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sciopero delle donne

Resistenza

L’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca ha riportato in piazza migliaia di donne perché considerato un pericolo reale. La grande marcia di Washington (Women’s March, gennaio 2017) ha di fatto segnato l’inizio di un nuovo femminismo, nato in aperta opposizione ai populismi globali, che stanno provocando un arretramento della condizione femminile: sessismo, femminicidio, incitamento all’odio, delegittimazione, attacchi all’autodeterminazione delle donne, sono solo alcune delle manifestazioni più palesi di queste spinte retrograde. Altre covano, come velenosi rancori, sotto la brace. E non sono meno pericolose. Anzi.

Si chiama restaurazione culturale. Dagli USA all’Europa, gli ultraconservatori mettono al centro della loro marcia contro i diritti, il presunto ordine naturale in base a cui la donna deve restare «al suo posto» ed essere relegata alla funzione riproduttiva e al ruolo di angelo del focolare. Si tratta di vere e proprie strategie organizzate contro la libertà di scelta delle donne e di una volontà deliberata di fare arretrare i diritti umani e civili. Oggi le forze conservatrici vorrebbero donne mute, inermi, accondiscendenti, dipendenti dalla benevolenza e dalla compiacenza maschile. E invece accade l’esatto contrario: in tutto il mondo i movimenti femministi si mobilitano, fanno sentire la loro voce contro la violenza e le politiche che ledono libertà individuali e diritti. Di fronte all’attacco globale dei diritti, la resistenza alle derive conservatrici è femminista. E parte proprio dalle donne, perché è sui loro corpi che in prima battuta passa questa offensiva. Il femminismo diventa quindi uno spazio politico. Come è stato negli anni Settanta, con il Movimento di liberazione della donna. Nel mondo e in Svizzera, le donne devono conquistare spazi sempre più grandi di autonomia e di indipendenza non solo per se stesse, ma anche per contribuire a porre le basi per la costruzione di un mondo migliore, possibile e necessario, in cui ogni donna sia messa nella condizione di poter svolgere un lavoro, vivere una vita dignitosa, libera da tutte quelle incombenze e discriminazioni che questo sistema patriarcale scarica sulle loro spalle, dal lavoro domestico alla cura dei bambini e degli anziani, dalle discriminazioni salariali alla violenza dentro e fuori casa.

La crisi economica non favorisce le pari opportunità. C’è poco da spartire. mors tua, vita mea: il tuo fallimento è indispensabile al mio successo. Numerosi studi sulla rappresentanza delle donne in politica sottolineano che la sostanziale esclusione delle donne dalle funzioni che contano e decidono, deriva anche dalla tacita o esplicita intesa tra alcune parti (sociali, economiche o politiche), che consente agli uomini di utilizzare gli ostacoli delle donne per restringere il campo di una concorrenza sempre più aspra attorno a risorse sempre più limitate, siano esse il lavoro, la carriera, la retribuzione e il successo.

Le donne sono cittadine a parte intera. Lo sono giorno per giorno, nelle lotte quotidiane, spesso condotte in modo solitario. Donne forti e sole, che in un collettivo aperto e plurale, possono moltiplicare forza e creatività, per uscire da una crisi non solo economica, ma anche politica, morale, sociale e culturale. Donne pronte a contrastare gli stereotipi di genere, che si insinuano costanti e tenaci nella narrazione della quotidianità e sui media, come gabbie in cui le donne non vogliono più essere rinchiuse. Non una, ma mille buone ragioni per scioperare il 14 giugno.

Françoise Gehring