vi sono nemmeno controlli «nascosti» da parte del datore di lavoro o di colleghe o colleghi. Di fatto, può essere applicato solo in caso di dipendenti che svolgono da soli e in modo autonomo un lavoro chiaramente determinato. Si avvicina quindi molto al lavoro indipendente, in cui tipicamente si viene chiamati a svolgere un determinato incarico. Un esempio classico è quello dei giornalisti freelance che però generalmente la legge considera come salariati dipendenti.

Caro orario flessibile

Nel caso dell’orario flessibile, il datore di lavoro rinuncia a fissare esattamente l’orario d’inizio, delle pause e di termine del lavoro. Spesso vi sono comunque orari «bloccati» in cui tutti i dipendenti sono chiamati ad essere presenti sul lavoro e vi sono altre facilitazioni, come la possibilità di accumulare tempo di lavoro da compensare, per esempio, con mezza giornata di libero al mese. Questo modello è spesso applicato nei settori amministrativi e nel Back Office.

Durata annua del lavoro

Sino ad oggi, normalmente si definisce la durata settimanale del lavoro , anche in settori sottoposti ad importanti fluttuazioni stagionali della domanda, come l’edilizia o il giardinaggio. Vi è tuttavia la possibilità di lavorare un po’ di più in estate e un po’ meno d’inverno, nel rispetto dei limiti massimi, fissati tenendo conto delle esigenze dei vari settori. Diverse organizzazioni padronali, del settore assicurativo, bancario, fiduciario, legale e dei media, volevano sopprimere queste regolamentazioni, per lasciare solo una durata annua del lavoro. Per i rappresentanti di lavoratrici e lavoratori, si tratta in vece di un tentativo di impedire ogni controllo del tempo di lavoro prestato e vi vedono un pesante attacco alle norme per la protezione della salute, tale da permettere il lavoro sino allo sfiancamento. E questo in un paese come la Svizzera che è in testa di ogni classifica di produttività. Bisogna inoltre tener presente che la compatibilità tra vita professionale e famigliare dipende direttamente dalla possibilità di pianificare il lavoro. Un consulente o una revisora, chiamati in periodi particolari a lavorare 69 ore la settimana o più, delegano di fatto la cura dei figli e della famiglia al o alla partner, oppure a terze persone.

Libertà illusoria

Prendere libero quando fuori splende il sole e lavorare quando ce la si sente appaiono a prima vista opzioni molto attraenti. La realtà è però spesso un’altra, con la giornata in piscina prevista con i bambini da sacrificare a causa di «un lavoro urgente per un cliente importante». Le ore di compensazione non possono essere accumulate e compensate da una settimana ulteriore di vacanza, ma non appena la situazione dal punto di vista del datore di lavoro lo permette. A queste condizioni, ci si avvicina notevolmente al lavoro su chiamata. Per evitare di trovarsi invischiati in situazioni di autosfruttamento o di precariato «volontario» occorre maggior chiarezza.

Peter Anliker

Commento: I dipendenti devono essere protetti

Luca Cirigliano, segretario centrale USS
Dopo anni di aggiramento strisciante dell’obbligo per i datori di lavoro di registrare il tempo di lavoro e di proteggere i dipendenti dal lavoro gratuito e dai rischi psicosociali che ne derivano, il Consiglio federale ha riformulato le basi della registrazione del tempo di lavoro. Adesso spetta alle parti di applicare le nuove regole.

In particolare, le autorità devono svolgere controlli a tappeto per richiamare, laddove previsto, all’obbligo di registrare il tempo di lavoro. Questa registrazione è infatti di fondamentale importanza per proteggere i dipendenti dal lavoro gratuito, dallo stress e da tutti i disturbi che ne derivano, come dolori di stomaco, di schiena, disturbi del sonno e, per finire, dal burnout.

La nuova ordinanza comporta una certa deregolamentazione dell’obbligo di registrazione, ma la maggior parte dei dipendenti beneficerà comunque della protezione della registrazione. Il rispetto delle regole permette di migliorare la protezione per molti di loro. Le eccezioni sono formulate in modo restrittivo: la durata legale massima del lavoro, le disposizioni sulle pause e quelle per il lavoro straordinario continuano ad essere valide per tutti. Possono fare a meno di registrare il tempo di lavoro i dipendenti che beneficiano di un’ampia autonomia sul lavoro, che possono fissare autonomamente la maggior parte dei loro orari e guadagnano oltre 120000 franchi l’anno. Queste eccezioni devono tuttavia essere regolate con il sindacato di riferimento in un contratto collettivo di lavoro, che deve contenere anche provvedimenti specifici per la protezione della salute e la prevenzione dei rischi psicosociali. Infine, occorre l’accordo dei dipendenti interessati.

In particolare, l’obbligo di prevedere provvedimenti specifici per la protezione della salute e la prevenzione dei rischi psicosociali è da considerare un grande passo avanti rispetto ad oggi, dato che impegna le parti sociali e le autorità a curarne anche l’applicazione.

Le nuove disposizioni sono state proposte dal Consigliere federale Johann SchneiderAmmann al termine di un’intensa trattativa tra datori di lavoro e sindacati e accettate dalle parti. Dal punto di vista dei lavoratori, ulteriori allentamenti, come la rinuncia automatica alla registrazione del tempo di lavoro a partire da un certo salario, oppure per categoria ecc., non sono accettabili. L’Unione sindacale svizzera ha pertanto chiesto alla commissione per l’economia del Consiglio degli stati di respingere le iniziative in proposito, come la mozione Niederberger.

Luca Cirigliano, segretario centrale USS

Presso le ferrovie, le nuove regole riguardano soprattutto i settori amministrativi e di backoffice

La «Legge federale sul lavoro nelle imprese di trasporti pubblici», o legge sulla durata del lavoro (LDL), regola le questioni del tempo di lavoro in questo particolare settore. Le disposizioni esecutive sono previste dalla relativa ordinanza (OLDL) che, all’articolo 19, precisa: «per tutti i servizi sottoposti alla LDL, l’impresa deve compilare un piano di servizio con la rappresentazione grafica della durata giornaliera del lavoro secondo l’allegato A (piano di servizio)».

Le regole sono quindi dettagliate al punto di prescrivere il formato della rappresentazione degli orari, ma comprendono anche disposizioni sui turni di servizio e di riposo, sulle pause ecc. Ne deriva quindi un obbligo di annotazione minuziosa del tempo di lavoro, che si estende ai casi in cui il turno originale deve essere modificato a seguito di incidenti, perturbazioni o fattori ambientali. Quest’obbligo si estende a tutte le professioni legate anche in modo indiretto con il trasporto di merci o persone, quindi anche agli addetti alla manutenzione degli impianti ferroviari, alla produzione e distribuzione di energia e al personale delle aziende accessorie, come le imprese di carrozze letti, ristorante e servizi di ristoro.

D’altra parte, la legge precisa anche di non essere applicabile al personale dei servizi amministativi. Ne consegue che una «rinuncia alla registrazione del tempo di lavoro» presso le imprese di trasporti pubblici può entrare in linea di conto solo per queste categorie e non, per esempio, per il personale di vendita allo sportello, oppure per un capofficina o per un quadro della gestione dell’esercizio.

Sino ad oggi, le aziende di trasporti pubblici hanno rinunciato in modo molto differenziato alla registrazione del tempo di lavoro per il loro personale amministrativo. Nel 2010, la dirigente della politica del personale FFS Eveline Mürner aveva indicato che l’86% dei dipendenti lavorava documentando il proprio tempo di lavoro. Senza registrazione lavoravano per contro «il 3% di quadri superiori e impiegati secondo il CO, quindi non assoggettati al CCL; il 5% di dipendenti attribuiti a quelli che allora erano i livelli di funzione 21-29, per i quali la rinuncia alla registrazione era obbligatoria e il 6% di dipendenti del livello di funzione 20» che avevano rinunciato volontariamente alla registrazione (vedasi contatto.sev 12/2010). Non pochi dipendenti delle FFS ci hanno per contro riferito di essere stati obbligati a questa «rinuncia volontaria», che negli ultimi tempi si è molto diffusa, tanto che le FFS parlano ormai del 20% del personale che vi fa ricorso.

La situazione appare un po’ migliore presso le BLS. Secondo le indicazioni della portavoce Helene Soltermann, solo il 10% del personale, ossia coloro che non sottostanno al CCL, non registra il tempo di lavoro. Soltermann tiene a precisare che anche i capideposito, nonostante non sottostiano al CCL, registrano il proprio tempo di lavoro «in quanto attivi in un settore rilevante per la sicurezza».

Non ci è per contro stato possibile avere indicazioni, né in termini assoluti, né in percentuale, da parte delle RhB, nonostante le condizioni in azienda appaiano molto più in linea di altre aziende con le disposizioni attuali e future. Il segretario SEV di Coira Peter Peyer ricorda come il CCL preveda una possibilità di rinuncia per i quadri superiori, che però trova scarso riscontro nella realtà.Saranno quindi pochi dipendenti ad essere toccati dalle modifiche legislative previste. «Per regolare i cambiamenti, sarà sufficiente una nota ripresa in un verbale di riunione», ci indica. Regolamentazione che, come ci conferma la portavoce delle RhB Yvonne Dünser è auspicata anche dall’azienda stessa.

Presso BLS, e ancora di più presso le FFS, le necessità di modifica saranno molto più profonde.

Numerose regole delle FFS dovranno essere riviste

Dipendenti che dispongono di un’ampia autonomia nel loro lavoro, che sono prevalentemente liberi di stabilire i propri orari (almeno il 50%) e che percepiscono un reddito annuo lordo superiore a 120000 franchi, possono essere esonerati dall’obbligo di registrare gli orari di lavoro, se ciò è previsto da un CCL. Questa disposizione è destinata ad avere conseguenze molto diffuse presso le FFS annullando di fatto numerose disposizioni delle direttive K130.1 e K131.1. Nemmeno l’indicazione della K131.1: «nel caso di attività assoggettate alla LDL, anche le collaboratrici e i collaboratori con rinuncia al rilievo del tempo di lavoro devono produrrei relativi documenti che attestano la durata del lavoro» fornisce un chiarimento sufficiente.Secondo le nuove disposizioni, il tempo di lavoro di chi guadagna meno di 120000 franchi l’anno dovrà essere registrato, ciò che implica che il lavoro straordinario prestato dovrà in futuro essere compensato e indennizzato.La rinuncia alla registrazione del tempo di lavoro è possibile solo se si rispettano cumulativamente le condizioni indicate (salario, autonomia e CCL). Per i quadri non assoggettati al CCL FFS vi sarebbe la possibilità, previo accordo tra FFS e sindacati, di elaborare un «Mini-CCL». Non per questo, il SEV si aspetta un importante flusso di nuovi membri, dato che questa nuova regola è applicabile solo ad una cerchia ristretta di dipendenti. La possibilità è comunque aperta a tutti.Sino ad oggi, la rinuncia alla registrazione del tempo di lavoro è obbligatoria per i dipendenti dei livelli di esigenza da K a O, mentre è «facoltativa» per quelli sino al livello «J», che beneficiano dell’autonomia nella gestione del tempo. Quest’ultimo concetto è però stato piuttosto strapazzato dalle FFS.

Anche presso la BLS, in futuro la rinuncia alla registrazione del tempo di lavoro potrà riguardare una cerchia più ristretta di collaboratori rispetto ad oggi e dovrà essere coperta da una convenzione annessa al CCL. Il ricorso a questa pratica è però molto meno frequente rispetto alla BLS, ragion per cui gli adeguamenti dovrebbero risultare di portata molto inferiore.

Presso la RhB saranno pochi i dipendenti sin qui esonerati a dover riprendere la registrazione del tempo di lavoro. Secondo il segretario SEV di Coira Peter Peyer, vi dovrebbero essere solo alcuni casi nel settore informatico. Per tutti coloro che già registravano il tempo, invece, non cambierà nulla.

pan.

Commenti

  • Martinez Jose Luis

    Martinez Jose Luis 03/12/2015 11:54:27

    Un autre problème que les syndicats devraient étudier, est la pénibilité, les personnes ayant travaillé, par exemple, pendant des années en horaires irréguliers (nuits, week-end, etc.) qui ont gagné plus bien sur, mais qui ont également côtisé plus, devrait pouvoir bénéficier d'une mise à la Retraite à une âge raisonnable (construction !) Et que dire des modèles de retraites introduit par les CFF qui ne tiennent pas compte, justement, de la pénibilité.
    Beaucoup de choses, qui permettraient de libérer des places de travail pour nos jeunes !!

  • Florian Iseli

    Florian Iseli 21/09/2016 10:33:56

    Durch die Wiedereinführung der Zeitaufschreibung verliere zumindest ich massiv an Autonomie. Bis her war es mir durch den freiwilligen Verzicht auf Zeitaufschreibung möglich ohne grossen Formalismus die Vereinbarkeit von Familie und Beruf selbständig zu organisieren. Für mich war dies ein bestechender Mehrwert, der mir durch die Zeitaufschreibung ab 01.01.2017 genommen wird. Plötzlich werde ich gezwungen meine Arbeit zwischen 0600 und 2000 Uhr zu erledigen. Ich muss für die Feiertagsbrücke zwischen Weihnachten und Neujahr entweder Zeitguthaben oder Ferien geben. bisher war das einfach geschenkt. Wenn ich kurzfristig meine kranken Kinder hüten muss, muss ich Gleitzeitsaldo abschreiben oder allenfalls sogar Ferien nehmen! Bisher war ich einfach nicht da. Im Zug zur Arbeit darf ich die Zeit, welche ich für die Bearbeitung meiner Mails nutze nicht mehr als Arbeitszeit aufschreiben. Ich sehe in dieser Entwicklung nur Negatives und nichts Positives. Der leidtragende solcher rückständiger Regelungen ist der kleine Arbeitnehmende und sicher nicht die Organisation! Wenn hier vom Schutz der Arbeitnehmenden geschrieben wird ist dies schlicht Augenwischerei. Starke Reglementierung bietet viel mehr Fallen, welche von der Organisation im Endeffekt zum Nachteil des Arbeitnehmenden ausgenutzt werden und sicher nicht umgekehrt.