colpi di diritto

Tra ragionevole e responsabile

La facoltà del datore di lavoro di emanare direttive gli dà molti diritti ma implica anche alcuni doveri e definisce alcuni limiti tra gli uni e gli altri.

Gianni è un assistente di logistica con una grande passione per le automobili. Conoscendo questa sua passione, il suo datore di lavoro gli chiede di occuparsi della manutenzione della sua auto privata, un modello recentissimo di una marca di lusso. Gianni accetta con piacere, anche perché può svolgere questo incarico a lui gradito durante l’orario di lavoro.

Contrattempo

Succede però quello che non avrebbe dovuto succedere. Il capo chiede una pulizia approfondita interna ed esterna della vettura, durante la quale Gianni rovescia inavvertitamente il flacone di polish sul sedile di cuoio pregiato, macchiandolo irrimediabilmente. Al capo va la mosca al naso, tanto che Gianni viene sollevato in malo modo dal suo incarico con effetto immediato. La sorpresa arriva poi un paio di settimane dopo, quando Gianni si vede presentata una fattura molto elevata per il nuovo rivestimento del sedile. Stavolta è Gianni ad andar su tutte le furie, rifiutandosi di pagare. Al che, il suo capo si limita a rispondergli che gli tratterrà l’ingente importo dallo stipendio.

Situazione legale intricata

Gianni si rivolge al SEV. Dal punto di vista della responsabilità, la questione è tutt’altro che chiara: avendo accettato volontariamente di occuparsi dell’auto, per di più privata del capo, non è infatti scontato di poter coinvolgere la responsabilità civile del datore di lavoro, né la possibilità di sostenere che Gianni abbia agito nell’ambito del suo contratto di lavoro di addetto alla logistica. Sarebbe infatti sostenibile che abbia agito nell’ambito di un altro contratto particolare, anche se la fattispecie è avvenuta durante il suo orario normale di lavoro. All’orizzonte, si profila quindi una vertenza giuridica complicata e costosa. Il SEV riesce invece ad indurre il capo a più miti consigli, convincendolo della sua propria responsabilità. Se da un canto gli si può essere riconosciuto di aver dato a Gianni istruzioni chiare sui suoi compiti, non si è premurato di sincerarsi sino a che punto quest’ultimo era in grado di darvi seguito correttamente. Né tantomeno qualcuno ha chiarito la questione della formazione necessaria, partendo dal presupposto che la pulizia non necessitasse di conoscenze particolari...

Attività ragionevole?

Il diritto del datore di lavoro di attribuire un’attività ragionevole solleva naturalmente l’interrogativo sulla portata esatta del concetto di ragionevolezza (anche l’annosa questione se sia ragionevole chiedere alla segretaria di preparare il caffè ha ormai perso d’attualità, grazie alla capillare diffusione delle moderne macchinette che permettono a tutti con una semplice capsula di preparare un caffè impeccabile. Per contro si stanno moltiplicando le obiezioni degli amministratori, preoccupati dal prezzo del caffè in capsula, che ha ormai infranto il muro dei 100 franchi al chilogrammo).

Qualifiche sufficienti?

Il caso di Gianni non riguarda quindi la questione della ragionevolezza dell’attività attribuitagli, quanto quella dell’adeguatezza delle qualifiche di Gianni a svolgere compiti su di un oggetto così costoso e il mancato chiarimento su chi dovesse poi assumersi i costi di eventuali danni. Il diritto del datore di lavoro di stabilire direttive deriva dal fatto che il lavoratore è stato assunto per svolgere una determinata attività, che il datore di lavoro può anche richiedere di svolgere in un determinato modo. Se egli però trascura di chiarire le capacità del dipendente di svolgere l’incarico a lui affidato, ne deriva una zona grigia, che deve essere estesa anche al processo di determinazione del grado di responsabilità del dipendente. È il parere che il SEV ha sostenuto nei confronti del datore di lavoro e che finalmente è stato accolto da quest’ultimo.

Assistenza giuridica SEV